Vi sembra normale che mia figlia tornata a casa da scuola mi chieda preoccupata se è vero che “noi russi siamo cattivi?”
È conosciuto al grande pubblico per Educazione Siberiana, il suo primo romanzo uscito per Einaudi nel 2009, divenuto poi film di successo per la regia di Gabriele Salvatores. Nicolai Lilin, nato in Transnistria nel 1980, è da oltre 20 anni nel nostro Paese. Cittadino italiano, fortemente legato alle sue origini, è un profondo conoscitore del mondo russo.
La gran parte dei millennial italiani non erano ancora nati quando cadeva il muro di Berlino, aiutaci a capire: dopo due anni di pandemia, come ci siamo trovati di colpo nella guerra in Ucraina?
Per comprendere il terribile momento storico che stiamo vivendo bisogna fare un salto indietro di tanti anni. Bisogna risalire al quadro geopolitico che si è delineato dopo la seconda Guerra mondiale. Un mondo diviso in due, dominato a occidente dagli Stati Uniti e a est dall’Unione Sovietica, e condizionato dalla Guerra Fredda.
Negli anni ’80 l’economia sovietica è entrata in una fase di profonda crisi, portando alla fine dell’Unione Sovietica e al suo smembramento. Nel 1991, l’Ucraina ha ottenuto l’indipendenza, ma secondo gli accordi di allora non avrebbe dovuto entrare nell’orbita della Nato. Nel corso del tempo, è avvenuto il contrario. L’Ucraina è nella Nato non ufficialmente ma de facto. Ha partecipato alle emissioni in Iraq, in Afghanistan, nello Yemen, in Somalia. L’esercito ucraino riceve infatti addestramento e armamenti, nonostante il disappunto di Mosca.
Nel 2014, poi l’accelerazione: il cambio del governo in Ucraina, avvenuto in modo non democratico con l’appoggio degli Stati Uniti e l’utilizzo delle forze nazionaliste ucraine, una gran parte dichiaratamente neonaziste. Niente di nuovo: la stessa strategia che gli Usa hanno da sempre applicato in Sud America con l’impiego degli squadroni, della morte gruppi paramilitari di estrema destra in America Latina, che favorirono l’ascesa di molte dittature negli anni settanta e ottanta.
Il conflitto attuale ha il suo inizio dai massacri che l’esercito ucraino con l’aiuto delle milizie nazionalistiche ha compiuto verso le popolazioni filorusse delle regioni del Donbass, territori industriali, dove c’è da sempre una forte identità del movimento operaio. Secondo l’Osce questi eventi hanno provocato tra i 14mila e 16mila morti. La Russia si è sentita isolata e minacciata, nel colpevole silenzio dell’Occidente, fino ad arrivare al tragico momento attuale.
L’unico tuo libro che non è un romanzo, Putin l’ultimo zar, è dedicato proprio all’uomo oggi visto in Occidente come il nuovo Hitler. Chi è Vladimir Putin?
È una figura complessa, che non può essere liquidato come “pazzo assassino” o “brutale dittatore”. Putin è prima di tutto un politico molto astuto, spregiudicato, con lati oscuri. Sicuramente ha una sua visione geopolitica molto definita. Sogna di riportare la Russia sul grande scacchiere internazionale, ha una visione zarista basata sulla potenza militare. Il suo sogno è ricostruire l’impero russo.
Qual è il consenso oggi di Putin in Russia?
La gran parte dei russi sta con Putin, se escludiamo San Pietroburgo e Mosca, metropoli che hanno una mentalità più europea, il resto della Russia, quella profonda, che vive fuori dalle grandi città, ha un modo di vita totalmente diverso da quello occidentale. In Siberia ancora oggi ci sono persone che vivono senza gas nelle case. È una società più brutale, primitiva, sono quindi molto più influenzabili dalla propaganda. I discorsi di Putin hanno un linguaggio diretto alle persone delle periferie, usa spesso lo slang di strada e il gergo criminale. Sono riferimenti culturali che vengono dall’infanzia vissuta nell’allora Lenigrado in mezzo alla criminalità giovanile. La sua vera forza deriva dalla Russia profonda.
La guerra tu l’hai vissuta in prima persona (ndr Guerra di Transnistria nel 1992) che ruolo ha l’informazione e quali sono i canali per farsi un’idea obiettiva degli eventi?
La guerra è un evento talmente forte e caotico che persino le persone che sono coinvolte direttamente nel conflitto fanno fatica a comprendere quello che accade. In guerra spesso capita che diventa impossibile distinguere la verità dalla menzogna. Io comprendo le difficoltà dei giornalisti nel raccontare una guerra, a volte però si cade nella disinformazione volontaria. L’informazione diventa quindi un’arma a disposizione delle parti in causa. Oggi poi ci sono i social che non fanno altro che aumentare il caos, in momenti come questi sono come una grande cloaca dove le fake news diventano l’ordinario. L’esempio più eclatante di questi ultimi giorni è stata la notizia di un mezzo miliare ucraino spacciato per un tank russo che avrebbe schiacciato un auto. In realtà, si è trattato di un incidente stradale, il blindato è slittato e ha centrato l’auto, ma per il web si è trattato di una brutale aggressione dei militari russi contro dei civili.
In questi giorni, in Italia, abbiamo assistito a episodi che hanno fatto gridare alla russofobia: dalla vicenda dell’università Bicocca che ha cancellato un corso su Dostoevskij, alla decisione del sindaco Sala di allontanare dalla Scala il maestro Gergiev; a livello globale invece l’esclusione di tutti gli sportivi russi, compresi gli atleti paralimpici, da tutte le manifestazione sportive. Che effetto ti fa tutto questo?
Sono, a mio parere, tutti episodi diversi ma molto gravi, un modo sbagliato di fare politica riducendo tutto a una questione etnica. Mi fa ancora più male perché tutto questo coinvolge la cultura, che invece di unire, viene calpestata solo perché qualcuno si sente il diritto di usarla come un’arma. L’intervento del sindaco Sala non ha nulla di democratico, è una strada pericolosa che incendia gli animi e porta la guerra qui in Italia. Nella comunità russa italiana c’è forte preoccupazione, paura di esser licenziati perché russi, paura per i bambini che vengono discriminati, paura per le proprie attività lavorative perché boicottate. Vi sembra normale che mia figlia tornata a casa da scuola mi chieda preoccupata se è vero che “noi russi siamo cattivi?”. Mia figlia non sa neanche chi sia Putin. Politici come Sala hanno una grande responsabilità perché tengono le persone nelle loro trincee ideologiche. La cultura andrebbe invece sovvenzionata, non boicottata. È l’unico modo per stabilire un ponte tra persone.
Per concludere, quando terminerà questa terribile guerra? Siamo di fronte a nuovo ordine mondiale?
I miei pensieri sono tutti per i civili che stanno soffrendo per una guerra crudele; se mi chiedi però di fare una valutazione geopolitica non posso non notare che è da qualche anno che il mondo va sempre di più verso oriente, verso la Cina. Gli Stati Uniti non hanno più l’egemonia di un tempo, credo sia poco saggio forzare la mano con la Russia di Putin. Siamo a un cambio totale della politica mondiale, l’Ucraina è purtroppo una moneta di scambio. Mi auguro che si vada al più presto a un negoziato, Angela Merkel è la persona più adatta per portare avanti una trattativa che porti alla pace. Putin non vuole fare una guerra di occupazione, ma arrivare a un tavolo di trattativa da una posizione di forza. Le trattative si basano sempre su uno scambio, un dare e avere, tutto questo porterà a una divisone dell’Ucraina, probabilmente seguendo il corso del fiume Dnepr. Dopo gli accordi con l’Ucraina, un tema molto importante sarà capire come si svilupperanno i rapporti con l’Occidente. In questo senso il grande tema di come gestire il tema dell’approvvigionamento energetico, sarà essenziale per capire i futuri destini del mondo.
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