La versione di Banhoff: Massimo Cacciari è l’ultimo seduttore tra i comunisti italiani

9 Aprile 2020
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I ritratti politicamente scorretti del nostro millennial Ray Banhoff proseguono con l’analisi politico-erotica del fenomeno Massimo Cacciari: «Se fossi una donna gliela darei»

Massimo Cacciari: alto, secco come un chiodo, occhi chiari, capello scarruffato, atteggiamento da gatto irrequieto che ti avvicini per accarezzarlo perché è bello e quello ti graffia. SBAM. Un fottutissimo James Dean del sapere. A mani nude non vorrei averci a che fare perché credo picchi come un cane dannato.

Il campo degli intellettuali di sinistra italiani è impestato da impresentabili soggetti. Ormai per fortuna sulla ribalta mediatica sono rimasti in pochi. Giampiero Mughini non si può vedere, Paolo Mieli sembra la mi’ zia suora, Diego Fusaro pare un po’ asessuato e probabilmente è di destra, Vauro non è un intellettuale, non fa neanche ridere ed è semplicemente impresentabile. Sembra lo zio avvinazzato di cui tutti devono sopportare le filippiche al pranzo di Natale. Inchiavabili. La gente non ha voglia di sentirsi rappresentata da tizi del genere (non che a destra vada meglio eh). I veri comunistoni si sono estinti. Tutti tranne uno: Massimo-Cazzoduro-Cacciari.

(Avete notato che gli unici rimasti di destra o sinistra sono gli intellettuali? I politici hanno superato queste categorie novecentesche… ma torniamo a Massimo).

Vero appassionato di figa in primis e forse per questo incline a manifestare con euforia le proprie idee al mondo, Cacciari, qualcuno dice,  lo potete trovare che passeggia sui Navigli a Milano in compagnia di sventole millennial trentenni. E lui di anni ne ha 75. Questo è un ottimo segnale per un intellettuale. Fino a che gli piace la passera, gli piacerà la vita, e il suo messaggio sarà più cristallino.

Massimo Cacciari ha una divisa espressiva: è sempre incazzato. Ti manda a fare in culo dopo cinque minuti, è abbastanza catastrofista, urla e lascia lo studio. È rispettatissimo  poiché è un filosofo e ha letto più libri del suo interlocutore e questo è rimasto uno dei pochi casi in cui un uomo può schiacciare un altro con la propria cultura. Forse Umberto Eco prima di lui c’era riuscito? Insomma sono pochi in Italia, saranno sì e no una decina.

Lui si presenta in collegamento da Lillona Gruber e guasta la festa. Quando qualcuno vuol vedere il bicchiere mezzo pieno Cacciari lo psicanalizza e smaschera il bisogno di quel qualcuno di vedere il bicchiere mezzo pieno. È netto, ti dice sempre le cose come stanno, come il dottore quando deve farti una diagnosi. Non la imbelletta, non te la fa imboccare come una pappina per neonati che vanno distratti col gesto dell’aeroplanino. Massimo Cacciari è l’urologo che ti mette un dito in culo per sentirti la prostata. Alzi le chiappe e zac.

Tu rimani lì bloccato, occhi spalancati e fiato sospeso, perché ti tiene in pugno. E mentre ti esplora dentro, quasi quasi glielo lasceresti fare, perché ha quella faccia di legno millennaria di uno che SA. Egli conosce tutto.

Mentre in tv si alternano dei vanitosi inutili ciarlatani pronti solo a far mostra di sé, Massimo fa mostra della sua dialettica. È come un dissing per rapper che ghiaccia tutti.

L’altro giorno sul Corriere c’era una sua intervista. Diceva che fino a che ha potuto ha fatto cucinare sua mamma. Che per mangiare prende una pentola d’acqua, la fa bollire e ci butta un uovo o la pasta. Che lui i capelli non se li tinge. Parlava come Corona. Ogni frase una sentenza. Ma a differenza di Fabrizio, che è ottimo per il ruolo del protagonista in un film d’azione, Cacciari ha più la faccia di quello che sta dietro la scrivania e comanda il gioco, dà gli ordini.

Se ci chiamasse all’adunata Cacciari, noi maschi risponderemo sì. E pure voi donne. Uno così lo segui per forza, è bello come Harrison Ford.

Massimo, non mollare mai. Sei l’ultimo barlume di luce di sinistra per noi millennial. Ce la faremo.

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