Nostalgia boomer e X: quanto dei vostri “bei tempi andati” siete disposti a sacrificare?

25 Agosto 2022
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C’era una volta e ora non più. Non ci sono più le stagioni di una volta, le lettere scritte a mano, quei tempi in cui – come canta Vasco – si potevano mangiare anche le fragole. Riflessione sui tempi rimpianti da GenX e Baby Boomer

Il mondo corre veloce verso un futuro che ingoia in tutta fretta il presente e soffre di nascosto per un passato ormai troppo lontano che non è permesso rimpiangere, senza prima pagarne il prezzo.

Dalle finestre, in quelle mattine d’alba e d’estate, si sente ancora, come in una poesia di Leopardi, il suono degli uccellini, sui rami, in attesa dell’autunno. Le voci dei bambini per le strade, invece, così come le biciclette con i cestini in fiore, non ci sono più. Nessun bambino suona più il citofono per poi scappare via.

L’ultima generazione ad aver vissuto tra i cortili fu quella coniata dallo scrittore canadese Douglas Coupland, i nati tra il sessantacinque e l’ottanta. La X generation. Ci si incontrava per le strade, ci si innamorava seduti al bar e si riusciva persino a fare qualcosa che oggi, per giovani e bambini, sembra esser diventato un sogno velleitario. Si parlava, guardandosi negli occhi, senza aspettare la spunta blu in decisione del passo successivo. 

Il nuovo sembra sempre più nero agli over 50

Il cambio generazionale, così come l’evolversi incessante del tempo, porta con se cambiamenti e mutazioni d’anima. La letteratura ci insegna come, in ogni luogo, tempo e spazio, il progresso sia sempre stato dipinto di nero da chi lo subisce in sostituzione del passato.

Ogni analisi possibile assumerà un’accezione negativa se non si è disposti a far crollare i paragoni, pilastri saldissimi nel cuore dei romantici. Il cinismo è linfa vitale del progresso, niente sarebbe stato inventato o messo al mondo in sostituzione di qualcosa senza un pizzico di sano cinismo verso il passato.

Un messaggino su WhatsApp non avrebbe avuto alcuna chance neanche con l’ultimo dei romantici. Eppure, i bambini d’oggi non hanno alcun dubbio: tv, tablet e schermi di ogni genere sono molto meglio di carta e penna o perlomeno, così gli è stato fatto credere.

Quando si parla di bambini, infatti, non bisogna mai perdere di vista chi li ha cresciuti. E a chi sta contribuendo consapevolmente o meno, a costruire molti degli schemi di questo tempo tra i banchi di scuola e in quello futuro, il tempo in cui, auspicabilmente, metteranno al mondo se stessi. 

William Burroughs diceva “Non ci sono mai spettatori innocenti – la domanda giusta è pur sempre – Cosa ci fanno lì, in primo luogo?”. Quando si viene al mondo, l’intero universo legato alla mente di un bambino è un foglio bianco sopra al quale scriverà la vita. Pertanto, forse, prima di analizzare tutte le considerazioni possibili sui bambini e il loro modo di comunicare, scrivere, difendersi e osservare il mondo, dovremmo farci una domanda.

Ovvero: chi ha mostrato loro come si fa? Partendo dalla risposta e mettendo la responsabilità davanti all’ego, si potrebbe ripartire con un approccio diverso, che non sia nuovo né vecchio. Ma che porti a reprimere l’istinto di puntare il dito, con un approccio più vicino al senso del giusto. A patto, chiaramente, di sapere quale sia. 

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