Respira yoga. Blocchi che bloccano e blocchi che sbloccano

19 Gennaio 2022
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Un blocco. Cos’è?

Proviamo a rispondere senza consultare Wikipedia, e senza scomodare la nostra memoria storica per andare a cercare in quelli che noi millennial conoscevamo un tempo come dizionari. Io lo definisco come un qualcosa, appartenente al mondo fisico o a quello emotivo, che ostacola il dispiegarsi di un qualcos’altro. Questo cos’altro non deve essere per forza conosciuto. Ecco che spesso esclamiamo: “Per andare avanti devo superare questo blocco!”. Questo blocco, blocca.

Oppure.

Un blocco. Un oggetto di forma rettangolare. La sua composizione può variare, può essere di diversi materiali. Si utilizza nello yoga come supporto. A meno che non sia di cemento (e in quel caso non ne consiglio l’utilizzo). Questo blocco, sblocca.

Come sbloccano i blocchi?

«Sono in piedi all’inizio del tappetino. Sono concentrata sul suono prodotto dalla respirazione Ujjayi, il respiro mi guida. Inspiro. Piego leggermente il ginocchio sinistro e contemporaneamente sollevo la gamba destra. Sposto lievemente il peso del busto in avanti per mantenere l’equilibrio. Oddio, ora perdo l’equilibrio. Si, ho paura di cadere. La prof mi passa un blocco. Oltraggio!».

All’inizio i blocchi si guardano sempre con diffidenza. Sembra che stiano lì a ricordarti che hai bisogno di supporto, che non ci arrivi, che non ce la fai. Poi li provi, impari a utilizzarli correttamente e con la pratica ti rendi conto che sono strumenti fondamentali. Ti permettono di capire come entrare nella posizione corretta, di esplorarla e così mano a mano, rilassando alcuni muscoli, possiamo percepire cosa accade all’interno del nostro corpo e come la respirazione, e alcuni impercettibili movimenti, ci guidano verso l’allineamento. Impercettibili fino a quando siamo concentrati sul cadere.

«Continuo il movimento posizionando il blocco verticalmente sul tappetino come prolungamento delle mie braccia, distese verso il basso. Lo uso come punto di riferimento. Distendo la gamba sinistra e sollevo completamente quella destra. Mento verso lo sterno, collo attivo. Sguardo in un punto fisso, a terra. Inizio a navigare nella posizione, apparentemente immobile».

Ogni corpo è diverso quindi non tutte le indicazioni valgono per tutti. Questa consapevolezza ci permette di iniziare a instaurare un dialogo con il nostro corpo: esplorando ogni minima sensazione fisica che proviamo in ogni posizione possiamo andare sempre più a fondo, fino a riuscire ad abitare un asana.

«Grazie al blocco smetto di pensare alla possibilità di cadere e così mi accorgo che avevo ruotato il bacino. Lo riporto verso il basso e mi concentro sull’allungamento della colonna vertebrale, immaginando che due fili mi stiano tirando in direzioni opposte. Pian piano sollevo le braccia e unisco le mani al centro del petto. Poi allungo le braccia in avanti. Posizione del Guerriero III».

Con aiuto e poi, con il passare del tempo e con una pratica costante, senza aiuto. Ma in alcune posture il supporto servirà sempre. Difatti come dicevo prima, ogni corpo è diverso e alcuni non permettono proprio strutturalmente di riproporre un asana. È non è questione di giusto e sbagliato. Tutti, anche la super prof di yoga si sarà dovuta arrendere di fronte a madre natura. Non siamo noi sbagliati, siamo tutti stupendamente diversi. I blocchi ci aiutano ad accettarlo, ad accettarci.

Impariamo così a riconoscere i blocchi che incontriamo sul nostro cammino. Più questo processo introspettivo va avanti, in maniera più o meno consapevole, e più ogni blocco si trasforma in una possibilità di crescita.

Accade poi che i blocchi che sbloccano, sbloccano anche dai blocchi che normalmente bloccano.

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