Online si trovano moltissimi articoli che parlano del rapporto tra visione di materiale pornografico e impatto sulla propria vita e sessualità. Facciamo un po’ di chiarezza.
Vengono menzionate indagini statistiche, ricerche sociali, numeri, dati, percentuali come per esempio un articolo spagnolo che ho letto tempo fa e il cui titolo tradotto recita “L’effetto del porno: il 55% degli adolescenti vuole imitare pratiche che denigrano le donne”, dove si menzionava una ricerca condotta da Save The Children in Spagna.
Per ragioni linguistiche e contenutistiche ho chiesto aiuto a Tommaso Flaminio, logico matematico, ricercatore presso l’Istituto di ricerca sull’Intelligenza Artificiale di Barcellona, Spagna. Appassionato di logica della causalità, Flaminio mi spiega che da ormai molti anni, e grazie alla spaventosa capacità di calcolo dei moderni computer, i dati vengono raccolti, incrociati e analizzati dalle macchine, e non è per niente facile spiegare a una macchina se fra dati simili esista una semplice correlazione oppure una vera e propria causalità (ossia un principio di causa-effetto).
Che cosa sono le correlazioni spurie? No, non è una pratica BDSM
«Tyler Vigen, oltre ad avere aperto un sito a riguardo, sull’argomento ci ha anche scritto un libro – mi racconta – Pubblica quelle che in statistica vengono definite “correlazioni spurie”, ossia correlazioni non causali. Per esempio la spesa degli Stati Uniti in scienza, spazio e tecnologia messa in relazione ai suicidi per impiccagione, strangolamento e soffocamento ha un indice di correlazione del 99,79%. È ovvio che – per quanto possano essere correlati – non sono causali l’una degli altri e per questo tali correlazioni vengono chiamate “spurie”. Possiamo incrociare milioni di dati e ottenere tassi di correlazione elevati, ma questo non significa che le due componenti si influenzino vicendevolmente.
Queste correlazioni non stanno né in cielo né in terra, un essere umano non lo farebbe e mai – spero – mentre le macchine incamerano milioni di dati e li correlano, generando spesso quelle che noi umani consideriamo correlazioni spurie, appunto.»
Flaminio mi spiega che pertanto, anche in questo caso specifico, ammesso che esista una correlazione tra il numero delle persone che guardano porno e la messa in atto di pratiche considerate umilianti e degradanti per le donne, non è detto che fra essi ci sia un rapporto di causa-effetto.
Porno: da grandi poteri derivano grandi responsabilità
«Capire le cause di un fenomeno è sempre molto difficile – prosegue – Consideriamo i farmaci, per dirne, una. Molto spesso sappiamo che hanno degli effetti positivi rispetto ai disturbi o alle patologie per cui vengono assunti, ma ci vogliono anche anni per comprendere quali siano effettivamente le ragioni di tali effetti positivi, ecco perché non vengono commercializzati immediatamente ma sono necessari dei periodi di prova chiamati “trial”. Possiamo fare delle supposizioni, ma non possiamo dire con certezza se due o più fenomeni oltre a essere eventualmente correlati siano anche legati dal principio di causalità.
Con la pornografia secondo me c’è un problema di fondo legato alla morale. Il porno racconta il sesso e chiunque – più o meno e al netto delle eccezioni – fa sesso. Se è vero che la pornografia influenza il comportamento delle persone, ciò le conferisce un potere sconfinato e allora si può fare leva su questo sia in senso positivo che negativo».
Per esempio rappresentando più atti sessuali in cui le persone utilizzano metodi barriera?
«Esatto! Partendo da questo assunto, se in tutti i filmati porno le persone utilizzassero il preservativo o i guanti, per esempio, dovremmo vedere un aumento dell’uso di tali dispositivi nei rapporti sessuali. Ma è realmente così?»
Le correlazioni che vengono pubblicate sembrano pretestuose, il tentativo sbilenco di mettere in cattiva luce la pornografia tout court.
Se non ci fossero scene di rough sex, le donne verrebbero trattate meglio nella Società? I film porno durante la cosiddetta “Golden Age of Porn” includevano scene e rapporti meno irruenti di quello attuale ma la Società era meno paritaria di oggi (nonostante anche adesso non sia messa benissimo, va detto).
Si stava meglio quando ci si masturbava peggio?
Se il porno online fosse davvero così pervasivo, allora dovremmo dedurre che le popolazioni senza accesso a Internet non siano violente, il che è palesemente falso, visto che la nostra stessa Società non ha avuto accesso a Internet fino a 30 anni fa e non mi pare che le donne venissero trattate meglio, fuori o dentro il contesto sessuale, probabilmente una delle differenze è che adesso se ne parla pubblicamente.
Si trascura il fatto che sia desiderare che mettere in pratica un certo tipo di dinamiche relazionali e sessuali, ispirate o meno dal porno, è un gioco scelto dalle persone coinvolte, a prescindere dal genere, altrimenti si rischia di avallare l’idea che tutto ciò che viene fatto con irruenza nell’intimità sia un abuso. Forse ci piace fare sesso più violento, forse i diritti che stiamo acquisendo in Società, nonostante la strada sia ancora lunga e tortuosa, ci fanno venire voglia di mollare le briglie nel privato. Non ho risposte in tale senso, solo ipotesi che propongo come stimoli per un dibattito.
Perché ascoltare gli adolescenti?
Penso inoltre che, oltre a sottoporre pre-adolescenti e adolescenti a indagini statistiche, sarebbe meglio starli ad ascoltare davvero, cercare di capire cosa cercano nel porno senza giudicarli, oltre a fornire indicazioni utili per una vita sessuale consapevole e soddisfacente.
Per essere delle guide responsabili e capaci dovremmo stare a sentire le persone più giovani, visto che ci arroghiamo presuntuosamente il diritto di parlare per loro, anche se con l’intenzione di fare il loro bene; dovremmo farci da parte e comprendere che non sempre quel bene corrisponde a quello che loro desiderano per sé.
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