“La pesca”: analisi dello spot di Esselunga che ha fatto tanto discutere
La pesca è il titolo del nuovo spot di Esselunga. Dal 25 settembre 2023 la campagna pubblicitaria si è diffusa un po’ ovunque e ha raccolto un grande numero di reazioni. Polemica, riflessioni, discussioni aperte: la narrazione a tratti emoziona, a tratti, invece, disturba.
Il lancio di una nuova campagna è sempre rischioso. Esselunga, però, ci ha creduto davvero. Il nuovo spot della società milanese è un cortometraggio la cui narrazione ha uno scopo ben preciso: suscitare un’emozione. Quest’emozione, osservando le reazioni sui vari social, non è unanime ma soprattutto non è univoca. Ma facciamo un passo indietro e capiamo meglio la costruzione di La pesca.
La pesca: che cosa ci vuole dire il corto di Esselunga?
Il nuovo spot di Esselunga ci racconta una storia. C’è una bambina e c’è una madre, lo scenario è ovviamente il supermercato, mentre l’azione è ovviamente il “fare la spesa” (la copyline recita, infatti: «Non c’è una spesa che non sia importante» rafforzando il concetto di spesa + emozione).
Non capiamo subito dove La pesca ci voglia effettivamente portare, ma dal titolo riusciamo a scorgere nel frutto un valore importante, come fungesse in qualche modo da connettore di qualcosa che ancora dobbiamo scoprire. Il fatto stesso che sia una pesca può essere importante ai fini dell’interpretazione?
Ad ogni modo, pesche e mele a parte (c’è chi ha pensato fosse una mela, riconducendo il simbolo al peccato originale, ma la Bibbia non specifica la natura del frutto proibito), il corto prosegue con un’alternanza di emozioni: dall’unione di mamma e figlia avviene un distacco, quel momento di tensione che serve per fare scattare qualcosa in chi guarda. La bambina si allontana e scompare per qualche secondo e la madre, agitata, chiede in giro alle persone prima di ritrovarla al reparto frutta: eccola lì, la pesca che unisce, che racchiude speranza.
La spesa è finita, il rullo scorre e la pesca scorre con esso (per altro senza sacchetto, senza prezzo: errore o mossa voluta? Settembre è periodo di pesche?) e le due si dirigono a casa per godersi qualche ora di svago insieme.
Il viaggio in macchina e la presa di coscienza del pubblico
È durante il viaggio verso casa che il pubblico realizza dove Esselunga vuole arrivare. La bambina non ascolta minimamente le parole della madre ma piuttosto si concentra a guardare attraverso il finestrino e lo fa sognando, sperando. Dentro la macchina, la realtà, fuori dalla macchina, per le strade della città, il desiderio. Dentro c’è la separazione triste, mentre fuori c’è l’unione, ovviamente felice per stereotipi.
La prospettiva è tutta della bambina, che vorrebbe i suoi genitori ancora insieme ma è costretta a vederli separati. Il padre la va a prendere a casa della madre, come spesso accade per le coppie separate (o divorziate, non lo sappiamo con chiarezza) e tutto prosegue all’interno di una narrazione emotiva.
Il ritorno della pesca: il frutto come aiutante dentro un desiderio impossibile
Un padre che va a prendere la figlia a casa della madre: padre-figlia-madre, ecco servita la rappresentazione della famiglia tradizionale. Frecciate a parte, è proprio in questo istante che la pesca oggetto-magico ritorna: la bambina, che di fatto è la protagonista assoluta del corto, fa credere al padre che quel frutto profumato sia stato mandato “dalla mamma”. Un modo tenero che trasuda speranza illusoria da tutti i pori. Il padre, un po’ incredulo ma conscio della mossa della figlia, alza lo sguardo verso la finestra che lo divide dalla donna di cui era innamorato (lo è ancora?) e lo fa con occhi dolci, a tratti nostalgici, forse speranzosi.
«Mi piacciono le pesche […] allora dopo chiamo la mamma e la ringrazio». Con questa frase il padre lancia alla piccola dagli occhi sognanti la speranza. Perché i bambini vivono il mondo con l’empatia semplice, con la soluzione a portata, con le piccole cose che per loro sono enormi.
Lo spot di Esselunga ci lascia l’emozione di una bambina a cui manca l’immagine dei suoi genitori felici, insieme, ma ci mostra anche quella parte di realtà spesso nascosta. Non tutte le famiglie sono la famiglia del Mulino Bianco (e qui Esselunga si allontana volutamente dallo stereotipo raccontato da quest’ultimo, ndr), ma non tutte le famiglie sono necessariamente come quella che Esselunga propone. La polemica nasce proprio da qui.
Divorzio, stereotipi, il racconto fittizio che la felicità sia per forza insieme
Tra le varie polemiche che hanno avvolto La pesca di Esselunga ce ne sono alcune che ritornano più di frequente. Sono molte le persone che condannano una narrazione stereotipata della famiglia, dove pare essere solo quella tradizionale l’unica via possibile. Inoltre, c’è la critica sul concetto di felicità e di divorzio: perché trasmettere l’idea che per essere felici sia obbligatorio stare insieme? Ma c’è anche chi sostiene che Esselunga abbia strumentalizzato le emozioni della bambina, che sicuramente tra tutti i personaggi coinvolti è quella che soffre (e soffrirà) di più. E infine, ma non per importanza, è il tanto ridondante «Vissero felici e contenti» come obiettivo della vita a infastidire. Se Esselunga prende le distanze dal racconto fiabesco tipico di Mulino Bianco, perché offrire come obiettivo della vita proprio quello stereotipo? La domanda ci devasta.
Ovviamente il rovescio della medaglia è privo di polemiche: molte persone ci hanno visto del tenero, si sono realmente emozionate, si sono immedesimate nella storia, hanno rivissuto momenti dell’infanzia in cui ci si aggrappava alla sola speranza, hanno colto qualcosa di nuovo, di inedito, qualcosa che, a detta loro, difficilmente si vede in televisione.
Il dibattito resta aperto e tra un meme e l’altro, chiunque ne sta parlando: obiettivo raggiunto, nel bene o nel male.