Vivere con coinquilini: l’appartamento condiviso è la galera degli schiavi moderni

20 Aprile 2018
12527 Visualizzazioni

Vivere con coinquilini può rivelarsi il Male Assoluto. Ma alla fine, come ci hanno insegnato i martiri cristiani, abbiamo un’unica arma contro il Diavolo e i suoi emissari: la sopportazione.

Vivere con coinquilini vuol dire prima di tutto vivere con i genitori. Infatti, una delle mie prime frasi di cui ho memoria è: “Non ce la faccio più, me ne voglio andare di casa!” Lanciai cuscini contro mamma e papà, seduti stretti stretti e spaventati all’angolo del divano.

All’età di 8 anni, ho riempito la mia valigia a forma di coccinella con Barbie e vestiti e sono scappata. Ho camminato per ben 400 metri fino al parchetto. Dondolandomi in solitudine, per quasi mezz’ora, sull’altalena ho capito che in quel posto nessuno mi avrebbe portato per merenda succo di frutta e pane con Nutella. Quindi ho deciso di tornare a vivere con coinquilini più maturi e ricchi di me, pentita come il figliol prodigo e con la coda in mezzo alle gambe.

Non parliamo dell’adolescenza. Ogni scusa era buona per saltare in groppa alla Vespa e minacciare i miei genitori che non sarei mai più tornata a casa, che potevano scordarsi di avere una figlia.

Con l’università, il mio sogno si è avverato: finalmente potevo vivere con coinquilini diversi. Addio mamma e papà, la mia vita inizia da oggi. Ho trovato una casa, in un bel quartiere di Milano, l’ho arredata con tanto amore attaccando cianfrusaglie e lucine in ogni angolo, accendendo candele e ascoltando la musica fino a tardi.

Un angolo di paradiso fatto su misura per me. O almeno lo era…. perché purtroppo, dopo un mese, sono arrivati loro, i coinquilini.

Sul tema “vivere con coinquilini” si sentono storie degne di Edgar Allan Poe: una ragazza di Manchester, per vendetta, ha cucinato nel forno il furetto della sua compagna di stanza; un mio compagno di università ha eiaculato nello shampoo costosissimo della sua coinquilina. Insomma, un vero spasso. Mi è bastato poco per capire che il rischio di trovarsi sotto il tetto di casa una bestia di satana fosse altissimo: dovevo stare attenta, perché giustificarsi con la frase “e pensare che al telefono sembrava una persona tanto a modo” non sarebbe servito a nulla.

Parlandoci chiaro, nessuno vuole condividere la sua intimità, il suo rifugio con altre persone.

“Perchè dovrei portarmi un estraneo in casa? “ rispondeva Alberto Sordi quando gli chiedevano come mai non si fosse sposato. E se è già difficile accettare l’idea di vivere con la persona che si ama, di cui almeno si conoscono abitudini e ossessioni, figuriamoci se si parla di perfetti sconosciuti.

Ok, magari decidi di andare a vivere con la tua amica perché in fondo sai che musica ascolta, quanto sono frequenti le sue abitudini riproduttive e qual è la sua nuance preferita di rossetti ma finché non ci vivrai assieme non potrai mai scoprire che in realtà grida nel sonno, ha un’insolita passione nel far nascere ecosistemi dentro il frigorifero e si emoziona guardando Uomini e Donne lasciando i fazzoletti usati tra i buchi del divano.

Il primo periodo di coinquilinaggio può sembrare rosa e fiori: si mangia assieme condividendo i piatti, si ride, si scherza, ognuno è disposto ad aiutare l’altro, a farsi da parte… “Vuoi guardare la tv col volume al massimo fino a tardi? nessun problema, ho un sonno pesantissimo.” “Li lavo io i piatti stasera, tesoro, hai fatto tardi e ti vedo stanca”, “Mangia pure tutta la mia confezione di Pan di Stelle, mi fai solo un favore perché sono a dieta”. Si cerca di mantenere un clima di pace e armonia, si prova a diventare amici dandosi soprannomi simpatici. Ma dopo qualche mese, la dolcissima e veramente a modo Giorgia, detta Gio, cambierà per sempre il nome all’anagrafe della tua testa in quella “quella grandissima stronza e figlia di buona donna della mia coinquilina”.

 

 

Ma perché? Che cosa avrà mai fatto di male? Assolutamente nulla, semplicemente esiste. E, dopo giornate universitarie da incubo, vorresti tornare a casa e trovare un piatto di pasta al sugo cucinato dalla mamma – ebbene sì, quanto rimpiango la mamma da cui volevo scappare – e non il sorrisino falso della tua coinquilina che ti dice di lavare i piatti. O dopo una serata con gli amici, ubriaca e felice, vorresti spalancare la porta di casa e far casino per altre ore ma c’è lei in dormiveglia che, con una faccia da strega frustrata e il pigiamone della nonna, ti dice di stare zitta, che sta cercando di dormire perché la mattina alle 8 ha la palestra.

Le lunghe conversazioni a cena, i segreti che vi siete scambiate, le risate – nemmeno troppe, alla fine – verranno sostituiti da post it attaccati al frigorifero – i coinquilini sono le uniche persone che ancora li acquistano – che ti ricordano che manca l’olio, che non lo compri da un mese (sottolineato cinque volte), o che ti intimano di pulire il bagno perché di raccogliere i tuoi capelli dal lavandino non ne ha nessuna voglia. La paranoia aumenterà di pari passo con i post it sul frigorifero, che finiranno per accusarti persino del classico sciopero dei treni del venerdì.

Poverina, che pietà, quanto sacrificio nella sua vita trascorsa tra un letto e un divano a guardare serie tv.

E se la presenza di scarafaggi, ragni e altre schifezze non bastano ad infestare quella casa che in fondo nessuno ha voglia di lavare ci penseranno i fidanzati e i loro peli pubici nel water.

Lei, con l’amore della sua vita al fianco, si sentirà più forte, e inizierà a prendere il controllo della casa. Fino a quel giorno, quella grandissima stronza e figlia di buona donna della coinquilina, non conosceva il funzionamento del fornello, ma con il suo fidanzato a fianco si improvviserà regina di Masterchef, soffriggendo cipolle per ore e insozzando tutta la cucina. Non aveva nemmeno mai toccato una chitarra ma deciderà di stupire il suo ragazzo improvvisando canzonacce mentre tu studi.

Cercherai di consolarti al pensiero che stanno insieme da tre anni e che la loro vita sessuale sarà sicuramente monotona, agli sgoccioli. Ma niente come l’idea di te che dormi nella stanza a fianco risveglierà le loro passioni. Si ecciteranno come mai prima d’ora, regalandoti una performance sonora degna di un film di Rocco e Malena.

In conclusione, ho letto qualche giorno fa, che durante il colonialismo, era abitudine tra gli schiavi africani condividere la stessa galera, per risparmiare i soldi sul viaggio. Un po’ come vivere con coinquilini. Ci sacrifichiamo e sopportiamo, giorno dopo giorno, sperando di raggiungere, il prima possibile, il paese della Cuccagna ed un futuro migliore.

 

LEGGI ANCHE: Domandone: se studio fuorisede per un anno, quando torno a casa rompo? Un po’ sì

Exit mobile version