Cos’è la carne sintetica: l’alimento proibito più discusso del web (e non solo)

31 Marzo 2023
1508 Visualizzazioni

Cos’è lo strano alimento che sta infervorando gli animi di politici e scienziati dell’alimentazione negli ultimi giorni?

Chiamata anche “carte coltivata”, o “carne artificiale”, la carne sintetica è un alimento prodotto in laboratorio prelevando delle cellule staminali da un animale. Queste vengono poi fatte moltiplicare all’interno di un bioreattore. Insomma, si tratta di un metodo che permette di ottenere migliaia di chili di carne a partire da una singola cellula estratta dal muscolo di un animale.

Nel testa a testa che si gioca tra la carne sintetica e la farina di grillo per il premio (da noi inventato) Il possibile cibo del futuro più discusso e odiato dai boomer, la bistecca prodotta in laboratorio è passata negli ultimi giorni in enorme vantaggio. Le nuove norme varate dal consiglio dei Ministri il 28 marzo hanno infatti proibito categoricamente la produzione e la vendita di cibi sintetici in Italia (anche se non l’importazione dall’estero). Scacco matto, cavallette: provate a fare di meglio.

Cos’è la carne sintetica e come si ottiene?

La prima azienda che si è occupata di carne da laboratorio è stata la Nasa nel 2001. Gli esperimenti riguardavano il tentativo di produrre alimenti freschi nello spazio. Il primo hamburger coltivato in vitro è stato prodotto più di una decina di anni dopo, nel 2013, nel dipartimento di fisiologia dell’Università di Maastricht. Oggi, secondo i dati del Good food Institute, sono 107 le società che si occupano di carne sintetica, tra cui una italiana: una start up trentina fondata dall’imprenditore Bruno Cell.

La cosiddetta carne in vitro si ottiene tramite procedimenti simili a quelli della medicina rigenerativa. Tramite biopsia, si prelevano delle cellule da un campione animale o dalla carne fresca, estraendone le cellule staminali. Queste ultime vengono fatte proliferare in un bioreattore al cui interno si trova una soluzione nutritiva che ne permette la crescita. Una volta moltiplicate le cellule, vengono lavorate le fibre muscolari della carne per arrivare al prodotto finito. In questo modo, da una singola cellula è possibile ottenere fino a 10mila kg di carne, che sarebbe l’equivalente di 80mila hamburger. Il tutto senza dover ricorrere ad allevamenti intensivi e all’uccisione di animali, facendo così felici anche i vegani e gli ambientalisti.

Coltivare la carne in laboratorio, ha senso farlo?

Ma quali sono i vantaggi nel consumare un prodotto creato esclusivamente in laboratorio? Per molti l’idea può essere poco attraente, tanto più dal momento in cui non si conoscono ancora al 100% gli effetti che possono avere sull’uomo gli ormoni utilizzati per far moltiplicare le cellule staminali della carne. Tuttavia, c’è un motivo per cui a partire dagli Usa, ma non solo, sono stati stanziati investimenti di miliardi di euro nel settore della carne sintetica. Prima di tutto “coltivare” carne in laboratorio permette di ottenere enormi vantaggi ambientali. Contro gli 11.500 litri d’acqua necessari per ottenere un kg di carne bovina, per la carne sintetica sono necessari tra i 367 e 521 litri. Inoltre, un uso diffuso di questo alimento diminuirebbe drasticamente la presenza di allevamenti intensivi, responsabili di gran parte dell’emissione dei gas serra.

Non dimentichiamo poi gli aspetti etici della carne sintetica: la produzione dell’alimento non richiede in alcun modo l’uccisione di animali. Per questo motivo molti vegetariani e vegani – anche se non tutti – si sono dichiarati favorevoli alla pratica. Insomma, un alimento facile da ottenere, ottimo per l’ambiente e addirittura cruelty-free. Allora, perché ne è stato proibita la produzione in Italia?

Il nuovo fa paura: i rischi dell’utilizzo della carne prodotta in laboratorio

Non è tutto oro quello che luccica e anche l’impiego di carne prodotta in laboratorio ha i suoi svantaggi. Prima di tutto, trattandosi di studi molto recenti, si presenta come un limite il fatto di non aver ancora sperimentato gli effetti degli ormoni utilizzati. Proprio per questo il ristorante israeliano The kitchen, che prevede nel suo menu piatti a base di pollo sintetico, fa firmare ai clienti una liberatoria in cui questi dichiarano di assumersi tutti i rischi del consumo del prodotto. Si tratta solo di una precauzione, certo, ma è un dato di fatto che non si conoscano gli effetti sul lungo periodo.

Tra le critiche mosse alla carne in vitro, vi è anche la possibilità che questa, sostituendosi agli allevamenti, generi disoccupazione. Sono 7 milioni in Europa le persone impiegate nella filiera della carne. E, infine, l’ultimo aspetto: sebbene la carne in vitro permetta di limitare il consumo di acqua e l’emissione di Co2, ciò non toglie che sia necessaria moltissima energia per la sua produzione.

Quello che, però, porta al panico generale è ormai costante e diffusissima paura del nuovo che caratterizza soprattutto le vecchie generazioni. Come per il cibo a base di insetti, la carne in vitro sembra presentarsi come un cambio radicale delle abitudini alimentari tradizionali, e molti non sono pronti ad affrontarle.

Il timore verso l’innovazione e il sospetto verso ciò che viene prodotto “artificialmente” allontanano sempre l’opinione pubblica dalle nuove possibilità. Basti pensare allo scalpore che si era diffuso una decina di anni fa in merito agli OGM, oggi largamente utilizzati senza particolari lamentele da parte dei consumatori.

Exit mobile version