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La difficoltà di concentrazione si annida negli uffici open space. Un po’ come gli acari

20 Agosto 2019
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La difficoltà di concentrazione è un male millennial. E allora, fateci il favore di non piazzarci dentro quei recinti chiamati open space

Tra i colleghi con cui si ha a che fare in un open space, la difficoltà di concentrazione è quella più molesta.  È sempre in agguato, lei non ha decisamente un catzo da fare tutto il giorno. Non fa mai la pausa pranzo per un semplice motivo si nutre abbondantemente delle tue distrazioni, dei rumori continui del vociare, delle risate, dei singhiozzi, delle urla dei capi.

Non è che ci sia molto da fare, i datori di lavoro se ne fottono allegramente della vostra stupida difficoltà di concentrazione. Per loro un grande ufficio unico con tanti schiavetti in batteria è una gran cosa. E costa molto meno delle cellette da fraticello operoso.

Ed ecco che arriva il solito sondaggio: il 70% degli impiegati riferisce di sentirsi distratto quando lavora. È un male perché i dipendenti tendono ad essere meno produttivi con così tante distrazioni che distolgono la loro attenzione dal lavoro.

Sentite questa: i ricercatori sostengono che un’interruzione di 2,8 secondi può far perdere la concentrazione per i successivi 25 minuti. Vaccaboia. In sostanza, se per scrivere questo articolo impiegherei un’ora, con una pipì, una battuta del mio vicino, un gossip della segretaria e 2 notifiche di Whatsapp ci metto 3 ore senza accorgermene. Vaccaboia.

Ma è solo l’ultima ricerca sulla difficoltà di concentrazione dei millennial (e non solo) chiusi dentro un open space. Le prove scientifiche di questo scempio energetico esistono da un pezzo. E a ben vedere non si capisce proprio il perché le aziende continuino a fare scelte così scellerate.

Gli uffici open space riducono il tempo di contatto tra le persone e fanno diminuire la produttività

Il grande mito dell’ufficio open space è che incoraggerebbe la collaborazione tra colleghi. Che, senza muri, muri potranno socializzare e contenti come pasque sforneranno brillantissime idee. Ma va là.

Nel 2018 alla Harvard Business School i ricercatori hanno stabilito che gli uffici open space inibiscono le collaborazioni faccia a faccia. I dipendenti durante quello studio hanno mostrato di interagire il 73% in meno con gli altri.

Con la paura di aumentare la difficoltà di concentrazione negli altri, le persone hanno optato per la mail o la messaggistica istantanea. Lo studio ha rilevato infatti che l’uso della posta elettronica per le comunicazioni da desk a desk è aumentato del 67%.

Ora, è evidente che il commento sulle minigonne estreme delle colleghe non può essere esternato in un open space. Così come i pantaloni ascellari del capo. Però il 67% è davvero tanto. Vuol dire che 67 volte su 100 invece di rivolgere la parola a uno seduto a 3 metri da me, mi trattengo e gli scrivo.

È anche vero che oggi i colleghi si chiudono nel loro universo di auricolari bluetooth e non è molto bello andare a rompere gli zebedei a qualcuno che sta lì nel suo microcosmo by Spotify…

La difficoltà di concentrazione negli uffici open space si nutre di molto rumore.

C’è un gran casino. C’è sempre un gran casino. Hai un bel da metterti le cuffie, sentirai sempre rumore. Non pensavi che nemmeno che esistessero così tanti rumori, confessa! Ebbene, la più grande distrazione negli uffici aperti è il rumore. Nel 2014, il produttore di mobili Steelcase ha intervistato 10.000 lavoratori. Ha scoperto che le persone perdevano fino a 86 minuti al giorno per rumori fastidiosi.

Un altro sondaggio del 2013 ha rilevato che quasi la metà dei dipendenti intervistati ha avuto distrazioni acustiche. Che poi, nel linguaggio della gente normale vuol dire gente che ciacola a tutte le ore ad alta voce. In 10 minuti di chiacchiera alcuni impiegati sanno sintetizzare i drammi di una vita. E vuoi non ascoltarli? Per farsi i casi degli altri Facebook in confronto is nothing.

E magari fosse soltanto un problema per la produttività. È un problema enorme anche per la creatività. Altro studio, altro regalo: WeTransfer ha fatto una ricerca un anno fa e ha chiesto ai creativi ciò che per loro era fondamentale per fare un buon lavoro. Ebbene, il 65% delle persone creative desidera il silenzio. Fregava niente di uno spazio pulito, ordinato, di torte in cucina o di finestre assolate.

La mancanza di privacy impatta in maniera pazzesca sulla difficoltà di concentrazione delle donne

Che negli uffici open space manchi la privacy è la cosa più evidente. Hai sempre la sensazione che tutti ti spiino da dietro. E non hai scampo se devi telefonare o farti un bel piagnisteo da sbalzo d’umore. In particolare la cosa affligge le donne: così ha decretato uno studio pubblicato su Fast Company sul sottile sessismo degli open space.

Germi e virus in libertà non vigilata

Avete presente la velocità di trasmissione dell’influenza all’asilo? Ecco la difficoltà di concentrazione non basta: la frequenza con cui i dipendenti si ammalano negli open space aumenta vertiginosamente. E cala ancora la produttività. E siamo così al 2014, quando l’ennesimo studio ha analizzato i tassi di assenza per malattia in 1.852 aziende svedesi. Com’è come non è, alla fine le aziende con gli open space avevano un tasso di malanni al personale molto maggiore delle altre.

Le conclusioni: diffusione di germi più facile, ansia da ufficio che fa crollare il sistema immunitario, norme inadeguate a obbligare i malati a starsene a casa loro, al caldo. In tutti i casi, l’ufficio open space non ne è uscito per niente bene.

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