La fiducia è un concetto molto presente nei nostri pensieri per questo 2023, soprattutto in previsione di una nuova ondata di lavoro ibrido.
Gli ultimi tre anni ci hanno insegnato che lo straordinario deve diventare ordinario e che occorre rinforzare i rapporti umani per raggiungere questo obiettivo. I datori di lavoro chiedono molto ai team in termini di lavoro e di sacrificio, mentre dipendenti e collaboratori cercano di rispondere con passione e dedizione per confermare una fiducia ben riposta.
Fiducia a distanza: la chiave per il successo
La fiducia reciproca è quel posto in cui i desideri e le esigenze dei dipendenti incrociano la capacità del loro leader di dare risposte oneste e di sostegno. Del resto costruire la fiducia non è facile quando le cose vanno bene, figuriamoci adesso che il clima si è appesantito. Tra questi “pesi” ora c’è il lavoro ibrido, nel quale casa e ufficio si confondono.
La fiducia ha sempre avuto un acceleratore, ovvero il rapporto diretto, fatto di pacche sulle spalle, di chiacchiere al caffé, dell’abitudine a intuire se c’è qualcosa che non va e aprire un dialogo. La distanza lo ha reso più difficile.
Ma continuiamo credere nello smartworking come vantaggio, anche se gli ultimi tre anni ci hanno fatto capire che la tecnologia da sola non costruisce relazioni.
Leggendo la testimonianza di Joe Atkinson, top manager della PWC, capiamo che il lavoro sulla digitalizzazione aziendale è molto apprezzato. «Una trasformazione di successo unisce umanità e tecnologia» ha scritto, «e si basa su principi come trasparenza, rispetto degli impegni e la capacità di ispirare fiducia nei collaboratori».
Le esigenze dei dipendenti
C’è uno sforzo da fare: portare le esigenze dei dipendenti al livello di quelle dell’organizzazione. Ottenere vantaggi per tutti è utopico, ma forse è la trasparenza con cui si comunica l’impegno dei vertici a fare la differenza. I collaboratori devono poter comprendere le scelte difficili. Così si attiva la fiducia.
Poi c’è la forza del dialogo, sulle singole storie di ognuno, sulle competenze che i lavoratori hanno e su quelle che vorrebbero sviluppare con i programmi di aggiornamento.
L’Intelligenza Artificiale torna utile per capire quale parte del proprio lavoro potrebbe essere automatizzata per aiutare il team a liberare il proprio pensiero più creativo. Ed è proprio questa conversazione, fra tutti i livelli, che però non può essere digitalizzata. Non si scatena un brain storming via mail o Whatsapp. Non si ha abbastanza coraggio da soli alla propria postazione casalinga. Ci vuole complicità tra colleghi, divertimento e creatività.
È chiaro, ci vuole la volontà e il tempo di farlo, questo slalom tra i paletti dello smartworking. Ma ci sono anche altri strumenti per creare fiducia: organizzare per workshop che non siano percepiti come compiti a casa, offrire team building, esperienze nelle quali ci si mette tutti in gioco.