Sarà che quando ci laureiamo noi non siamo abituati a sentire un ex presidente che ci fa gli auguri, ma si sa: “non siamo mica gli americani “, come cantava Vasco. Quando gli americani si laureano il comment speech viene affidato a grandi personalità che si lanciano in poetiche motivazionali. È una bella cosa. Ho preferito quello di Matthew McConaughey, ma ha fatto rumore quello di Barack Obama, ex presidente a doppio mandato.
Una laurea per…il nulla?
Io mi sono laureato giovedì online assieme ad altre sedici persone. In casa ero solo. Non ho sofferto la cosa, anzi. Penso alla laurea magistrale presa a 38 anni, dopo la triennale del 2006, quando ci avevano convinto con una delle mille riforme che, per lavorare, andava bene anche solo quella e invece scoprimmo presto che non serviva a niente. Questa seconda laurea mi è piaciuta, me la sono sudata. In effetti poteva essere un bel gesto sentire un ministro che diceva: bravi, servirà a qualcosa. Mi sono accontentato di una commissione integerrima e appassionata, entusiasta della mia tesi in storia medievale.
Il ministro dell’istruzione non mi ha parlato, ma si vocifera che voglia lanciare un concorso per l’insegnamento in agosto, nell’anno del Covid19, che per carità va benissimo, ma la vedo improbabile.
Vai dall’altra parte del mondo e senti Obama che parla e ti pare di essere dall’altra parte del sistema solare. Incoraggiamento, frasi ad effetto, quello guarda dritto in camera e parla al cuore. Gli è sempre riuscito e sempre gli riuscirà.
Tuttavia.
Che cos’ha detto Obama nel suo discorso ai neolaureati, veramente?
Diciamoci la verità, di cosa ha parlato?
Ha piazzato lì un paio di battute di incoraggiamento quasi paterne, per poi affondare sulla politica e la gestione trumpiana del Covid. Criticabile sì, ma così è facile.
Come un nonno saggio, Obama ha spiegato ai ragazzi che ci sono degli adulti che non hanno idea di quello che fanno. “La pandemia ha finalmente reso evidente il fatto che molte delle persone al comando non sanno quello che fanno. E molte di loro non fanno neanche finta di avere delle responsabilità”. Allude a Trump e forse ha ragione, ma pare un affondo forzato.
Il problema della salute è caro a Obama che con la sua riforma ha tentato di dare una sanità agli americani che a differenza di noi europei sono abbandonati a se stessi. C’è riuscito in parte, scendendo a compromessi come ogni politico deve fare. Con lui quelli che non rientravano nell’Obama Care che avrebbero fatto? Trump ha fatto lo stesso percorso di tutti i leader mondiali: negazione del problema, sbigottimento, reazione estrema e misure ferree. Obama in carica avrebbe capito a gennaio e per primo che il mondo si sarebbe fermato? Nessuno tre mesi fa si immaginava niente del genere, nessuno lo avrebbe ritenuto possibile se non in un film.
Chi è Obama per un Millennial?
Il problema di Obama è Obama. Troppo buono, troppo puro. Lo fecero presidente e non si era ancora insediato ma ricevette un Nobel per la pace. Così, sulla fiducia. Era un momento importante, il primo presidente afro americano della storia degli USA. Promise di smantellare Guantanamo e non ci riuscì mai. Con l’Iran e soprattutto con la Corea di Kim ha aumentato il divario. A Trump va riconosciuto che, dopo aver minacciato il leader coreano di bombardarlo, la stretta di mano tra i due è stat un passo in avanti clamoroso nella diplomazia geopolitica.
Obama fuori dalla politica è come Michael Jordan fuori dal basket, una figura di cui sentono tutti la mancanza. Come lui sente la mancanza della scena. Di mandati ne ha fatti due e in America non si può andar oltre, ma c’è da fare i conti con l’uomo, col materiale umano.
Noi Millennial siamo dei disillusi e forse il nostro presidente americano preferito è solo e soltanto Frank Underwood, il cinico maligno personaggio del ripudiato Kevin Spacey. Underwood era il lato oscuro del potere, sorrideva ed era accondiscendente e poi faceva sparire persone e accordi. Trump è solo il cattivo, Obama sempre il buono. Il gioco dei ruoli si fa troppo serrato e il tempo cambia sempre tutto. Guardate l’Italia. Berlusconi vent’anni fa era Satana, oggi lo rivaluta anche David Parenzo. Guardate gli USA. George Bush jr. venne preso in giro da tutti perché era in un asilo mentre le Torri Gemelle cadevano e sembrò far finta di niente per non seminare il panico. Oggi il NY Times gli dedica un approfondimento per i suoi quadri e Bono Vox ci va a pranzo. A detta di tutti è stato un buon presidente.
Quindi che sia la Storia a giudicare gli uomini, non gli ex colleghi in pensione.
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