Una startup californiana chiamata Quibi punta a essere la Netflix di una nuova nicchia di mercato dove contenuti originali sono pensati per essere visti esclusivamente sullo schermo di uno smartphone.
A Hollywood non si parla d’altro. Quibi, la neonata startup californiana, aprirà i battenti il 6 Aprile e ha già attratto oltre un miliardo di dollari di investimenti.
Per realizzare la sua vision innovativa, la startup si è rivolta ad alcuni dei più grandi nomi del cinema hollywoodiano con l’obiettivo di produrre contenuti di qualità per il piccolo schermo.
Le ragioni che mi hanno spinto a produrre quest’articolo, tuttavia, sono più che altro legate a come la generazione Millennial potrebbe accogliere questo nuova modalità di fruire contenuti audiovisivi.
Cos’è Quibi e chi c’è dietro?
Il nome Quibi nasce dall’unione delle parole “Quick Bites” (“bocconi veloci”). Fa riferimento all’idea di produrre serie di non oltre dieci minuti a episodio, da guardare in una pausa pranzo, sulla metro o in qualche triste sala d’attesa sul proprio smartphone.
Dietro Quibi c’è Jeffrey Katzenberg, produttore Hollywoodiano, autore della rinascita di Disney negli anni Novanta e fondatore di Dreamworks (Shrek, Madagascar, Kung Fu Panda). Si deve a Katzenberg l’intuizione secondo cui l’intrattenimento breve, di qualità e a pagamento su dispositivi mobili è il futuro. E a giudicare dal suo curriculum, non si può dire che si tratti delle idee di un folle qualunque.
Per farvi capire che ambizioni nutre questo media mogul, vale la pena nominare Steven Spielberg, amico e co-fondatore di Dreamworks, il quale si è già proposto per dirigere un progetto intitolato After Dark, una serie horror thriller che si potrà vedere solo dopo il tramonto.
Sono tanti i nomi importanti che hanno sposato la causa di Katzenberg. Solo per dirne alcuni: Bill Murray, i fratelli Russo, Guillermo Del Toro, Kevin Hart, Antoine Fuqua, Jennifer Lopez, Justin Timberlake e tanti altri.
Due, le eccezioni più significative…
Cosa ne pensano due idoli Millennial come Lynch e Scorsese?
Come dimenticare di quando nel 2012 David Lynch disse, “Se guardate uno dei miei film sul telefono non vivrete mai l’esperienza del film, neanche in un trilione di anni. Penserete di averlo visto, ma vi ingannerete.”
Poi è venuto il momento di Martin Scorsese, che pochi mesi fa, alla veneranda età di 77 anni, ha sconsigliato pubblicamente la visione di The Irishman su smartphone, dicendo: “Suggerirei, se volete vedere uno dei miei film, per favore, di non guardarlo su un telefono, ve ne prego.”
Insomma, ci sono due scuole di pensiero. Quella di due registi che agli occhi dei Millennial equivalgono a due eroi e quella di uno ricco produttore che nei film ci ha messo mano solo a livello finanziario. Ma che questa volta lo vuole fare in grande stile con un capitale iniziale di oltre un miliardo di dollari. Chi è il folle, viene quasi da chiedersi.
Millennial vs Gen Z sulle app per vedere serie tv da smartphone
Per il Millennial vecchia-scuola (eccomi), “smartphone” e “film” potrebbero tranquillamente essere due parole di significato opposto. Forse è un’idea troppo romantica la mia, ma non posso concepire l’idea di guardare un film o una buona serie televisiva su un piccolo schermo come quello di uno smartphone. Non esiste. Punto.
Con buona pace mia, di Lynch e Scorsese, però, il target di Quibi terrebbe in conto una grossa porzione della Generazione Z e Millennial che ormai credono che i registi sopracitati facciano puzza di stantio. Come qualcuno ha giustamente fatto notare, The Irishman è un film che nessuno voleva fare a Hollywood perché parla solo ed esclusivamente di morti che camminano.
Quibi adesso punta a essere il Netflix del piccolo schermo e ha già raggranellato un miliardo di dollari per realizzare il suo progetto. Ben venga! Scorsese probabilmente se ne infischierà perché in fondo sa che cosa ha significato per noi Millennial vecchia-scuola e la generazione che ci ha preceduto.
A noi Millennial vecchia-scuola non resta altro da fare che preservare gelosamente quella vecchia fede poetica che si ritrova nella sospensione dell’incredulità, nei grandi schermi e nelle stanze buie della nostra vita.
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