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Ambiziosi ma insicuri: le cause dell’insoddisfazione lavorativa delle nuove generazioni

14 Gennaio 2022
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Elder Z e young millennial, vale a dire i lavoratori tra i venti e i trent’anni, hanno la tendenza a presentare rimostranze e lamentele agli uffici del personale. Ma a cosa è dovuta questa insoddisfazione lavorativa? 

Durante l’anno 2020 il 21% dei millennial ha cambiato lavoro e il 44% pianifica di farlo nei prossimi due anni. 

Secondo uno studio di Gallup pare che al posto numero uno della wishlist millennial e genZer per il proprio ambiente lavorativo ci sia “un datore di lavoro che si interessa al loro benessere”. Hanno il desiderio di riscontrare un comportamento coerente ed etico nell’ambiente di lavoro, che valorizzi la diversità e l’inclusività, l’ecosostenibilità. E che dia soddisfazioni finanziarie, chiaramente. 

Incontentabili e insoddisfatti

Chiedono troppo, a parer di qualcuno. Vorrebbero essere compresi, adulati e valorizzati dal datore di lavoro. E se percepiscono qualcosa che non va secondo i loro piani, cominciano ad avvertire quella latente insoddisfazione lavorativa che già li opprime, anche se sono passati solo 3 mesi dall’inizio della carriera. 

Incarnano, in sostanza, la tipica caratteristica millennial: l’impazienza. Non sanno aspettare e vogliono tutto, subito. 

Le 3 cause dell’insoddisfazione lavorativa generazionale

1. In primo luogo, la paura del futuro. Secondo il Censis, solo il 16% dei giovani non teme il futuro. Il 32% non sa cosa accadrà con l’avanzare del tempo e pensa a cosa ne sarà della terza età, mentre il restante 22% è molto incerto e disorientato a riguardo. Prevedibile, se consideriamo che sono cresciuti contemplando da lontano la sicurezza lavorativa di genitori e nonni, il posto fisso, l’indeterminato, lo stipendio a cui sono quasi sicuri di non potersi mai nemmeno avvicinare e tutto ciò che ne consegue. Sono anche circondati da allarmismi gratuiti: anziani che elargiscono continue docce fredde sparando a zero frasi come “la vostra generazione è destinata all’insicurezza”.

2. Poi, lo studio. La cultura della “gavetta” è venuta meno. Dopo tre o cinque anni sui libri, dopo aver investito sull’istruzione con la speranza di trovare un futuro roseo e una strada spianata appena varcate le porte del mondo del lavoro, i genZer non vogliono più attendere per vedere i propri sogni realizzati.

3. La pandemia, al solito. È evidente che la genZ sia stata tra le più colpite dal tracollo lavorativo degli ultimi anni. Il Pew Research Center ha registrato che a marzo dell’anno scorso circa il 50% degli under 25 negli Usa affermava di non ricevere una retribuzione a causa della pandemia. «In generale loro stanno vivendo l’esperienza del più grande trauma nazionale dalla Grande Depressione e dalla Seconda Guerra Mondiale», ha detto Lauren Stiller Rikleen per Harvard Business Review.

Da grandi capacità derivano grandi dilemmi

Gli under 30 sono più flessibili, più competenti, più attivi e più ambiziosi, ma anche più insicuri delle elder generations. Aggiungiamo, poi, che si tratta della generazione in assoluto più diversificata a livello razziale e più interessata ai diritti delle minoranze, più progressista e più socialmente coinvolta e attiva. Tutti elementi che creano un cocktail di talento e inquietudine figlio del suo tempo. 

Per questo i genZer mettono al primo posto benessere mentale e comprensione anche sul posto di lavoro. Questa costante insoddisfazione lavorativa, quindi, non è un’irragionevolezza giovanile. 

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