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Riabilitare la parola condivisione per capire la GenZ

29 Giugno 2023
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Bisognerebbe andare dritti al punto e ammettere il fallimento, cari marketer: tutte le strade per acchiappare la GenZ finora, alla fine del 2022, non hanno funzionato. Diamo la colpa al Covid, alla guerra, al gas, al cambio climatico, senza renderci conto che questi elementi sono interconnessi e non finiscono domani.

Nel frattempo cresce una generazione che conta il 32% della popolazione globale che, tra 8 anni, non 50, sorpasserà il reddito complessivo dei millennial, raggiungendo 33 trilioni di dollari. Gran parte di questo tesoro sarà probabilmente nelle mani di qualcuno che vive in India e che oggi non esiteremmo a definire un “pischello”.

Mercati fantastici e dove trovarli: scemenzario della policrisi

Lo scenario della Policrisi, delineato dallo studioso Adam Tooze, ipotizza un mondo dove tutti gli eventi negativi che stiamo vivendo sono legati tra loro e daranno vita a un’escalation di effetti nefasti sull’economia mondiale.

È un tantino apocalittico come scenario, ma parte da fatti incontrovertibili: il Virus continua a produrre varianti che bypassano i vaccini, le fonti energetiche alternative non bastano a sostituire l’attuale sistema produttivo, la politica delle nazioni vira verso il protezionismo, i flussi migratori condizionati dal clima non si stabilizzeranno per un bel po’.

Ma il fatto che questa teoria sia dimostrata o meno non c’entra con l’avanzare della GenZ. Che, com’è logico che sia, di certo non vuole smettere di cercare la felicità e una vita migliore, la cui immagine, reale o fittizia, si riflette sullo schermo dei loro smartphone, in un inarrestabile viaggio gratuito dentro mondi bellissimi.

Lo scemenzario rischia di essere allora ciò che abbiamo finora costruito per vendere prodotti: concetti come il buyer-persona, pur se giovani, sembrano vecchi di secoli rispetto alla pluralità di tensioni che ritroviamo in questo pubblico. Non lo diciamo noi, ma fior di ricerche come quella di Ogilvy che tra l’altro si aggiorna alla velocità dell’algoritmo di Google.

Il web marketing globale è un grosso cervo davanti ai fari

È un senso di sorpresa e impotenza quello che si prova a ogni uscita delle ricerche che sondano la GenZ. Una massa ipertrofica di dati che ci arrivano addosso e disintegrano quello che pensavamo di sapere. O riattivano vecchie voci che avevamo demolito o dato in fase calante come il controverso concetto di condivisione.

Come si tratta un mercato in cui la regola è: «For GenZ, brand is what you share, not what you sell», ovvero in cui il marchio vale per ciò che condivide, non per ciò che vende, come declama Ogillvy? Evidentemente se siamo qui a discuterne è perché quel tipo di marketing è diventato un grosso cervo abbagliato e bloccato, pronto a essere travolto.

Un marketing traviato dagli schemi: sedotto da mode estratte direttamente dalla passione per cause civili come LGBTQ, che cerca addentellati nella fluidità dei pensieri e dei corpi. O fulminato dall’introspezione dei trapper, con i loro testi explicit che esaltano vite al margine, ma non fuori dal sistema (come fu invece per il punk) e che quindi ha ben pensato di rifornire i ragazzi di sneakers e tute di acetato con grossi marchi a vista.

Ma in tutti i casi, schemi nei quali l’unico obiettivo è vendere tanto e farlo immediatamente.

Eterno ritorno della domanda: condivisione e crescita economica sono per forza nemici? Una chiave per leggere la GenZ

E qui chi ha la risposta è bravo davvero. Se guardiamo alla storia, troveremo esempi di come questo dilemma è sempre esistito. «Quando cade il soldin nella cassetta, l’anima vola in Cielo, benedetta» si leggeva nelle chiese ai tempi della vendita delle indulgenze. Se una parte del clero si è arricchito sostituendosi a Dio e concedendo l’inconcedibile perdono, questo non ha portato alla fine dell’ideale cristiano. Ma a una divisione tra buoni veri e finti buoni sì.

Per dire che soltanto l’autenticità della condivisone può rimettere in piedi un sistema che non crasha. La verità e la condivisione non si possono comprare come hanno fatto, guadagnandoci, i Big Tech con la loro avidità mascherata da condivisione. Perché l’unica certezza che abbiamo sulla GenZ è che su questo è sempre più difficile ingannarla.

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