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Perché Facebook non merita le nostre opinioni

25 Luglio 2022
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Svegliarsi con la giraculasi a mille per un mondo plasmato dalle opinioni ipocrite su Facebook. E ricordarsi che ci sono solo due cose intelligenti da fare sul social: ignorarlo o postare gattini

Stamattina alle 8, il mio amico Cristiano, veterinario e fine letterato mi ha chiamato. Ma io non ho risposto perché so che quando fa così è incazzato già di prima mattina.

Secondo una credenza popolare brianzola e post industriale alcuni soggetti boomer di prima mattina soffrono di eccesso di giraculasi (ormone che regola il giramento di culo) nel sangue.

Comunque, poi l’ho sentito ed era effettivamente molto incazzato. Aveva forse perso dei soldi in borsa? È stato sorpreso da una bolletta quintuplicata? Un paziente lupo cecoslovacco poco paziente lo aveva innervosito?

Macché. Ce l’aveva con questo eccesso di scuse che va di moda ora, con la cancel culture e in generale con tutte quelle fastidiose questioni che l’epoca del grande conformismo social ha portato nella nostra vita.

Facebook e l’effetto del Grande Conformismo Mondiale sulle giovani generazioni

Ebbene, nonostante mi abbia distratto da alcune prosaiche faccende di casa, non potevo che dargli ragione: «Questo continuo revisionismo, questa decontestualizzazione costante nella narrazione degli eventi storici mi mette in difficoltà con i miei figli».

«Che cazzo gli racconto se poi la cultura di massa invade e soffoca quella scolastica?».

Non sono parole simpatiche da ascoltare di prima mattina. Gli ho risposto quello che penso davvero di questa epoca di strapotere della morale conformista su tutto il resto. E cioè che bisogna scendere da quello scuolabus rissoso e inutile che è Facebook.

Facebook non merita le nostre opinioni. Chi ancora prova gusto a pubblicare il proprio pensiero organico facendosi fregare dalle trappolozze del bias cognitivo e dell’echochamber (se non sapete che cosa sono, googlate, vedrete che sono concetti semplici) o lo fa con il preciso intento di abbindolarvi oppure è un’ingenua vittima del costume contemporaneo.

Perché alla fine a vincere è sempre il conformismo, che soffoca con l’impossibilità di un pensiero originale, dell’applicazione delle sfumature a un dibattito e della libertà da quelli che Guia Soncini chiama i plotoni d’esecuzione dei social.

Tutto quello che abbiamo imparato è falso?

È vero, chi ha frequentato un Liceo negli anni Ottanta ha odiato la fissità dei programmi di Croce e Gentile.

Però, se poi ne ha studiato il pensiero e l’estetica, sa che la distinzione tra arte libera e morale, tra compilazione didascalica ed elaborazione delle idee senza scopo didattico sono punti fermi della cultura europea.

Così come lo era, fino a quando la censura si è abbattuta sugli artisti del capezzolo, la fondativa regola di non identificare mai la vita privata di un artista con la sua opera.

Senza questa visione, dimenticata dal conformismo totale delle produzioni americane per le masse (leggi Netflix e dintorni), non avremmo potuto indignarci davanti al fattaccio di Charlie Ebdo. Ma ai moralizzatori di Facebook, questo importa poco, perché i like e i follower si fanno con il pensiero semplice e manipolatorio.

Ora che siamo in campagna elettorale, il rischio è lo stesso, moltiplicato per mille: seguire chi vuole uniformarci. Farci trarre in inganno da ciò che per la piattaforma è moralmente corretto.

Tra ferocia e finta gentilezza

Facebook non merita le nostre opinioni, (e nemmeno twitter) perché le valuta zero, le mette nel calderone della massa, sia essa inferocita o ipocritamente buona e gentile.

Pensare con la propria testa sta diventando sgradito al potere. Nonostante Guia, nonostante le analisi impeccabili e politicamente trasversali di Federico Rampini, Christian Rocca, Massimo Cacciari, e centinaia di altri contrari al nuovo conformismo occidentale.

Ci sono solo due modi intelligenti per usare Facebook: ignorarlo o postare gattini (ma concediamoci anche un buongiornissimo ogni tanto).

È così, Facebook non merita le nostre opinioni. Chi lo usa biecamente non merita le nostre opinioni.

Perché quell’algoritmo è un «buono a nulla capace di tutto», come direbbe Ennio Flaiano.