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Quali sono le domande da fare alla fine di un colloquio

8 Giugno 2022
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Dannato colloquio di lavoro, quanta ansia e quanto stress, c’è un modo per renderlo più leggero e rendere noi indimenticabili agli occhi delle risorse umane?
Sì, secondo Joe Mullings, esperto di carriera e CEO di The Mullings Group. Mullings ha stilato infatti una lista per Fast Company, elencando le domande da fare assolutamente alla fine di un colloquio, per colpire nel segno e diventare indimenticabili.

Ecco cosa dovresti sempre chiedere a un HR prima di salutarlo alla fine di un colloquio.

Sono un buon match per l’azienda?

Fare le domande giuste, in anticipo, aiuterà a capire se i valori dell’azienda sono adatti alla nostra persona. Chiedersi, e chiedere, “Sarò un buon match?” dimostra le nostre capacità riflessive e la nostra integrità morale, qualità che i recruiter cercano nei futuri dipendenti (soprattutto in un’epoca dove tutti mollano appena hanno l’occasione).

Questa domanda è importante per capire se i tuoi obiettivi si allineano con la cultura e i requisiti della compagnia per cui stai facendo il colloquio. La tua risposta sarà uno dei motivi principali per il quale decideranno di assumerti o meno”, spiega Joe Mullings. 

Quali saranno i miei compiti nei prossimi 3 mesi?

È un altro quesito importante da porre in fase di colloquio, in quanto candidati abbiamo delle aspettative sul futuro ruolo che andremo a ricoprire, capire quali saranno i nostri compiti e come svolgerli è fondamentale. Il consiglio di Mullings è quello di dare all’intervistatore una finestra temporale indicativa, in modo che possa essere il più preciso possibile quando risponde. Ad esempio: “In quando head marketing strategist, quali pensi che saranno i miei compiti (e obiettivi) nei prossimi 30/90/180 e 365 giorni?”.

Come faremo a sapere entrambi che ho avuto successo per questo ruolo?

Definire la parola ‘successo’ è piuttosto complesso, è un concetto formato da molteplici fattori, ma come fare per capire se la relazione dipendente-azienda sta funzionando? Quali sono i segnali da cogliere per capire se stiamo avanzando in qualità di persone e lavoratori? Bisogna chiederlo al recruiter. Secondo Mullings dobbiamo domandare: “Vedrò risultati basati su evidenze numeriche, guadagni maggiori, ricompense o rispetto?”.

Quali sono le opportunità di crescita e quali skill imparerò?

Più che sullo stipendio dobbiamo puntare sul fattore crescita. Restare in un posto che paga ma non appaga può rivelarsi frustrante e controproducente. “L‘obiettivo di questa domanda è assicurarsi che le competenze che hai appena acquisito avranno un valore per il futuro, e per il tuo sviluppo personale e professionale. Meglio non sprecare tre anni un’azienda che potrebbe insegnare cose che rischiano di diventare obsolete, o peggio, lo sono già”, conclude Mullings.

Chi potrò diventare?

Ultima domanda, ma non meno importante, chiedere chi potremo diventare. Se il recruiter dovesse rispondere “Qualsiasi persona tu voglia essere”, potrebbe già essere un buon inizio, vorrebbe dire che l’azienda è aperta alla crescita dei dipendenti, alla possibilità di carriera orizzontale (far ruotare il personale nei diversi dipartimenti), e comprende l’importanza della libertà di espressione del sé.

Il nuovo ruolo che stiamo per ricoprire, i colleghi e il team con il quale interagiremo nei mesi a venire, non formeranno solo noi come persona, ma lasceranno un segno anche nella nostra carriera lavorativa, dal quale dipenderà il futuro del nostro avanzamento.

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