“Ho imparato molto sull’importanza di sentirsi apprezzati, ma preferisco che il mio team abbia fiducia e rispetto nei miei confronti. Si può costruire una squadra straordinaria e felice senza necessariamente essere amici”.
Tilly Morgan è la direttrice della Digital Media Marketing Agency Wilderness, e come tutti quelli nella sua posizione si ritrova spesso a coordinare un team, affrontare problemi, e a risolverli impiegando soluzioni creative. Fino a qui niente di straordinario se non fosse che Morgan ha 24 anni, e che questo fa di lei un membro della Gen Z.
“L’Università non è mai stata la mia strada, ho sempre saputo che preferivo lavorare e ricevere uno stipendio. Quando ho deciso di non frequentare più mi sono detta: ‘Quando i miei amici si laureano io devo essere un passo avanti. Dovrò ricoprire un ruolo che loro non possono ottenere con il diploma'”. E così è stato. Morgan si è raccontata a The Drum, spiegando cosa vuol dire essere un membro della Gen Z e ricoprire un ruolo di successo.
Gen Z e la sindrome dell’impostore
Non è sempre stato facile, all’inizio Morgan ha dovuto risolvere alcuni problemi con sé stessa. “Avevo la sindrome dell’impostore. Ma – racconta – sono altrettanto determinata, se mi lancio in qualcosa che non conosco so che piano piano imparerò le risposte, mi fido del percorso. Mi fido anche dell’esperienza precedente che ho accumulato. Certo, ho commesso degli errori, lo fanno tutti, ma faccio il possibile per rimediare. Non mi faccio nemici e cerco di non fare incazzare le persone. Tom [Jarvis, fondatore e amministratore delegato di Wilderness, ndr.] è fantastico come visionario, ma a volte ha bisogno di una persona operativa che dica: ‘È un’idea adorabile ma non funzionerà mai’. È stato difficile costruire un rapporto di fiducia con lui perché all’inizio delegava i compiti a quella che, in pratica, era una ‘bambina’. Non so perché l’abbia fatto”.
Persino accettare la promozione si è rivelato più complesso del previsto, ma ha dato risultati positivi: “La promozione mi ha insegnato che può essere gratificante crescere all’interno di un ruolo piuttosto che cercarne uno nuovo. Invece di passare i prossimi sei mesi inseguendo la prossima opportunità, sto costruendo fiducia in questa posizione”, conclude.
Gestire i propri coetanei
Nemmeno conquistare la fiducia del personale è stata una strada in discesa: “Quando ho iniziato a fare le buste paga alcuni colleghi si sono lamentati dicendo: ‘Non voglio che una diciottenne sappia quanto vengo pagata’, oppure ‘Vedi di mettere i soldi giusti sul mio conto’, abbastanza comprensibile, non l’avevo mai fatto prima. O quella volta che ho tolto alcuni food benefit, e mi sono accorta che i biscotti possono diventare un argomento di lotte intestine sul lavoro. La cosa che più mi ha scioccata è stata però trovare resistenza da parte dei miei coetanei, che poi sono la maggioranza dei miei colleghi”.
Alla domanda finale, ‘raccomanderesti il percorso che hai fatto anche ad altri giovani?’ risponde con un convinto sì. “Gli apprendistati sono preziosi, si ottengono contemporaneamente qualifica ed esperienza. All’inizio avevo un’idea sbagliata su cosa fossero, pesavo che solo gli elettricisti o gli idraulici potessero farlo. Ma non è così, ce ne sono tanti nel settore digitale e, a seconda del lavoro, non sempre è necessaria una laurea. Nei social media, o in un ruolo operativo, l’esperienza vale più di una qualifica, anche l’attitudine e come ci si pone sul lavoro. Bisogna essere adattabili, veloci e dei team player. Queste sono le qualità che cerco quando assumo“.