Avevo voglia di creare una cosa mia. Mi sono sempre vista in un qualcosa di mio, non sapevo bene cosa, ma dentro di me ho sempre sentito questo desiderio.
Marghi è la creazione di Martina, un brand di maglieria ecosostenibile fatta a mano con filati riciclati, un’insieme di valori, colori ed elementi che nascono dal bisogno di riconnessione con la terra e la natura. Rappresenta la voce di una generazione che non ha paura di cambiare, che vuole seguire il proprio istinto, che è alla costante ricerca del proprio stato di benessere e appagamento e che si sente sempre più in simbiosi con il pianeta.
Martina è una persona energica e solare, ci siamo parlate telefonicamente, la connessione come al solito dava problemi, ma il messaggio è arrivato forte e chiaro dalla voce dolce con cui racconta il suo legame con la natura e dal piglio di chi cerca di stare in equilibrio tra i mille impegni. Quella di Marghi è una storia da assaporare, una di quelle storie che ti fanno dire «posso provarci anche io».
Ciao Marti, raccontaci chi sei e cosa ti ha portato fino alla creazione del tuo brand Marghi.
Ho fatto il liceo Artistico e mi sono laureata in Economia in Cattolica. Ho fatto un’esperienza in Germania, per una banca ma ho capito che non era il mio. Non ho avuto una vita lineare, mi sarebbe piaciuto avere un percorso più chiaro, a volte non mi sopporto per questo. Credo che anche ora io stia vivendo momento di passaggio, non so dove mi porterà, magari sarà il mio lavoro, magari sarà una parentesi creativa che mi accompagnerà verso altro.
E dopo il lavoro in banca cos’è cambiato?
Io mi sentivo mortificare prima di tutto dall’abbigliamento che dovevo indossare. Voglio essere libera di vestirmi come credo, ma in ambienti formali non è possibile. Poi nonostante abbia fatto economia non mi sento una persona fortemente skillata con i numeri. Penso che si possa fare business anche con la parte creativa. Il primo lavoro che ho avuto era a Milano, facevo produzione per un’azienda di moda. Mi sono lanciata in questo nuovo percorso, ma non lo consiglio, forse è meglio seguire una linea retta perché sai dove ti sta portando.
Non so se oggi si possa ancora parlare di linearità soprattutto in ambito lavorativo, la tua storia di cambiamento racconta molto sulla ricerca da parte delle nuove generazioni di uno stato di benessere e gratificazione personale.
Scopriremo tra qualche anno dove questa cosa mi porterà effettivamente. Io ho lasciato il lavoro a Milano e ho iniziato a lavorare con i cavalli, mi ha curata. Ero arrivata da un periodo molto stressante, dove la realtà di Milano mi aveva prosciugata. Avevo bisogno di ritornare a contatto con la natura, è stato terapeutico.
Com’è nata Marghi?
Non riuscivo a trovare un maglione che mi piacesse, ovvio, dai brand di alta moda c’erano, ma nel fast fashion no, non avevano una buona qualità e un fit particolare. Ho avuto così la necessità di imparare il mestiere. Mi piace lavorare con le mani, arrivo dal liceo artistico. Mi ha insegnato mia mamma, il primo maglione ce l’ho ancora nell’armadio, poi ho imparato a fare l’intarsio, disegnavo paesaggi e animali e li rappresentavo sui maglioni.
Cosa ti ha spinta a iniziare il tuo progetto?
Avevo voglia di creare una cosa mia. Mi sono sempre vista in un qualcosa di mio, non sapevo bene cosa, ma dentro di me ho sempre sentito questo desiderio. Quello che mi manca di più è il fatto di lavorare in team e in squadra. La cosa che mi stimola di quello che faccio ora è che ogni giorno è diverso. Oggi ho delle soddisfazioni che come dipendente non ho mai avuto. Lavoro comunque ancora per gli altri perché ne ho bisogno economicamente e per me stessa, continuare ad imparare è fondamentale.
Quello che hai raccontato mi ha fatto venire in mente la serie The Bold Type, in cui Sutton Brady fa di tutto per diventare stilista per poi accorgersi che ciò che più la eccita è il backstage.
Questa è la cosa che mi manca di più, le sfilate e il backstage. Il lavoro certamente non è solo quello, poi bisogna mettere tutto sul piatto della bilancia.
Sei membro della community The Factory Market, chi sono e che relazione avete?
The Factory Market è una community e un e-commerce. Si occupa di supportare, anche attraverso la vendita, artigiani e creativi che producono elementi sostenibili e made in Italy. Vogliano dare voce e spazio a chi opera in modo lento e curato.
Hai parlato di produzione lenta, uno dei grandi casi studio sul tema è quello de La Fabbrica Lenta dell’azienda manifatturiera Bonotto. Si tratta di un manifesto contro la standardizzazione industriale e la produzione in serie a basso costo, che si concretizza con l’utilizzo da parte dell’azienda di macchinari meccanici, non elettronici e privi di automatismi. Questo segue quella che è anche la tua filosofia, ma quanto tempo ti occorre per la realizzare un capo Marghi?
Indicativamente escluso il tempo di ideazione, considerando solo il tempo dedicato alla produzione, compresa la parte finale di ricamo, dai 10 ai 15 giorni.
Parliamo di benessere, all’inizio ci hai raccontato quanto per te sia importante il fit di un capo. Come vuoi che si sentano le persone che indossano un indumento Marghi?
Prima di tutto il materiale. Voglio sia un capo di buona qualità, soffice e avvolgente, con un ottimo fit. Se ci sono questi presupposti il capo dura nel tempo ed è performante. Tra 20 anni dev’essere ancora una cosa bella.
Hai riportato un concetto che è anche titolo del libro di Orsola de Castro “I vestiti che ami vivono a lungo”.
Se penso ai maglioni di mia mamma sono ancora belli, per seguire la velocità della moda a volte non ci si mette questa cura nel prodotto. Voglio che il mio pensiero vada al di là del marketing, io ci credo veramente e mi piacerebbe che la mia community comprasse con questa filosofia i propri capi perché ogni acquisto è un contributo verso la natura e il pianeta.
Parlando di attitudini al consumo nel libro viene riportata una citazione di Naomi Klein, scrittrice e attivista, che dice: “Una nuova generazione è in marcia per la rivoluzione e vuole indossare vestiti che raccontino una storia nuova. Diamoglieli”. Cosa ne pensi?
A me piacerebbe tanto in un futuro avere un’associazione a cui poter donare parte del ricavato. Quello che utilizzo è un filato ricalato, dunque non è necessario produrre nuovo filo per i miei capi, a livello produttivo non sono inquinante perché realizzo piccoli drop, piccole produzioni in cui lo spreco di materiale è ridotto al minimo. Sarebbe bello però che anche chi acquista possa dare il suo contributo attivamente e in modo consapevole.
Quali sono i capi che non possono mancare nel tuo armadio?
Non manca una felpa e le scarpe da ginnastica. Mi sono sempre trovata più a mio agio in abbigliamento maschile. Sono una persona camaleontica, ma questi capi mi rappresentano di più.
Martina siamo alla fine di questa piacevole e interessante chiacchierata ma ora ti chiedo di aiutare il pubblico di The Millennial a farsi le giuste domande prima di acquistare un capo.
- Guardare le composizioni. Il materiale è fondamentale per fare un buon investimento.
- Il fit. La vestibilità è ancor più importante dei colori e degli elementi grafici.
Così si chiude questa intervista a Martina di Marghi, che ringrazio per il tempo che ci ha dedicato, la trasparenza e la simpatia con cui ha raccontato la sua storia e la volontà con cui porta avanti non solo un progetto ma un ideale. Chissà dove sarà Marghi tra due anni, sicuramente noi speriamo di riavere con noi Martina per farcelo raccontare.