Cos’è la scrittura terapeutica e perché dovremmo prenderla in considerazione?
Ecco uno strumento semplice ed economico che può essere di grande aiuto nelle situazioni di stress psicologico
Può essere capitato a molti di affrontare un periodo complicato, in cui ci si sente demoralizzati, stressati o bloccati psicologicamente, senza riuscire a trovare una via per stare meglio.
La scrittura, infatti, ha una valenza terapeutica e sono tanti gli studi che ne evidenziano i benefici. Ma perché può essere utile alla nostra salute psicofisica? È molto semplice: se affrontata con il giusto approccio, quest’attività può aiutarci a bypassare il cosiddetto “pilota automatico”, ossia il pensiero cosciente, quell’insieme di convinzioni e sovrastrutture mentali con cui viviamo la vita di tutti i giorni e che tende a farci reiterare le stesse azioni e gli stessi schemi, portandoci, spesso, a commettere i medesimi errori all’infinito.
Vivere con il pilota automatico costantemente inserito non facilita il superamento di momenti difficili o di stati d’animo negativi. In questi casi, invece, serve staccare la spina, allontanarsi dal mondo che ci circonda e guardarsi dentro, perché è proprio lì che si trovano le risposte.
Che cos’è la scrittura terapeutica e come viene usata?
La scrittura terapeutica utilizza la scrittura creativa per favorire la crescita personale, stare meglio con se stessi e raggiungere un maggiore equilibrio. Si tratta di un mezzo attraverso il quale è possibile fare emergere le emozioni più profonde, riconoscerle e analizzarle con l’obiettivo di comprenderle, accettarle e acquisire maggiore consapevolezza di sé.
Un percorso che spesso porta a stare meglio anche fisicamente: è risaputo che ansie, traumi e disagi psicologici, se non pienamente elaborati, possano causare somatizzazioni e quindi veri e propri disturbi fisici. Non è certo un caso, quindi, se la scrittura venga usata anche da molti terapeuti come supporto del percorso di cura intrapreso con i pazienti, invitandoli, ad esempio, a tenere un diario, a scrivere di sé o a fare altri esercizi specifici.
La scrittura terapeutica è quindi una particolare tecnica? E come si fa a mettere in pratica? In realtà, tutta la scrittura ha capacità terapeutiche: per sua natura, infatti, questo mezzo consente di superare i freni imposti dal pensiero cosciente e di metterci in connessione con il nostro “centro”. Cosa significa? Vuol dire che quando scriviamo possiamo accedere al tessuto di emozioni, desideri, paure, intenti che, normalmente, restano inascoltati perché soffocati dal “pilota automatico”, la modalità con cui tendiamo a vivere la quotidianità, fatta di velocità, frenesia e poco tempo per ascoltarsi davvero.
Non è il tipo di scrittura a fare la differenza, dunque, ma l’atteggiamento con cui ci si
accosta a essa, che deve essere di tipo consapevole. Bisogna porsi a questa attività
concentrandosi sul momento presente, abbandonando i pensieri rivolti al passato
o al futuro, e le tante preoccupazioni che ci inseguono durante la giornata. L’attenzione deve essere solo sull’atto che stiamo compiendo: scrivere. Non bisogna nemmeno focalizzarsi sul risultato: l’obiettivo non è realizzare uno scritto più o meno soddisfacente (lo facciamo per noi, non per ambire a una pubblicazione), ma lasciare che i propri pensieri e le emozioni fluiscano e che si trasformino in parole.
La scrittura terapeutica per elaborare il proprio vissuto e le emozioni
La scrittura, quindi, è in grado di portare effetti simili a quelli della pratica meditativa, che ha proprio la facoltà di indurre uno stato di coscienza diverso da quello ordinario e che consente di far emergere una serie di emozioni, anche negative, che altrimenti resterebbero sopite.
La scrittura espressiva, ad esempio, che consiste nel mettere per iscritto pensieri
ed emozioni legati a eventi che ci hanno causato sofferenza, è particolarmente indicata per cercare di superare traumi o disagi psicologici, perché permette di guardarli in modo nuovo e maggiormente obiettivo.
Attraverso la scrittura espressiva – di cui si è iniziato a parlare alla fine degli anni Ottanta con lo psicologo americano James W. Pennebaker – è infatti possibile portare alla luce ciò che non è stato elaborato dal pensiero cosciente, guardare in faccia queste emozioni, osservarle da un punto di vista diverso e modificare i propri pensieri rispetto all’accaduto che ha causato il malessere.
Uno strumento che sembra avere valenza terapeutica anche per gli operatori sanitari che si occupano di pazienti in stato terminale o per i familiari che assistono parenti malati, categorie che possono facilmente incorrere in stati d’animo negativi a causa del carico assistenziale.
Secondo una ricerca condotta dall’Università di Parma, citata dal Corriere della Sera, sessioni di scrittura espressiva possono aiutare gli operatori a superare gli episodi traumatici e il peso emotivo dovuti all’essere costantemente in contatto con situazioni di sofferenza. I ricercatori sostengono che scrivere di un trauma passato, infatti, aiuta a rielaborarlo, riducendo lo stress provocato sull’organismo.
La scrittura espressiva, a volte, si sovrappone a quella autobiografica, con cui si intende lo scrivere di sé, sia essa una descrizione dei propri obiettivi, di eventi passati, della propria famiglia, o delle cose belle accadute durante la giornata.
Anche la scrittura autobiografica può essere usata a scopo terapeutico per scavare nella propria vita, riflettere sugli eventi accaduti e trovare un senso al percorso compiuto, sviluppando un’identità più equilibrata.
Scrivere per ridurre ansia e stress
A parlare dei benefici della scrittura espressiva sugli effetti psicofisici di ansia e stress è anche una ricerca condotta dalla Michigan State University. Secondo i ricercatori, preoccuparsi assorbe molte risorse cognitive che vengono sottratte a quelle necessarie per il compito che siamo chiamati a svolgere. Scrivere delle proprie preoccupazioni può essere terapeutico in quanto consente di “alleggerire” il cervello e di renderlo più efficiente.
Scrivere può aiutare anche le persone che soffrono di ansia e attacchi di panico. La ragione è sempre la stessa: consente di mettere in ordine i pensieri che generano gli stati ansiosi e di osservarli con più obiettività.
Bisogna specificare, però, che il livello di efficacia varia da persona a persona e che la scrittura può affiancare, ma non certo sostituire, le terapie mediche. In certi casi, poi, per essere davvero funzionale, questa attività dovrà essere abbinata ad altre forme di sostegno, come il supporto di uno psicoterapeuta, indispensabile in presenza di problematiche come la depressione, ad esempio.
Scrittura terapeutica: cominciare con 20 minuti al giorno
Chi vuole avvicinarsi alla scrittura terapeutica e provare a metterla in pratica può cominciare prendendo carta e penna (la scrittura a mano ha maggiori benefici di quella al computer) e imporsi quotidianamente di scrivere almeno 20 minuti delle proprie emozioni e di quanto si sta vivendo in quel momento. Lo si può fare ogni qualvolta si senta l’esigenza di stare con se stessi, conoscersi meglio, affrontare un periodo difficile e confuso della vita.
Bisogna anche mettere in conto, tuttavia, che può non essere un percorso indolore: affrontare le proprie ansie e paure spesso richiede fatica, in un primo momento, perché costringe a entrare in contatto con ciò che fa stare male. Anche per questo può essere utile valutare di affidarsi a una persona esperta in scrittura terapeutica, un supporto utile anche quando si vogliono raggiungere i risultati più rapidamente o non si sa da dove partire: avere qualcuno che ci supporta permetterà di acquisire un metodo da seguire.
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