I Millennial fanno meno sesso dei panda. Chi si estinguerà prima?

15 Luglio 2020
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Ormai è stato appurato che noi millennial non facciamo sesso, o ne facciamo pochissimo, e quest’anno, con la diffusione del Coronavirus, la tendenza si è ulteriormente consolidata. L’hanno definita drammaticamente “recessione sessuale dei millennial”, prendendo a prestito un termine utilizzato in economia, che significa che non si è in grado di sfruttare completamente la propria capacità produttiva. Se la recessione diventa cronica, si parla di depressione.

 

I Millennial e il sesso: un rapporto difficle

Considerato che gli studi pubblicati risalgono al 2016 e che la situazione non sta affatto migliorando, mi sembra evidente che più che recessione siamo già nel pieno di una “depressione sessuale dei millennial”.

Come ho già avuto modo di dire, il sesso non dovrebbe essere un dovere, dovremmo invece farlo quando ci va, ma ho anche constatato che farlo quando lo desideriamo non è sempre facile, anzi.

La tecnologia ci castra?

Di fatto la tecnologia, ideata per semplificarci la vita e permettere di avvicinarci (si pensi alle app di incontri), spesso sortisce l’effetto contrario e preferiamo starcene per conto nostro anziché incontrare persone e metterci nella condizione di poterci fare sesso. Mi pare di capire che la nostra generazione sia meno prona all’improvvisazione e al cambiamento. Sicuramente continuiamo a portarci appresso una cultura profondamente influenzata dal cristianesimo, ma Internet e i dispositivi mobili sono riusciti a essere più pervasivi di dio.

 

 

Ho ragione di credere che le persone siano estremamente interessate al sesso e avrebbero piacere di farlo, ma c’è uno stato di inerzia e timore, quest’ultimo dovuto al fatto che continuiamo ad avere enormi problemi a relazionarci coi nostri desideri (sessuali). Ma – a differenza del passato – questo ci inibisce. Mentre un tempo – complici discriminazioni di genere e ruoli non messi in discussione, non in modo diffuso, se non altro – probabilmente c’era la tendenza a soffocare tali paure e quei desideri venivano assecondati senza apparenti remore, usando privilegi e potere in modo disinvolto, adesso invece si tende a soffocarli od orientarli altrove.

Arraparsi è offensivo?

Intendo dire che, anziché fare i conti col nostro arrapamento, lo soffochiamo perché temiamo che esprimerlo possa essere offensivo per altre persone e mortificante per noi. Questo accade specialmente ai maschi (eterosessuali) abituati a dominare la scena, a farsi sedurre sapendo di stare conducendo il gioco a modo loro. Adesso che si stanno sdoganando temi relativi alla rape culture (cultura dello stupro, molto più complessa e sfaccettata dello stupro inteso come violenza fisica esplicita) e che certi comportamenti sono stati condannati perché molesti se non abusanti, c’è un piangere miseria di molti uomini che dicono “E ma allora come ci dobbiamo comportare?! Non si può più fare nulla!”.

No, carini, non è che non potete provarci o farvi una scopata, vi viene solo chiesto di essere delle persone decenti: pensate di poterci riuscire o per voi provarci con una persona equivale a importunarla?!

Dal mio punto di vista, quindi, non si fa sesso perché in tanti non hanno ancora capito la differenza tra molestia e legittima esplicitazione dell’interesse e, dall’altra parte, molto spesso questo interesse viene vissuto in modo umiliante perché si ha innanzitutto difficoltà col proprio desiderio. Non è un problema individuale, ma della Società e del suo modo di rappresentare il sesso come qualcosa di speciale, sacro, intoccabile: con una narrazione del genere, come minimo si possono provare imbarazzo e disagio.

 

Le chat: il nostro bambù

Così diventa molto facile sottrarsi al conflitto e rinchiudersi sui social per portare avanti chat infinite, magari ripiegare sul sexting, distrarsi coi porno, tutte pratiche di per sé innocue, se non fosse che sono diventate un surrogato del sesso.

La mia amara conclusione è quindi che non lo facciamo perché abbiamo paura di quello che proviamo e di come lo proviamo, riflettendo questi timori su altre persone, molto spesso addossandoli su di loro, per deresponsabilizzarci in modo più o meno consapevole.

 

È anche per questa ragione che sono convinta che faremo sempre più sesso tecnologico, da soli o in compagnia. Per ridurre lo stress del conflitto, ma sono anche convinta che questa tendenza sia destinata a mutare e che la tecnologia ci verrà incontro.

Viviamo nel paradosso di voler perdere il controllo, ma al contempo sottoponiamo tutto ad attenta ispezione per accertarci che corrisponda a rigidi standard che ci siamo imposti, eppure secondo me tutto questo parlare di sesso e di porno, la volontà di mettere in discussione pratiche, generi e narrazioni sta arricchendo il dibattito.

Bisogna lasciarsi coinvolgere e fare rete. Abbiamo la tecnologia dalla nostra, se usata in modo consapevole è un’ottima alleata per del sesso soddisfacente – intelligenza permettendo e non parlo di quella artificiale, ma della nostra.

Non scopi? Governo ladro!

Non sono gli strumenti a distanziarci ma le disposizioni delle autorità, quindi il fatto che non facciamo sesso dipende da come viene gestita la socialità. Usiamo i nostri dispositivi per incontrarci e stare assieme, il vero gesto ribelle è uscire dalla comfort zone virtuale e fisica. Non ci sono virus che tengano: basta fare i test e usare le dovute precauzioni (lavarsi bene, utilizzare metodi barriera tra cui adesso ci tocca annoverare anche la mascherina) anche perché in futuro ne arriveranno di nuovi e diversi, non potremo isolarci per sempre, ma possiamo trovare nuove strategie per uscire da questa depressione sessuale.

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