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In guerra, il libro sul fotografo millennial sopravvissuto a un razzo di Isis

17 Febbraio 2020
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«Sento il rumore, vedo un flash, cadendo intravedo il capitano e un altro ragazzo sdraiati dietro di me. Mi devono essere saltati i timpani perché sono ovattato. Avverto mugolii di dolore che sembrano lontanissimi.

Primo pensiero: porco il demonio, è esploso un RPG.

Secondo: lo sapevo, dovevo stare contro il muretto, lo sapevo. Perché io il muretto lo avevo visto. Mi dovevo spostare. Volevo farlo. Perché non l’ho fatto».

Quello che avete tra le mani è il un estratto di In Guerra, vita e battaglie del fotografo sopravvissuto a un razzo dell’Isis, edito da Cairo. Scritto con Moreno Pisto giornalista, pezzo grosso di moto.it, amico di Micalizzi, co-fondatore (assieme a me) di writeandrollsociety.com il sito che ha fatto della “cattiva scrittura” una missione di vita.

Con questi due soggetti di mezzo non poteva uscire fuori un libro strappalacrime e moralista in pieno stile “guerra” e infatti il risultato è un racconto fiume sulla vita prima e dopo il razzo di Micalizzi. Sembra un romanzo beat.

Milanese, faccia di bronzo, cazzuto, Micalizzi appare esattamente per quello che è. Qualcosa di inafferrabile. Chi lo conosce sa che ci si può parlare dieci minuti di fila e uscirne senza niente in mano, oppure ricevere una sua telefonata nel cuore della notte perché vuole sapere come stai anche se vi siete visti in tutto due volte.

Chi è Gabriele Micalizzi

Tutto così, prendere o lasciare. Micalizzi non è un fotografo di guerra, ma “il” fotografo di guerra. Millennial trentacinquenne, padre di famiglia, si è guadagnato il titolo sul campo ben prima del razzo, ma il razzo è stato un po’ il suo attestato. Brutto da dire ma nel mondo della comunicazione, esisti solo quando fai parlare di te. Anche se sei uno che si è fatto diverse guerre, ha pubblicato ottime foto con Cesura e vincendo (con pieno merito) il primo Master of Photography in onda su Sky. Sentivo parlare di lui quando non sapevo nemmeno che faccia avesse e questo vuol dire che faceva davvero un sacco di roba degna di nota.

La trama di In guerra

Questo lo sapevamo noi addetti ai lavori, ma si è cominciato a parlare di lui in televisione e sui giornali l’anno scorso, quando è rimasto vittima di un colpo quasi mortale in qualche posto inculato della Libia che ora non ricordo. Sembrava avesse perso l’uso della vista. Certo sarebbe rimasto vivo, ma avrebbe chiuso con la fotografia, il che non era un buon orizzonte. Le prime notizie che arrivavano da laggiù facevano presagire il peggio. I giornali stessi la mettevano già triste. Gabriele avrebbe fatto la fine di Andy Rocchelli, suo amico fraterno e partner in crime con il collettivo Cesura, ucciso in Donbass.

Invece il destino ci ha messo una Leica di mezzo e il corpo della macchina ha evitato la morte certa del Nostro. Nella tristezza della situazione non si può notare la bellezza di questa simbologia: un fotografo salvato da una macchina fotografica, che diventa uno scudo contro quegli stronzi dell’ISIS. Nemmeno a farlo apposta veniva fuori un’operazione di mercato che credo racchiuda le caratteristiche di Micalizzi, un fotografo che è anche un ottimo uomo d’affari, un professionista 3.0 in grado di sfruttare i colpi bassi della sorte e trasformarli in un assist per un traguardo personale.

Le fottute Leica da diecimila euro l’una fanno il loro porco lavoro e valgono tutti quei soldi. La Leica stessa non avrebbe trovato una campagna di comunicazione più efficace di questa nemmeno con la migliore agenzia. Il reportage si fa ancora oggi con le Leica, come ai tempi di Capa. E Micalizzi è assolutamente un nome che tra qualche anno potremmo accostare a quello dei vincitori del World Press Photo e della storia del fotogiornalismo.

Il libro è uno spasso. 

Il libro procede spedito.

Micalizzi colpito dal razzo è convinto di schiantare ma bestemmia, vuole una sigaretta, non riesce nemmeno a infilarsi la mano in tasca per prenderla, non ci sente, la gente gli urla, lui ha fretta di morire e si sente un milanese imbruttito anche in quell’occasione (avere fretta di morire è il massimo della milanesità) quindi manda tutti affanculo. È andato in Siria senza manco l’assicurazione sanitaria, un pazzo. Invece ne esce vittorioso.

In guerra ripercorre la sua vita, i casini, il padre, la denuncia che si è beccato con degli amici a fregare pezzi di una moto da ragazzino, i graffiti sui treni, la Thailandia, i morti, lui che raccatta un signore ferito in testa e invece di assisterlo (non ne aveva poi così bisogno) gli scatta una foto e capisce che quella è la sua strada.

Insomma, se volevate il suggerimento per un libro da leggere nel weekend, eccovi serviti.