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Il racconto dell’ancella, libro profetico sulla legge anti-aborto dell’Alabama

22 Maggio 2019
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Nel lontano 1984 Margaret Atwood scrisse Il racconto dell’ancella (oggi edito in Italia da Ponte alle Grazie). L’aveva cominciato mentre risiedeva a Berlino ovest e lo terminò dopo il suo trasferimento in Alabama.

Nel Racconto dell’ancella, la vicenda è ambientata a Galaad, uno Stato (corrispondente agli odierni Stati Uniti) teocratico e puritano che, dovendo far fronte alle conseguenze delle radiazioni atomiche sulla fertilità, ha deciso di ridurre in schiavitù le donne libere ancora in grado di poter avere figli.

Dopo averle private dei diritti fondamentali, le “ancelle”, così vengono chiamate, vengono addestrate ad annullarsi, viene tolto loro il nome di battesimo (la protagonista si chiama Difred perché appunto è “di Fred”, il suo padrone) e qualunque proprietà, persino quella del loro tempo. Non potranno più leggere o scrivere, avere amici o famiglia ma saranno trasferite di casa in casa per essere e dare una nuova progenie al Paese.

Poiché sono “macchine viventi da riproduzione” lo Stato ritiene implicito il loro consenso allo sfruttamento, che dovrà avere come frutto un bambino, subito ceduto alla famiglia nella cui casa l’ancella abita.

Una distopia tragicamente attuale: il caso Alabama

Quella di Galaad è una distopia basata su una rigida divisione in classi (solo i ricchi si sposano e hanno diritto a una famiglia), sul puritanesimo usato come metro per giudicare la condotta dei cittadini e infine sull’annullamento delle persone che non appartengano alla casta dominante, con particolare ferocia verso le donne.

Quando la Atwood scrisse Il racconto dell’ancella non credeva certo che il mondo odierno si sarebbe rivelato così simile alla sua distopia né che ci saremmo ritrovati nel 2019 a veder approvate leggi come quella che, pochi giorni fa, in Alabama ha vietato l’aborto (tranne in caso di grave pericolo per la vita della madre). Legge che arriva in quello stesso stato in cui il senatore Roy Moore, accusato di molestie sessuali, ha messo a tacere ogni cosa ed è stato silenziosamente contestato da donne vestite esattamente come le ancelle del romanzo.

Dobbiamo dire che purtroppo non sono i soli. L’Alabama, infatti, non è il primo degli Stati dell’Unione a votare leggi di tal genere ma il quinto dopo Kentucky, Mississippi, Ohio e Georgia.

Sembra che in questi Stati e in molti altri, dove la legge sta ancora seguendo l’iter di approvazione, la deriva repubblicana abbia sentito la necessità di proibire l’aborto “a favore della vita”, a detta loro, come se le donne andassero ad abortire per sport.

Nessuno dei senatori si è preoccupato minimamente del fatto che questa legge avrà ricadute su tutte le donne ma ancora più tragiche sulle donne più fragili economicamente e su quelle che non hanno una rete sociale che le sostenga.

Le ricche abortiscono nello stato di fianco, le povere sfornano

Mentre con ogni probabilità le ricche signore dell’Alabama e le loro figlie e nipoti prenderanno un aereo per raggiungere il primo Stato più vicino, dove l’aborto è legale, tutte le altre ricorreranno ai rimedi fai da te e ai macellai senza scrupoli che praticheranno l’aborto clandestino e che se ne fregheranno dei 99 anni di carcere perché nessuno avrò interesse a denunciarli.

Sono sicura che Margaret Atwood abbia sempre sperato che il suo romanzo non diventasse mai attualità, eppure dobbiamo ringraziarla perché ha avuto una lungimiranza tale che oggi ci basta aprire il suo libro per capire come anche il peggiore scenario nasce da azioni semplici e mirate, come può essere l’approvazione di una legge in nome della vita, e di come occorra ancora oggi combattere per i propri diritti.

 

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