Considerate per decenni il passaporto per la disoccupazione, le lauree umanistiche rischiano di vivere il loro momento d’oro. Grazie al fatto che gli algoritmi sono capre! capre!, capre!
Prequel: cresce l’aspirazionalità del Liceo Classico. Quello che molti genitori consideravano mediamente un prestigiosissimo scatolone di polvere è nella mente della generazione Z una specie di percorso iniziatico stile Obi-Wan Kenobi verso il lato luminoso del futuro. Il perché non è chiaro, ma è prevedibile l’evoluzione del fenomeno, ovvero l’assalto prossimo venturo alle facoltà di Lettere, Lingue, Filosofia, Storia e compagnia bella.
Ingegneri che hanno letto Freud
Dicono all’American Academy of Arts and Sciences che chi segue una laurea in discipline umanistiche avrà in futuro soddisfazione e stipendi uguali o di poco inferiori rispetto alle facoltà scientifiche o tecnologiche. Il motivo dovrebbe essere che le aziende, sempre più impegnate a insegnare ai robot a diventare umani, vogliono qualificazione tecnica ma anche cultura umanistica. L’intelligenza artificiale deve saperne di filosofia, di storia, di scrittori, deve insomma capire l’uomo. Il che è di base il senso stesso delle materie umanistiche.
Sì ma dove si va poi a lavorare?
Finanza, vendite e servizi, dice chi studia i posti di lavoro del 2025. Le aziende infatti sembrano attratte dalle competenze intellettive umanistiche nell’ambito del digitale e tech, dell’ecommerce e dell’ e-publishing, oltre che dell’influencer marketing. Se vogliamo essere precisi, linguistica e semiotica si configurano come le competenze migliori per istruire i robot. E noi che abbiamo avuto Umberto Eco dovremmo essere eccellenza del settore. Dici intelligenza artificiale e pensi subito ad Amazon, ma le opportunità sembrano essere molte ma molte di più. Tutte quelle che lavorano su machine learning o speech recognition. Forse anche per questo Apple ha messo un annuncio: cercasi ingegneri informatici con skill psicologici. Embé…
LEGGI ANCHE:
Le migliori università secondo i millennial
La famiglia giapponese e la scuola dei figli