Tra tutorial e pandemia covid, è boom del trading online
Negli ultimi anni il trading online stava lentamente guadagnando spazio, ma il coronavirus e le nuove abitudini imposte dalla pandemia gli hanno dato la spinta definitiva. È il presente e, a quanto pare, sarà il futuro.
Il boom del trading online è un dato di fatto: non solo per i numerosi tutorial che affollano la rete ma anche per via delle restrizioni che hanno costretto gli italiani, e non solo, a stare in casa. Nell’ultimo anno una parte importante della nostra vita si è spostata online.
Investire online: il caso Gamestop
E anche gli investimenti, ovviamente. Ma i recenti casi di comportamenti collettivi che hanno creato veri e propri scossoni finanziari, come quello di Gamestop, ci portano ad una domanda: quante sono le persone che fanno trading online in Italia? Risponde puntuale Truenumbers.it.
Dobbiamo iniziare dicendo che già nel 2019, appena prima del covid, e negli anni immediatamente precedenti, il fenomeno aveva preso piede, complice l’emergere delle criptovalute a fine 2017. Se i broker autorizzati, gli intermediari che consentono le negoziazioni online, erano 128 nel 2014 ed erano scesi a 118 nel 2015, dopo questa data hanno ripreso a crescere, diventano 120 nel 2016, mettendo a segno un incremento del 10% nel 2017 arrivando a 132 e poi a 138 nel 2018, ma vivendo un vero e proprio boom nel 2019 quando sono diventati 242.
Fare trading online in Italia
È molto difficile dire quanti sono gli italiani che si sono messi a fare trading online, comprando e vendendo azioni e soprattutto facendo operazioni molto più sofisticate che coinvolgono futures, derivati, agendo sul Forex.
Nonostante non tutti coloro che hanno un conto online possiedano un portafoglio titoli, si calcola che siano 2,2 milioni coloro che gestiscono in autonomia il proprio portafogli online. E tra questi i più assidui, coloro che fanno trading tutte le settimane, sono comunque circa 215 mila. Si tratta di un dato del 2019 che però, dobbiamo immaginare, è cresciuto nel 2020.
I broker per fare trading online
Se c’è un ambito in cui è più evidente di come la globalizzazione, attraverso il web, influenza la vita dei cittadini, e di come tale impatto sia in aumento, questo è il trading online. Nel 2016 su 132 broker allora autorizzati gli operatori esteri erano 106 , tra l’altro senza succursale. Vuol dire che i broker italiani non solo non sono aumentati, ma sono addirittura diminuiti.
In particolare i broker esteri hanno ufficialmente la propria sede soprattutto in Paesi come Cipro o nel Regno Unito, per motivi fiscali e di expertise nel mondo della finanza. E sono attivi in particolare sui mercati più sofisticati, quelli dei derivati, come i CFD, i contratti differenziati, il cui valore deriva, appunto, da quelli dei sottostanti, che possono essere obbligazioni, azioni, cambi o altre tipologie di asset, come anche l’oro o di recente i bitcoin, che secondo alcuni analisti potrebbe sostituire l’oro come bene rifugio. Sono attivi naturalmente anche sul Forex, ovvero sul mercato dei cambi tra le principali monete.
Boom del trading online col coronavirus
Durante il lockdown più duro, quello che ci ha interessato tra marzo e maggio del 2020, il traffico web ha avuto un incremento senza precedenti, per ovvi motivi. Anche se non vi sono numeri precisi su quanti hanno cominciato a operare allora sul trading online molto indicative sono state le ricerche online collegate a esso. Basti pensare che le ricerche su parole chiave come CFD, Forex, azioni futures sono decollate da 1,5 milioni al mese a 3,6 almeno nei mesi del lockdown. Il volume è poi diminuito, ma rimanendo al di sopra del valore del 2019.
Il trading online appare quindi ormai come un dato di fatto, un altro dei molti fenomeni che la rivoluzione digitale di questo inizio di millennio ha prodotto, trasformando l’economia e la finanza anche domestica.
Le insidie del trading online
Naturalmente le insidie sono molte. La Consob e il suo corrispettivo europeo, l’Esma, mettono paletti e limiti, vietando per esempio leve finanziarie superiori a 30 a 1, e cercano di informare sui pericoli per i sempre più trader inesperti che si stanno approcciando a questo mondo.
Sia quelli più espliciti, che provengono da quei siti spesso non autorizzati che attirano il navigatore in rete con bannere pop up pubblicitari, sia quelli presenti anche nelle operazioni effettuate con broker pur riconosciuti. Perché è emerso per esempio da un’indagine dell’Ema, la Consob francese, che 9 investitori nel Forex su 10 sono in realtà in perdita, così come in perdita sono anche circa il 70% dei conti che operano nei CFD. Come alla roulette solo il banco vince quasi sempre.
Foto in copertina di Paolo Margari (Flickr, licenza creative commons)
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