Death stranding, l’ultimo capolavoro del Tarantino del gaming, Hideo Kojima

13 Dicembre 2019
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È il 13 Giugno 2016. Fa caldo, l’assenza in casa di un condizionatore si fa sentire ed è meglio glissare sulla mia carriera accademica dell’epoca…

È anche la settimana dell’E3, il più grosso evento del mercato videoludico mondiale dove di solito le case di produzione fanno a gara a chi zampilla più lontano, mentre presentano nuove IP (intellectual properties n.d.r) e nuovi hardware, nella speranza di scuotere il mercato e creare la killer application di quella stagione.

 

Ad un certo punto della conferenza Sony parte un trailer ambiguo, in cui si vedono creature marine morte su una spiaggia nera e Norman Reedus (The walking Dead) nudo che abbraccia un neonato mentre si disperano entrambi, il tutto accompagnato dal pezzo “I’ll keep coming” di Low Roar. Il trailer termina con le parole: “Death Stranding. A Hideo Kijima game.”

Quel fango di Kojima” pensa tutta la community videoludica mondiale, mentre assiste al ritorno sulle scene di uno dei più importanti game designer della storia, papà della Metal Gear saga.

Il secondo e ancora più confusionario trailer mostra tutto lo star power a disposizione del designer del Sol Levante. Vediamo infatti il regista Guillermo Del Toro (La forma dell’acqua) e l’attore Mads Mikkelsen (Casino Royale, Hannibal).

Chi è Hideo Kojima

La cosa che più colpisce gli appassionati, oltre all’ovvio interesse verso il videogioco in sé, è la capacità immediata che ha avuto il Tarantino del gaming di risollevarsi dall’affaire Konami e da quella che è stata la debacle di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain.

Solo l’anno prima infatti era risalito agli onori delle cronache il divorzio tra Kojima e la casa di produzione giapponese per la quale aveva lavorato sin dagli anni ’80 e per la quale aveva sviluppato la saga che lo lancerà nell’olimpo del mondo videoludico. Un divorzio nato da un inasprimento dei rapporti tra le due parti cominciato nel 2012 e mai nascosto da nessuno dei due interessati, in particolare da Kojima, che si è opposto alle nuove politiche della casa di produzione che intendeva diversificare verso il mercato mobile in modo da abbattere enormemente i costi di produzione, saliti alle stelle con l’ottava generazione di consolle.

 

 

Gli screzi tra casa madre e sviluppatore però arrivano al culmine nel 2015, a seguito della decisione della decisione della Konami di eliminare il nome di Kojima dal marketing dell’ultimo capitolo di Metal Gear e sostenendo che avrebbero continuato lo sviluppo della saga anche senza il suo creatore, in una grande prova di forza. Il risultato di questa violenta separazione è l’arrivo di un Metal Gear Solid V monco, con un intero finale tagliato dal prodotto finale, in cui si nota l’assenza del “tocco” di Kojima (famoso meme tra i gamers di tutto il mondo) e che inevitabilmente scontenta i fan. A questo va aggiunta la cancellazione del nuovo capitolo di Silent Hills a cui Kojima stava lavorando insieme a Guillermo Del Toro, collaborazione che ci ha solo donato il teaser giocabile P.T. E che lascia intendere come i videogiocatori abbiano inevitabilmente perso un probabile capolavoro dell’horror. Queste scelte quindi danno il colpo di grazia ad una Konami ormai ombra di sé stessa, eliminandola definitivamente dagli scaffali.

Ecco perché il ritorno di Kojima con una nuova IP ha scosso il pubblico in maniera così violenta, perché tutti erano curiosi di scoprire cosa avrebbe fatto senza limiti imposti dall’alto.

Come funziona Death Stranding

Perciò, di cosa si tratta? “Death Stranding” ci racconta di un America ormai allo sbando a causa delle conseguenze della scoperta della “spiaggia”, prova oggettiva dell’esistenza dell’aldilà e del conseguente arenamento sul nostro piano di esistenza delle creature provenienti da quel piano metafisico.

 

 

Toccherà a Sam “Porter” Bridges (Norman Reedus) riunificare quella che è ormai nota come United Cities of America grazie alla rete chirale. In un viaggio ricco di insidie dalla costa est alla costa ovest, il tutto ambientato in un paesaggio meraviglioso. Una gioia per gli occhi ottenuta grazie al motore grafico Decima che permette un realismo di personaggi e ambienti mai visto fino ad ora. Un vero e proprio “viaggio mistico” con le musiche di Ludwig Forssell e una serie di brani pop di artisti come Low Roar e Silent Poets che accompagnano una fase esplorativa mai banale ed emozionante.

Il marketing cinematografico di Kojima

Kojima, da amante del cinema, basa una parte della campagna marketing sulla scelta di rendere l’esperienza di gioco molto vicina a quella che si potrebbe vivere in sala, dando la possibilità di poter scegliere una difficoltà estremamente bassa. L’idea è buona, ma riesce a metà, a causa di uno stile di gameplay estremamente specifico, a partire dai menu e dalla gestione dell’inventario, figlia dei precedenti lavori dello sviluppatore. Molto divertente per chi è avvezzo a questo tipo di medium, ma che potrebbe causare non poche difficoltà a un neofita. Allo stesso modo la giocabilità si presenta come interessante, con un’importante dinamica stealth, una grande attenzione ai particolari ed un combat system che danno infinita soddisfazione al giocatore. Ma che appunto potrebbero creare qualche problema in chi deficita della manualità necessaria per poter utilizzare al meglio un controller PS4.

La passione cinefila di Kojima è quindi evidente nella scelta di dare enorme importanza alla parte narrativa del prodotto.  Con un gran numero di cutscenes soprattutto nella fase iniziale e dando poi enorme rilievo alla sceneggiatura per tutta la durata del gioco. Il lavoro di scrittura fatto dallo stesso Kojima in collaborazione con Hitori Nojima è un continuo susseguirsi di colpi di scena. Con relazioni umane sempre interessanti e mai statiche, in modo da non perdere l’attenzione del giocatore neanche nelle missioni secondarie. Non mancano inoltre gli easter eggs tipici dell’autore, utili spesso a smorzare la tensione nelle pause tra un capitolo e l’altro. La sceneggiatura di “Death Stranding” incolla il giocatore alla poltrona e basa la sua forza non solo sul soggetto fantascientifico. Ma anche e soprattutto sulla costruzione dei personaggi, dando una vera e propria anima a quelli che altrimenti sarebbero gli ennesimi ammassi di pixel dei quali ci si dimentica facilmente.

Il cast di Death stranding

Anima che viene data anche grazie alle interpretazioni del cast, il quale vede la presenza – oltre ai sopracitati Norman Reedus, Guillermo Del Toro e Mads Mikkelsen – anche di Léa Seydoux (La vita di Adele, Spectre), Margaret Qualley (Once upon a time… In Hollywood), Nicolas Winding Refn (Drive, The Neon Demon), Tommie Earl Jenkis e Troy Baker. Tutto il cast fa un lavoro egregio nel lavorare in un ambiente completamente artificiale (è stata infatti usata la tecnica del motion capture). E nonostante ciò a restituire un grande “realismo” nella scene recitate, grazie anche alla sapiente regia dello stesso Kojima, in grado di manovrare i suoi attori come se fossero su un set vero, così da ottenere performance di grande livello. Oltre ai pesi massimi Reedus e Mikkelsen, che qui danno prova ancora una volta delle loro capacità “davanti” alla macchina da presa, piacevole sorpresa è Tommie Earl Jenkis. L’attore statunitense con l’interpretazione di Die-Hardman regala una performance sentita, passando da personaggio stoico ad infinitamente umano, con un monologo sul finale che smuove le corde emotive di chi guarda e dà prova del talento dell’attore originario dell’Ohio.

Giudizio finale su Death stranding

Death Stranding” si impone sul mercato mondiale in maniera divisiva come solo una grande opera sa fare.  Con videogiocatori che acclamano il genio del suo autore e altri che lo etichettano come un semplice “Walking Simulator”. Ma è innegabile la rivoluzione narrativa che ha avviato, con un impianto narrativo che disintegra il confine tra cinema e videogioco, senza però sacrificare il divertimento attivo, componente fondamentale di quest’ultimo mezzo d’intrattenimento.

Perciò, cari Millenial, vi consiglio di rinunciare a qualche “sushino tattico” per regalarvi un’esperienza d’intrattenimento come mai in vita vostra, dalla quale uscirete colpiti ed estasiati.

Kojima è un fango, ma sa fare il suo lavoro.

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