Aveva 63 anni e si era imboscato da qualche parte con una 23enne. In via Pradella, una zona periferica di Rimini
È morto Zanza, all’anagrafe Maurizio Zanfanti. È morto come tutti quelli che, pur vivendo in provincia hanno goduto di un passato glorioso. Perpetuando il suo stesso mito, credendoci fino in fondo, fino all’ultimo. Stava facendo l’amore. Con una 23enne. Dell’Est Europa.
Si è sentito male, e proabilmente ha capito che gli era venuto quello che in Emilia Romagna è definito lo “scarabaccein”, l’infarto. L’ingresso definitivo in quella bruma felliniana in cui senti le trombe delle navi e Caronte viene a prenderti e ha gli occhi di bagnino.
Era il re dei vitelloni riminesi. Aveva 63 anni e si era imboscato da qualche parte con una 23enne. In via Pradella, una zona periferica di Rimini dove Zanfanti possiede un terreno agricolo. Capito? Un terreno agricolo. Puro personaggio felliniano. È stata lei a dare l’allarme ma non è servito. Era già morto, come si muore in una barzelletta raccontata alla Sangiovesa di Santarcangelo di Romagna: «Ansimava ansimava, me a credeva che il vgneva, invezi andava».
Zanza Zanfanti negli anni Settanta lavorava al Blow Up, locale riminese, e lì era diventato il latin lover. Raccontava di aver avuto rapporti con migliaia di turiste. Migliaia. Un piccolo Rocco Siffredi che non capì mai come farci il grano con il sesso. Peccato.
Zanza era ancora dentro il mito da lui stesso creato. Con la sua frangetta bionda, la camicia aperta sul petto abbronzato. Era il conquistatore italiano immaginato dalle turiste straniere che arrivavano in Italia tra gli anni ‘70 e ‘80.
E quella era la Rimini di Pier Vittorio Tondelli, no limits, no gender, il sesso, l’eroina, l’aids. Poi arrivarono le smart drugs, le MDMA, l’ecstasy le grandi discoteche della Collina.
Zanza non era un felliniano malinconico, però. Era carnale e godereccio. Ed era il classico romagnolo che o muore schiantandosi in moto sulla Romea, o accoppiandosi con una donna bionda con un po’ di eritema solare.
Pantaloni in pelle, stivaletti, capello biondo e lungo. È così in tutte le foto. Si sentiva benefattore, era generoso e stoico, non aveva paura, non aveva nevrosi. Forse. Ci piace pensarlo. Perché a noi millennial servirebbe studiarlo a scuola uno così.