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Film porno in Piazza Maggiore a Bologna: l’«opera» di Carlo Ferretti dice che c’è speranza per la Generazione Zeta

25 Luglio 2020
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Il proiezionista situazionista Carlo Ferretti ha già raccolto i 5mila euro di multa per aver svegliato una paludosa notte bolognese con un pornazzo in piazza Maggiore. C’è dell’arte nel donare luci rosse su una Bologna che stava diventando grigia

C’è un enigma che attanaglia gli esperti di diritto. È il vero significato di “atto contrario alla pubblica decenza”. Un concetto senza un recinto, per fortuna.

Chi decide che cosa è arte e che cosa è osceno? Non è un sofismo: se l’arte non è mai oscena e l’osceno non è mai arte, chi si prende la responsabilità di stabilire il confine? Non tanto per la legge morale, ma per la legge dello Stato.

Abbiamo amato l’incursione del ventenne bolognese Carlo Ferretti, denunciato proprio per “atti contrari alla pubblica decenza”. Pensiamo infatti che si tratti di arte.

Non parliamo del film, ma del gesto: situazionista, provocatorio, finalmente esplosivo contro l’assurdo momento di censura perbenista che viviamo grazie a quell’orrenda sagra della vera pornografia che sono i social network.

Molti millennial non sanno probabilmente che Bologna è stata il teatro della più pacifica delle contestazioni studentesche degli anni Settanta, il famoso Settantasette bolognese.

Un movimento che, oltre a usare il sesso come arma di contestazione (il teatro, Radio Alice ecc) fu talmente visionario da legarvi quei germogli cyberpunk che ci annunciavano quanto l’aspetto più deteriore della tecnologia ci avrebbe resi peggiori. E soprattutto meno liberi.

Anche negli anni Novanta a Bologna c’è stato un fermento controculturale. Tra i rappresentanti più attivi del periodo c’era Jumpy Velena.

Un “ragazzo” che a metà anni Novanta decise di chiamarsi Helena Velena per giungere al suo obiettivo finale di diventare una  «trans lesbica», definizione che le permise di tenersi la fidanzata. In confronto, il genderless da passerella di Gucci fa ridere.

Parliamo di una persona, Velena, la cui cultura era fuori discussione, con riferimenti che andavano dall’arte alla letteratura americana alla musica più innovativa. Un gigante se paragonato alle odierne sardine. Non aveva certo la paura radical chic della cultura pop. Anzi, era in grado di stupire, a destra come a sinistra per il suo stile davvero disruptive.

Sosteneva, per esempio, che la sinistra dovesse mutuare dalla destra berlusconiana la leggerezza, e un certo disimpegno. Argomentava citando la filosofia della Scuola di Francoforte e partecipando in calze a rete alle fiere dell’erotismo popolare come Erotica e MiSex.

Del resto erano gli anni in cui, proprio a quelle kermesse incontravi Riccardo Schicchi, un impresario dell’hard che campava, molto bene, grazie alle pornostar con la sua agenzia Diva Futura. Schicchi però aveva lavorato con Pier Paolo Pasolini, e ne portava i segni in una intelligenza e lucidità che di certo non ti aspettavi leggendo le cronache benpensanti.

Questa era Bologna, dove i cervelli dell’underground comunicavano tra loro e coltivavano l’immaginario artistico di personaggi come Orlan o Franko B, come il regista John Waters o fumettisti come Moebius o Enki Bilal.

Poi, più niente, fino alla notte del Porno in piazza Maggiore, qualcosa di cui nessuno pensava capace la generazione Zeta, solitamente dedita alle sacrosante battaglie Gretacee e poco altro.

Mettere in difficoltà lo strapotere dei social network con la cronaca è una grande idea artistica. Liberare il porno e riconoscerne almeno in parte il potere vitalistico e liberatorio è qualcosa che manda in bestia i Signori del Silicio. E quando i Signori del Silicio vanno in bestia, siamo tutti molto contenti.