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Il monopattino elettrico governativo ad uso hipster è ovunque. Tutti regolari? A Milano già 165 incidenti

5 Ottobre 2020
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Se il cambiamento culturale che Frà Giuseppe Conte predica da Assisi contempla il monopattino elettrico e l’abuso che se ne sta facendo, meglio il caval di San Francesco (piedi)

Risvoltino, posa smart, zainetto Fjallraven e tartan d’ordinanza. L’hipster dell’era Coronavirus sfreccia con il monopattino elettrico tra le auto, a 30 km orari sulle piste ciclabili volute dal Gran Visir dell’ambientalismo (di forma) metropolitano: il sindaco Beppe Sala.

Che fretta avranno questi millennial metropolitani? Di andare dove, poi che gli uffici sono tutti mezzi chiusi e gli assembramenti da aperitivo sono complicati?

Come direbbe Burioni, «Non lo sappiamo». Però essi sfrecciano. Anche in due. Spesso si schiantano, spesso parcheggiano sul marciapiedi come il Cinno di Bar Sport parcheggiava la bicicletta: per terra. E se non lo fanno loro ci pensa il vento.

Ma tant’è, quando sospendi le regole e non ne metti di adeguate vuol dire che non ti importa nulla dei disagi delle auto. Scelta legittima, per carità, tanto anche quelli in macchina non è che abbiano tutta questa fretta. I conducenti però clacsonano come ossessi. Portando una ventata di inquinamento acustico che manco il bombardamento di Danzica.

Così ora abbiamo le città intasate dal flagello monopattino elettrico che darà molto lavoro agli ortopedici tra fratture, e colpi al coccige latori di ernie tra 5-6 anni.

Città con pavé mezzi rotti, barriere architettoniche modello Rehinold Messner che già sopportano e circolazione radente di deliveratori di vivande a scatto fisso (e capi che li massacrano se non pedalano abbastanza).

Applausi. Se il cambiamento culturale che Frà Giuseppe Conte predica da Assisi contempla questo, meglio il caval di San Francesco (piedi): almeno non inquino, arriviamo tutti più tardi al lavoro, usciamo prima, non usiamo il clacson. Oppure andiamo a vedere come sta zio Covid in metrò.

Cerchiamo di capirci: il monopattino elettrico non è un problema. È certo che aiuta la mobilità urbana. È certo che è divertente. È certo che i turisti lo apprezzano (tanto non vengono).

Chi scrive ha avuto un monopattino elettrico. L’ha tenuto due mesi e a Natale 2019 l’ha venduto. Dopo che due ernie lombari e una cervicale si sono fatte vive urlando: oh, ma che cazzo fai? Ma era bello muoversi così. Però è roba da giovani non da elder millennial.

Ma le questioni sono:

  • Il contributo per l’acquisto c’è o non c’è? È una detrazione, un buono o te lo danno quasi gratis? Non s’è mica capito. Se sì quali sono i negozi? O abbiamo glissato amabilmente puntando sui noleggi?
  • Come la mettiamo con il codice della strada? No, perché era dal 1988 che, a parte a Napoli, Quartieri Spagnoli, non si vedevano così tanti pirla senza casco (no, ma noi dobbiamo fare le multe salate per le mascherine. Ah…). È obbligatorio fino ai 18 anni, per ora. Poi il cranio si indurisce improvvisamente?
  • Sono state verificate tutte le società di noleggio? Usano mezzi regolari? Boh, leggendo qui pare di no.

Risposte ne abbiamo? Dai su ragazzi di tutti i partiti che state al governo di nazione, paesi, regioni, città, Stiamo parlando della mobilità del futuro. Ce la fate?

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