“Da Milano alla Natura: sogno o realtà?”
Con la pandemia e l’avvento dello smart working, tanti hanno pensato a un modo di vivere diverso, un luogo più a contatto con la natura, alcuni hanno lasciato la città e sono tornati nel paese di origine, altri hanno pensato di trasferirsi nei luoghi in cui abitualmente andavano in vacanza.
Questo è un esempio di come le circostanze di vita facciano cambiare i presupposti su cui si basava la propria quotidianità. Alcuni hanno messo in pratica quello che tanti hanno dichiarato almeno una volta nel corso della propria esistenza, «lascio tutto e vado via».
«A volte mi sento in una gabbia dorata»
Ma qual è lo scarto tra il sogno di una vita e la sua realizzazione?
Ecco uno stralcio “in vivo” di psicoterapia:
«Sì lo so che potrebbe sembrare un paradosso per quello che continuo a dirle, dottoressa, ma è proprio così, io ho sempre sognato di vivere al mare.. Ricordo le estati a Milano con quel caldo afoso terribile, il mare era un miraggio che vedevo solo 15 giorni in agosto. Al liceo avevo visto una pubblicità con una casa al mare sull’oceano e pensavo a quanto mi sarebbe piaciuto trasferirmi lì, a scrivere e suonare la chitarra, ma mi sembrava un sogno impossibile. Il solito mito del mollo tutto e vado via».
«Invece quel sogno io l’ho realizzato, non mi manca niente, ho un lavoro che mi permette di avere del tempo libero e di andare ogni giorno in spiaggia, ma ora mi sembra solo di volere tornare là, nella mia città che è diventata più verde, ma è piena di smog… Ma è anche la città dei miei affetti (anche se ormai c’è solo mia madre)».
«A volte mi sento in una gabbia dorata. Tutto quello da cui sono fuggita mi sembra bello e irraggiungibile, come era una volta il mare. Cerco di farmi forza frequentando gli italiani che ho conosciuto qui e poi mi chiedo: ma è così con tutti i desideri che quando si realizzano perdono il loro potere? Ho paura di sbagliare di tornare e vedere che tutto quello che mi mancava e che immaginavo non ci sia più. Prima tornavo in Italia più spesso, ma ora non si può più e quel senso di nostalgia è sempre più forte.. Forse devo solo cercare di integrare le cose belle e le cose brutte in un posto e nell’altro, ma è facile a dirsi…»
La scelta di trasferirsi implica sempre una rinuncia
E allora come sopravvivere a una scelta radicale e mantenerla?
Si deve mettere in conto che la scelta implica sempre la rinuncia a qualcosa e che non si possono idealizzare le situazioni vedendo solo le cose positive, altrimenti si sarà inevitabilmente delusi. Nel momento in cui si fa una scelta devono prevalere i punti di forza che ci hanno portato ad essa. Per esempio se è stata la vicinanza con la natura, se si è trasferiti dalla città, poi non ci si deve lamentare se c’è poca vita sociale e non c’è niente da fare di inverno.
Oppure un altro tema importante è la lontananza dagli affetti, che in certi casi è stata il motore principale dell’allontanamento. In questo periodo di distanza forzata, la lontananza dalla famiglia da cui un tempo si era fuggiti è diventato spesso motivo di tristezza. Certo il tutto si complica se non ci si è trasferiti a 200 chilometri da casa, ma a 2.000 o 10.000.
Ognuno deve cercare di capire la propria giusta dimensione, pensando comunque che le cose a un certo punto possono cambiare e si possono fare altre valutazioni. Non tutte le scelte sono per sempre, per fortuna.
Irene Muller è una professionista che insieme alla collega Clara Giannarelli, grazie alla loro ventennale esperienza in consulenza psicologica e psicoterapia, hanno dato vita a Psicoterapeute all’estero, un servizio di supporto online (www.psicoterapeuteallestero.com), pensato proprio per tutti gli Expat italiani residenti all’estero o che si trovano spesso a viaggiare o a risiedere all’estero per lunghi periodi, per motivi di lavoro o di studio.
Foto in copertina: Hippopx.com Creative Commons Zero - CC0
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