Dove va un pensiero quando te lo scordi? Va a farsi fottere. Dimenticare cose appena pensate non è una questione di vecchiaia, nemmeno di condizioni psicofisiche alterate da oceani di vino. Non è colpa della strafiga che passa con il prendisole e neanche di uno starnuto improvviso. Non c’è niente da fare: quando non ci viene da dire quello che ci trastulla il cervello da ore, non c’è verso di trovare un modo per dirlo.
Dimenticare cose appena pensate è un fatto atmosferico. Spariscono, evaporano tra le particelle di azoto o vengono schiacciati dalle gocce di pioggia. Magari quella folata gelata sul binario 2, alle 6.47, il 17 gennaio del 2015, potevano essere parole per presentarsi alla ragazza in minigonna lì di fianco. Eppure quel pensiero si è dissolto nell’atmosfera.
Quando il liceale alla domanda del commissario esterno di italiano “Cosa intende qui, Montale, con la parola croco?” non può fare altrimenti che rispondere “è sinonimo di fuoco” perché non gli viene la parola zafferano.
La nostra mente non perde occasione per fregarci, per farci fare figuracce, per farci dimenticare cose appena pensate, per farci passare per idioti balbuzienti, quando in realtà siamo degli spasimanti delle belle frasi messe in ordine una dopo l’altra.
Probabilmente esiste un universo a parte, o uno strato sottilissimo tra la Ionosfera e l’Esosfera dove i pensieri dimenticati si rifugiano.
Lì, sottoposti a radiazioni solari e sciolti a una temperatura che oscilla tra i millesettecento gradi e i duemila gradi, i pensieri dimenticati schizzano di qua e di là come in un pinball gigante.
Accumulano cariche magnetiche ed elettrostatiche tali per cui, ogni tanto, i pensieri dimenticati precipitano verso la terra tornando di nuovo nelle nostre teste.
Proprio quando fanno ritorno, compiono il danno maggiore: ci sentiamo improvvisamente eccitati e non importa quanto tempo sia passato o chi ci troviamo di fronte.
Quella cosa da dire che tanto ci ha fatto dannare dobbiamo ad ogni costo sputarla fuori.
Assumere il controllo del corpo e della mente in quell’istante è assai difficile: bisogna capire che il contesto è diverso.
Nove volte su dieci non stiamo parlando con la persona alla quale in realtà quel pensiero era destinato.
Spesso l’impulso è improvviso.
Capita pure di dire al primo appuntamento con una nuova ragazza che “le brasiliane che indossava quella notte, nella camera dell’hotel Bernini Palace a Firenze, a ripensarci mi attizzano ancora”.
O parlando da soli, mentre usciamo dalla stazione dal lato malfamato, ci viene in mente che un ambulante l’estate passata ci ha fregato trenta euro di resto – “quel cane bastardo di…” – durante l’acquisto di originalissimi RayBan con le lenti riflettenti (un vero affare).
L’imprevedibilità della nostra mente ci apre sempre nuovi scenari ed è difficile che riusciamo a comprenderne le opportunità.
Quando ci capita di dimenticare cose appena pensate la malediciamo, la nostra mente, ci piacerebbe essere più intelligenti o infallibili come i cervelli elettronici.
La verità è che gli equilibri della nostra vita sono bilanciati da fattori che non possiamo controllare: di rigore matematico, in tutto questo, non ce n’è neanche l’ombra.
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