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“More”, la campagna Miu Miu 2018: quando il consumismo diventa vertigine

Quando il troppo è veramente troppo?

26 Novembre 2018
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Reduci dal Black Friday vediamo come la campagna Miu Miu 2018 racconta le ossessioni al consumo della nostra epoca.

 

Prima di parlare della nuova campagna Miu Miu 2018, More, voglio raccontarvi quello che sta succedendo in queste due settimane, ovvero da quando ho iniziato a vivere con la mia migliore amica. Ogni mattina e non scherzo quando dico OGNI mattina, suona il campanello il corriere Amazon, con un pacco o più destinati alla mia bf.

 

Giorno 1: “Ho comprato degli stivaletti”

Giorno 2: “Ho comprato un piatto leopardato per metterci il sapone”

Giorno 3: “Mi serviva un deodorante”

Giorno 4: “Questi orecchini me li hanno spediti in regalo, non li ho presi io” -bugia-

Giorno 5: “Non ho dei jeans per l’inverno, mi servivano, e comunque è l’ultimo pacco”

Giorno 6: “Acquisto Smart, tu non capisci, non prendo niente in negozio”

Giorno 7: “Adesso ho chiuso con la roba invernale, devono arrivare due sciarpe e basta, sarai a                       casa per prenderle?”

 

Questo breve siparietto quotidiano, non rappresenta solo l’ossessione all’acquisto della mia amica, ma una cruda verità che fa parte delle vite di noi Millennial: il bisogno di avere sempre di più, per colmare la mancanza di qualcos’altro. E la nuova campagna Miu Miu 2018, More, può essere percepita come una lode a questo consumismo sfrenato.

 

“More”: campagna Miu Miu 2018

La campagna pubblicitaria Miu Miu è stata girata da Gordon von Steiner e ha come protagonista la famosa star holliwoodiana e musa del brand Elle Fanning.
Commentiamola e vediamo come i tecnicismi di ripresa ci riportano ad un significato più profondo:

La campagna si apre con la scritta Miu Miu che si distorce graficamente creando delle spirali luminose, un effetto che rimanda al cinema del secolo scorso e un chiaro richiamo a Vertigo di Hitchcock. All’interno della spirale compare Elle Fanning, i colori sono completamente saturi ed irreali: si passa dal verde, al blu al viola acceso. Attorno a lei appaiono geometrie che creano illusioni ottiche, un effetto caleidoscopio.

Questo vortice di luci finisce quando Elle si trova davanti ad un paio di scarpe Miu Miu. Le accarezza, le stringe a sé, le desidera, sembra siano fatte per lei. Ma la magia s’interrompe quando la protagonista, fissando la telecamera, esclama di volerne di più “MORE”. – proprio come la mia migliore amica dopo aver aperto il suo quarto pacco Amazon – .

 

Attraverso un effetto ottico la vediamo sdoppiata: non più una, ma sei Elle Fanning, “more, more, more”, ritornano i colori accesi e le luci caleidoscopio. Continua così il corto della campagna Miu Miu 2018, tra spirali trippose, ragazze che giocano a scacchi con le boccette del profumo, Elle che culla la sua borsa come se fosse un bambino e ragazze ipnotizzate dal luccichio di orecchini chandelier. Gli elementi si sdoppiano in continuazione e le protagoniste non ne hanno mai abbastanza, “more, more, more”.

 

La presenza di questi giochi geometrici e ipnotici non è una scelta semplicemente estetica, ma un plausibile richiamo a come oggi siamo ipnotizzati dai prodotti in commercio, che ci incantano, ci fanno luccicare gli occhi, ci spingono all’ acquisto del superfluo. Quindi, in una società che è costantemente in cerca del “di più”, dovremmo fermarci e chiederci: quando il troppo è veramente troppo?

Ci siamo trasportati nelle città invisibili di Italo Calvino a Leonia, dove i cittadini consumano cibi e oggetti in quantità industriali, comprano ogni giorno abiti, soprammobili, si svegliano ogni mattina in lenzuola fresche e abbandonano i rifiuti accatastandoli. E più la gente espelle più la città accumula, come nel nostro mondo squilibrato, in preda ad una schizofrenia consumistica, come la mia migliore amica e tutte le altre mie amiche, come me del resto.

 

Oggi siamo sempre tutti poverissimi, non usciamo perché: “No, sono povera per un aperitivo” oppure “Caspita, non è ancora iniziato il Black Friday e sono già povera”. Talmente poveri che non ci facciamo alcun problema a comprare una borsa uguale ad una che già abbiamo. Perché il nuovo modello di iPhone con quella tecnologia 2.0, che non ho capito che cos’è, è veramente necessario per la mia esistenza. Gridiamo “more, more, more” come un esercito di zombie.

Possiamo considerarci degli idioti, dei drogati, ma gli oggetti colmano molte nostre mancanze. Un nuovo rossetto mi fa aumentare l’autostima, mi sento più carina e di conseguenza ho più voglia di incontrare gente. E quando esco da un negozio con la borsa piena di vestiti, dio quanto mi sento felice, ritrovo un senso nel mondo insieme a quel paio di pantaloni nuovi.

Ma la stagione dopo mi ritrovo con un armadio che non mi rappresenta più e fissandolo per ore mi accorgo che non ho nulla mettermi, rivoglio tutto nuovo, “more, more, more”, per sentirmi ancora felice con l’ennesimo maglioncino rigato bianco e blu. E quanto si dorme bene dentro un pigiama appena comprato? veramente dico, fateci caso. Mi ritorna la voglia di andare a letto col mio fidanzato se ho un nuovo completo intimo. Le cose stanno prendendo sempre di più il posto degli esseri umani, passo più tempo assieme al mio computer che con qualsiasi altra persona, per non parlare del cellulare. Non bisogna stupirsi se vediamo in tv la gente che fa sesso con le loro lavatrici nuove, con la macchina, beve gli smalti al posto dell’acqua, accumula orsacchiotti di peluche. Tra qualche anno lotteremo per i matrimoni civili tra un uomo e la sua nuova lampada Ikea? secondo me sì. Gli oggetti non ti deludono, ti fanno sentire bene e sono facili da sostituire. Come un pendolo ci ipnotizzano ogni giorno, facendoci dimenticare che continuando in questo modo saremo sempre più soli.

 

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