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Sono stato nel sito dell’Inps: ne sono uscito salmone

3 Aprile 2020
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Il mio pesce d’aprile è stato un salmone. Meglio, il primo aprile sono stato proprio un salmone dell’Atlantico, magari uno di quelli trapiantati in Nuova Zelanda. Ovvero: non c’entravo un emerito catzo in quel contesto per nulla Pacifico ma ci ero finito lo stesso.

Il mio contesto di certo non è stato l’oceano, confinati come siamo nei nostri bunker di elenchi di cose da fare, ma il sito dell’Inps. Sì, avete capito bene: la pagina internet dell’Istituto nazionale della previdenza sociale. Proprio quella che il primo aprile è stata presa d’assalto da un numero ineguagliabile di partite iva e lavoratori autonomi pronti ad azzannare il modulo per il bonus di 600 euro previsti dal Decreto Cura Italia per farli rifiatare.

Sito dell’Insp, il disastro

Centinaia di connessioni al secondo che hanno fatto implodere la banda del sito Insp.it. Tanto che, a un certo punto, gli utenti che cercavano di caricare i loro dati si ritrovavano a scoprire vita e miracoli di altri incolpevoli autonomi.

Così tu, anziano artigiano dell’Alto Lodigiano, convinto di caricare i tuoi affari dal divano della tua villetta bifamiliare, ti trovavi davanti una lastra sulla vita economica di un giovane grafico di Roma, che magari poco prima aveva uploadato tutto dal suo Mac appoggiato alla scrivania sotto il letto a soppalcato nel monolocalino a Garbatella.

Inps, tutti in fila per i 600 euro

Un delirio completo, con migliaia di connessioni e incroci. Tutti lì in contemporanea per una sola ragione: per i 600 bigliettoni promessi dal Governo Conte. Tutti, insomma. Tutti, tranne me che al momento godo dei vantaggi di un contratto subordinato. Da buon papà millennial, la mia missione quel giorno sul sito dell’Inps era un’altra: il ‘Bonus bebè.

Non è altro che un assegno mensile che il Governo sborsa direttamente nelle tasche delle famiglie per i nuovi arrivati. In proporzione alla loro ricchezza – che suona più figo tanto non c’è un tetto Isee – o, se preferiamo, in base alla loro povertà – quando l’unico pesce che conosci realmente è il tonno pescato con le bombe a mano, quando è in offerta al discount. Non so nemmeno a quanto ammonti il bonus perché con ogni Legge di Bilancio cambiano i parametri e quindi ciao.

L’unico Bonus bebè della giornata

Il mio tempismo pessimo, però, non poteva essere nemmeno corretto perché c’è un limite di 90 giorni dalla nascita per chiedere il Bonus bebè e non perdere alcun mese. E, ovviamente, mio figlio nato il 3 gennaio, al primo di aprile, aveva già 89 giorni. Da determinato papà millennial salmone, dopo aver nuotato per un po’ contro la corrente indomabile delle partite iva, fidandomi degli annunci Inps sul pronto ripristino della situazione: ho aspettato il tardo pomeriggio. Ma nulla.

Quando le rapide finalmente si sono calmate, già oltre la mezzanotte del 2 aprile, quindi al novantesimo giorno di vita dell’interessato, il sito dell’Inps ha ripreso piano piano – pianissimo – a funzionare. Così, per riuscire ad uploadare la mia richiesta controcorrente ho dovuto ripetere l’operazione per credo una sessantina di volte.

Circa tre ore per un’operazione che, in tempi di acque diafane e lente, avrei completato in non più di venti minuti. Arrivato a destinazione, non mi resta che attendere l’esito della domanda. Sono convinto che mio figlio di tre mesi riceverà il suo Bonus di 600 euro, come si deve. Il rebus, semmai, sarà scoprire a quale partita iva in Italia andrà il suo Bonus bebé.

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