Tropico del cancro verrebbe censurato anche oggi. Siamo una generazione di bigotti!

23 Giugno 2019
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Correva il 1934: fu pubblicato Tropico del Cancro, libro destinato a suscitare scandalo nella società perbenista degli anni Trenta, persino nella libertina Parigi. Nel romanzo, Henry Miller fa un resoconto dettagliatissimo eppure ironico delle imprese erotiche che lo vedono protagonista insieme a un gruppo di scalcagnati amici…

L’intero romanzo sembrerebbe riassumersi in orge, bevute, scopate, tradimenti e case chiuse.

Ai tempi Tropico del Cancro destò scalpore, pruriti in più di una signora perbene, e fu tacciato di pornografia perché metteva sulla pagina ciò di cui la letteratura raramente aveva parlato: il sesso ma anche il desiderio e il gusto di vivere la vita senza altra guida che il proprio piacere.

Ma se quelle pagine, così vivide nel descrivere (seppure da un punto di vista maschile) corpi, fluidi e orgasmi, si rivelassero scabrose anche oggi?

Tropico del Millennial

Noi Millennial, che tanto ci vantiamo di aver sdoganato qualsiasi pratica, ogni fantasia possibile immaginabile, non scriviamo quasi mai di sessualità sui social (no, gli insulti non valgono). Pensiamo se invece oggi Henry Miller aprisse un account su Instagram dove mette foto innocue, senza capezzoli intendo, ma scrive delle sue scopate epiche.

Sapete cosa accadrebbe? All’inizio forse nulla, tranne l’invida di qualche scrittore erotico mancato, ma non appena si addentrasse nei meandri di un discorso più articolato sul sesso potrebbe essere segnalato per aver violato la policy della piattaforma.

No, non è possibile, dite? Eppure è quello che è accaduto in tutto il mondo di recente a moltissimi account Instagram che parlavano di sessualità (per citarne alcuni italiani Virgin and Martyr, Le Sex en Rose e Clitoridea). E non per vantarsi della proprie gesta ma per instaurare un dialogo e un discorso positivo e inclusivo sul sesso e sulle relazioni.

Instagram Inquisitore

Cosa fa allora Instagram? Blocca per violazione della policy e contenuti inadeguati e poi, dopo ripetute segnalazioni e proteste, ripristina il tutto. Nel frattempo, però, manda tacitamente un segnale che sa tanto di censura: “state attenti perché non c’è certezza che domani non vi si blocchi di nuovo, la prossima volta prima di parlare di masturbazione o sexting pensateci bene”.

Come mai a essere bersaglio della censura sono soprattutto (e quasi sempre) i profili che parlano di sesso? Come mai poi proprio quelli che ne parlano non in maniera offensiva o discriminatoria ma positiva e senza pregiudizi?

Forse è arrivato il momento di riesumare lo spirito milleriano, scrivere le cose come stanno e iniziare a porsi domande serie sulla libertà di espressione e pensiero, su cosa sia giusto o meno. Sicuri che a essere “inappropriati” siano gli account e le persone che parlano di sesso? O forse lo sono quelli che inneggiano alla violenza, all’odio razziale o in generale alla discriminazione?

What is “cose inappropriate”?

La prossima volta che aprirete un social provate a contare le “cose inappropriate” secondo la policy di Instagram o Facebook (tra l’altro non definita ma, tanto per dare un’idea, no a macchie di sangue mestruale o capezzoli nelle foto e temi sessuali nei post). E confrontatelo in quantità con ciò che è inaccettabile per chi sia dotato di un certo livello di umanità e intelligenza. Vedrete che il secondo tipo di contenuti supera di gran lunga il primo e non viene censurato affatto.

È questo il futuro che vogliamo, chiedetevelo, chiediamocelo tutti, perché forse la cosiddetta “liberta di espressione” tanto decantata dai social di oggi allora non è poi così libera.

 

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