Ho provato a far capire a mia nonna cosa studio a Milano – Graphic Design & Art Direction – come funziona oggi la comunicazione sui vari media e cos’è il commercio online. Tentando di spiegare i social network a una ottantenne, m’è venuto il sospetto che non siano altro che una psicosi di massa.
La sua risposta è stata: “Per me l’unica cosa che conta è che mangi bene e che trovi l’Amore.”
Mia nonna Ileana vive in un piccolo paese sulle rive del Lago d’Orta. Da che io ricordi, la sua routine giornaliera è sempre stata la stessa.
Si alza alle 7 del mattino, prende la macchina – a 84 anni riesce ancora a guidare bene -, va al solito bar, si prende un caffè e gioca qualche gratta e vinci, va a fare un po’ di spesa nel solito supermercato che col passare degli anni ha cambiato solamente marchio: Standa – Carrefour – Billa. Tornando a casa, passa dal giornalaio e compra la Settimana Enigmistica e il Corriere della Sera.
Dà da mangiare ai suoi dieci gatti – tutti randagi con dei nomi imbarazzanti tipo “Briscolone” -, mangia guardando Rete 4 e poi trascorre la giornata seduta al tavolino con la sua Settimana enigmistica. Spiegare i social network a una così non è facile.
Ogni tanto vado a trovarla – purtroppo ,da quando mi son trasferita a Milano, non riesco ad andare più di una volta ogni due mesi – , ci sediamo sul divano e lei mi prende le mani: “Allora? Cosa mi racconti? Come va a Milano?”
“Procede tutto bene, sto studiando molto”. Ed ecco la solita domanda: “Cosa studi esattamente? Non me lo ricordo, oggi me lo ha chiesto pure la Rosina”.
La mia risposta era sempre sempre veloce e affrettata: “Studio comunicazione, pubblicità, tipo quella che vedi alla Tv”
“Ah, fai le réclame! Bello, allora andrai in televisione”
“Non proprio, rispondevo io” e il discorso deviava sui ricordi del passato: sul nonno, sulla sua infanzia alla fine della guerra.
Un giorno mi son decisa a spiegarle cosa faccio veramente: “Sai, nonna, io studio comunicazione a livello creativo. Quindi sì, creo una specie di pubblicità, ma non solo alla televisione, anche su altri mezzi come Internet, i Social Network. Sto imparando come comunicare un prodotto, in modo gradevole, funzionale ed efficace, per riuscire a distinguersi dagli altri, ecc”. Più mi immergevo nell’articolato mondo della comunicazione di oggi, della corsa al successo, della continua sete di innovazione, di creare, di distinguersi, di fare soldi, più la sua faccia si incupiva e io mi rendevo conto di non aver capito poi tanto bene nemmeno io cosa stessi facendo.
“Oggi vogliono venderti anche l’aria che respiri, e poi queste cose di voi giovani sempre al cellulare, su Internet, io proprio non le capisco. Cosa avete da guardare tutto il tempo, lo sapete solo voi, a me non interessa”. Cercava di sviare il discorso, mi chiedeva cosa mi cucino a Milano, se vedo ancora i miei vecchi amici e se ho trovato l’Amore, cose che per lei contano più di tutto.
Decisi di proseguire con il mio argomento, doveva assolutamente capire quello che faccio, dovevo riuscire a spiegare i social network a mia nonna.
“Sai, nonna, so anche fare un sito web, guarda”. Ho preso in mano il cellulare, e le ho mostrato le pagine del sito di gioielli che avevo realizzato qualche giorno prima.
“Cosa devo guardare?”
“Devi guardare lo schermo, vedi tutte queste cose? Le ho messe io qui dentro.”
“E per quale motivo?”
“Così la gente le può comprare, schiaccia, lo ordina e arrivano”.
“Ma dove arrivano? Le devi andare a prendere al negozio”
“No, nonna, ti arrivano a casa, te le portano altre persone se tu schiacci qua. Se vuoi puoi anche non andare più a far la spesa, puoi comprare tutto con il cellulare” .
“Ah no, io con il cellulare chiamo solo mia sorella Dora, per sapere se sta bene, gli è venuta la tristezza per la solitudine, poverina, non è facile quando perdi il marito, io il nonno lo sogno ancora tutte le notti, è proprio un rompiballe anche da morto, ma stattene nell’aldilà, cosa vieni a parlarmi in sogno, gli dico sempre”.
Decisi che era meglio rinunciare alla folle idea di spiegare social e-commerce alla nonna. Perché portare la sua mente colma di ricordi e certezze nel caos di oggi? Comunque non saremmo mai arrivate a un punto: per lei la pubblicità si basa sulla televendita di pentole e materassi alla tv. Come potrebbe capire il sistema contorto che sta alla base della comunicazione di oggi?
Mi chiede se le regolo la TV, che come al solito non prende il segnale. Mia nonna, donna di cultura, per anni assistente di un notaio della zona, non riesce a capire il funzionamento di quell’unico tasto che serve per regolare la sua vecchia TV.
Se ci spostiamo verso il Sud Italia, troviamo mio nonno Ottorino – sì, questo è il suo vero nome -. Eh sì, ho provato a spiegare i social anche a lui. Vive in un paese di 700 abitanti in Calabria, potrebbe mai immaginare la mia vita a Milano? E’ solo terrorizzato all’idea, che una ragazza di 21 anni possa vivere in una grande città da sola, con tutte quelle brutte notizie che sente al TG. Spera solamente che io ogni tanto vada a trovare quel parente calabrese che vive a Cadorna di cui non ricordo assolutamente il nome.
Perché mai dovrei spiegare social, media, comunicazione…a un uomo della sua età? Ho provato una volta a dirgli la parola brand, indicando una bottiglietta di Coca Cola e mi ha dato una pacca sulla spalla, sorridendomi – tipica cosa che fa quando non capisce assolutamente nulla di quello che sto dicendo. E’ solo fiero all’idea che mio cugino faccia il farmacista e che gli passi sotto banco qualche confezione di Viagra. Lui rimane lì a fare interminabili passeggiate sul lungo mare, gioca con qualche amico a carte e scrocca pranzi ai mille parenti disseminati per tutto il territorio calabrese. Alla mia età aveva già due figli, come mestiere faceva il contadino e il suo unico pensiero era quello di portare il pasto a tavola. Non aveva grilli per la testa, non sognava nessuna vacanza ai Caraibi, non possedeva nessun prodotto di ultima uscita.
“Saresti stata brava a zappare la terra, tua nonna lo faceva con la vesta e i piedi scalzi” mi dice allungandomi una sigaretta.
Ai nostri nonni, soprattutto quelli che vivono ancora nelle piccole province, il mondo di oggi gli scivola attorno, camminano per le strade quasi ignari del cambiamento veloce, continuo, di quest’evoluzione che viaggia più veloce della vita stessa. Ogni tanto notano qualche ristorante giapponese All U Can Eat, ormai arrivati anche nei più remoti paesi d’Italia, e ridono quando gli sveli che puoi mangiare tutto il pesce crudo che vuoi, senza sosta, al modico prezzo di 21 euro e 90 centesimi. Loro, da bambini, il pesce crudo lo mangiavano dai secchi del porto.
E poi ci sono, io a Milano, che mi affanno ogni giorno, imparando a vendere prodotti a persone che forse non ne hanno veramente il bisogno. Che sono ancora una piccola macchietta in un sistema che sta diventando sempre più grande. In ogni caso l’unica cosa che possiamo fare è goderci il nostro tempo, come loro si sono goduti il loro, magari un giorno i nostri nipoti ci presenteranno le loro fidanzate virtuali e quello che stiamo vivendo oggi non sarà più così tanto assurdo e distopico come mi sembra quando cerco di raccontarlo a mia nonna.
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