La Fashion Week di Milano dovrebbe cambiare. E con urgenza

21 Settembre 2021
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Milano Fashion Week 2021 sarà il solito spettacolo dilettantistico per la parte del popolo meno progredita culturalmente e socialmente

Da che mondo e mondo, la Fashion Week ci ha sempre incuriosito un po’ tutti. Anche gli scettici come me, che la cintura di Dolce&Gabbana non l’ho mai voluta e che le griffe le aborro per ciò che concettualmente rappresentano. Nel corso degli anni ho buttato il naso dentro questa settimana da passerella e mi sono lasciata un po’ soggiogare dagli pseudo-vip e personaggetti del web che adesso tirano tanto l’opinione pubblica perché si fanno i tatuaggi sulla faccia e canticchiano nelle radio per tutta l’estate.

La verità è che la settimana della moda di Milano cerca di scimmiottare un po’ le omonime di Parigi , Londra e New York, senza rendersi conto che Milano come concept del brand, del lusso e delle modelle è finito da un pezzo. L’ultimo brandello di fashion che la città cercava di trascinare a sé è amaramente finito con la pandemia da covid-19. Però, siccome noi italiani siamo anche parecchio ostinati (sulle cose che non contano niente, s’intende) allora puntiamo tutto su questa settimana dove le nullità dei talk show possono sentirsi qualcuno per 15 minuti.

Grandi pannelli, passerelle sgangherate, mega schermi e aperitivi così tristi che anche le olive non vogliono stare dentro quei Martini annacquati. E poi ancora, cameramen, “giornalisti”, veline e conduttori televisivi, atleti olimpionici e cantanti emergenti. Tutti sono stati chiamati a raccolta per mettere in piedi questo circo degli orrori. Ancora più che l’evento, è importante che le persone che ci ruotano attorno siano famose, altrimenti come li fai i like su Instagram?

L’obiettivo è che si arrivi a far circolare almeno un video intitolato “l’arrivo di Elettra Lamborghini alla MFW…” oppure “I Ferragnez seduti in prima fila alla sfilata di…”, allora sì che la Fashion Week può dire di aver funzionato. Altrimenti, gran chissenefrega di chi presenta i suoi abiti. L’importante non sono mica i vestiti costosissimi e di dubbio gusto, ma i personaggi più o meno celebri, più o meno apprezzabili.

Chi è contento della Fashion Week?

Lo potete evincere da questo articolo. Sala è contento (beh ma lui è il sindaco dei ricchi, ci mancasse che non fosse contento). I milanesotti medi sono contenti, quelli con uno scarso amor proprio sono contenti. Tutti quelli che son convinti di aver assimilato la settimana della moda come creatività, energia e apertura verso il mondo sono contenti.

Poi domandi loro cosa esattamente della Fashion Week di Milano trovano pionieristico e ti guardano con la faccia di un tonno perso. Coloro i quali vedono in questa settimana, per me senza più arte né parte, un riscatto del Dio Denaro e del social business, sono contenti. E forse sono gli unici che hanno motivo per esserlo.

Non è infatti un mistero che il potere attrattivo di questa settimana convogli a sé personalità davvero molto ricche. Lusso chiama ricchezza, senza pretesti intellettuali o intelligenti. Semplicemente, accade. E così la Fashion Week di Milano, che già vive di un certo rispetto perché beh, a Milano ci stanno i soldi, diventa un susseguirsi di ostentazione sfrenata, al di là di ogni buon gusto.

Questa Fashion Week è riuscita a essere la più anonima di sempre

Siccome bazzico il mondo della moda da troppo tempo per fingere di non avere un’opinione a riguardo e ho partecipato – assolutamente nolente – a tutte le Fashion Week di Milano dal 2014, comprendo benissimo come il 2021 sarà l’anno più frustrante per chi vuole osannare questo evento. ‘Insignificante‘ è il termine giusto per descrivere ciò che sarà. Tranne i quattro grandi nomi Roberto Cavalli, Dolce&Gabbana e Versace e Roberta Ferretti, gli altri stilisti sono assolutamente anonimi o peggio, quasi da grandi magazzini. Perché li abbiano messi lì è un mistero. Forse per far sembrare i big ancora più colossali.

C’è poi chi nutre grandi dubbi sulla presenza di modelle famose e internazionali sia fra il pubblico sia in passerella. Il concetto è semplice: niente stilisti iper famosi, niente modelle iper famose. D’accordo, sulla passerella i corpi e le espressioni si assomigliano un po’ tutte, dotate di quell’asetticità tipica di chi cammina con le ginocchia storte e le sopracciglia disegnate, però una Bella Hadid alla Fashion Week di Milano avrebbe fatto piacere. Ma non siamo così fichi da meritarcela, quindi ci accontenteremo delle altre modelle meno famose. Tanto non sorridono lo stesso.

Come la Fashion Week di Milano dovrebbe cambiare, in futuro

Quest’anno va così, me ne sono fatta una ragione. Sederò lì, parteciperò forzatamente alle loro conversazioni che mi asciugheranno pure gli occhi mentre i corpi asettici camminano a ‘mo di zombie a due metri da me. Ogni anno, tranne il 2020 per fortuna, la stessa storia. Tutti giovani (più o meno), tutti informati (più meno che più) e tutti desiderosi di dire la loro nel panorama socio-politico (per fortuna pochi ne sono in grado quindi alla fine prendiamo parola io e altri due sciamannati come me), e nessuno che ad oggi abbia avuto la brillante idea di fare la Fashion Week a favore dell’ambiente.

Certo, certo, fare un evento per gli umani per fare un favore all’ambiente sembra una gigantesca presa per i fondelli. Un evento che di sua natura spende e spande, non può essere ecologico, e soprattutto non può essere sostenibile. Ma io non sono una scienziata, quindi magari invece è possibilissimo, solo che è più faticoso. E allora chi mai si vorrebbe sbattere per fare qualcosa che sta acquistando popolarità soltanto adesso?

Si potrebbe decidere che invece di comprare 40 tappeti in microplastica li si compra in materiale riciclabile, oppure non li si compra affatto. Nel 2021 nessuno ha bisogno della cannuccia di plastica dentro il bicchiere di plastica. Fa più elegante? Spiegatelo ai vostri nipoti. La verità è che la settimana della moda di Milano indossa la noncuranza e si volta dall’altra parte per quanto possibile prima di assecondare i bisogni del Pianeta. Perché la moda se la tira, ci crede fino in fondo alla sua importanza e, quel che è peggio, crede di avere diritto ad arrivare in ritardo.

Quel che è certo è che parteciperò a questa Fashion Week, ancora, trascinando la mia riluttanza in giro per le passerelle, arringando quanto più possibile un pubblico che non è pronto ad ascoltare, trasportando con la stessa veemenza le stesse argomentazioni che sto esponendo qui. Qualcuno ascolterà quest’anno?

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