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A cosa servono le newsletter di LinkedIn? I LinkedInfluencer per curare la solitudine del manager

31 Gennaio 2023
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Cosa significa fare il ghostwriter per aziende e manager? A cosa servono, realmente, le newsletter di LinkedIn? Un viaggio fra obiettivi, filosofie aziendali, tecniche di management e skills comunicative.

Quasi un anno fa ho iniziato a scrivere newsletter LinkedIn per alcuni amici che me lo avevano chiesto e poi anche per altri manager molto impegnati che avevano bisogno di rinforzare il proprio “personal brand”. Devo dire che è un’attività che dà soddisfazione. Non è facile, naturalmente, perché fare il ghostwriter per LinkedIn presuppone una profonda conoscenza del manager ma soprattutto dell’uomo.

All’inizio infatti è frustrante sentire i feedback: «Ma io non direi mai una cosa del genere», «Non sono io», «Non mi ci ritrovo». È normale e corretto che questo avvenga, dato che un manager in gamba, anche se ha poco tempo per scrivere, o poca voglia di dedicare energie a questa attività, ha di solito molto chiaro in testa come vuole presentarsi di fronte ai suoi interlocutori. La newsletter diventa quindi una sorta di pretesto per aprirsi, raccontare di sé, andare un pelo oltre le proprie remore, per comunicare aspetti di solito poco apprezzati quando si fanno affari.

Perché scrivere newsletter su LinkedIn

Quindi viene da chiedersi perché si decida di investire in questo mezzo di comunicazione social. La risposta probabilmente sta nella necessità di “vicinanza” comunicativa che abbiamo appreso essere un elemento chiave nel racconto di sé e della propria attività da quando esistono i social network.

Non solo: i manager ai vertici oggi hanno vissuto e stanno vivendo il periodo più complesso e rivoluzionario dell’economia mondiale. Da 15 anni si fronteggiano crisi imprevedibili che impongono scelte dure, che spesso si scontrano con l’indole collaborativa o entusiastica di chi assume l’incarico di portare avanti un’azienda come entità che ha anche uno scopo sociale e non soltanto di profitto.

Inoltre i manager millennial sono cresciuti con i “sentiment” delle piattaforme social, il che li pone nella necessità di essere al centro di dibattiti anche controversi dai quali non si possono esimere. Ecco perché non possono più bastare le comunicazioni fredde dei portavoce, le note affidate agli uffici stampa, gli speech brillanti ai convegni o i tweet improvvisati a rischio big fail. O, peggio, le operazioni di green washing o gender washing che, appunto, sono oggi soggette a essere immediatamente riconosciute e biasimate dal pubblico.

Competizione manageriale: tutti vogliono diventare LinkedInfluencer

Quando ho iniziato non immaginavo che si sarebbe giunti, oggi, a leggere articoli come questo, sui #LinkedInfluencer. Un titolo che porta una pratica tutto sommato underground per anni a essere overground e come tale soggetta a un mercato crescente.

Gli amministratori delegati si sbirciano l’un l’altro e, accanto a chi consapevolmente decide di avere un ghostwriter per LinkedIn e impara a usarlo, ci sono molti che cedono alla tentazione vanitosa di averne uno perché fa fico. In questi casi però l’operazione può essere pericolosa. Senza un grosso impegno preliminare da parte di entrambi i player si può infatti rischiare perdita di credibilità e nel peggiore dei casi cadute nel ridicolo.

Ghostwriting per newsletter di LinkedIn: un arduo compito, ma qualcuno doveva pur farlo

Il mestiere di giornalista insegna la ricerca dell’empatia profonda nei confronti di un intervistato, per esempio. Con l’allenamento si può diventare bravi, ma serve assolutamente una fase preliminare in cui bisogna conoscere tutto quello ha fatto sapere di sé la persona negli anni. Per poi giungere a fargli dire quello che non è mai riuscito a dire. Motivo per cui tendo sempre a rifiutare interviste via mail e se possibile anche via telefono. Anche meet, zoom o skype falsano il risultato. Questi mezzi non sono neanche lontanamente paragonabili all’incontro di persona con un intervistato, meglio se in un ambiente scelto da lui stesso.

Ma ciò che è davvero dirimente è l’atteggiamento, che non può essere quello di fornire con il contagocce informazioni soltanto sulle proprie attività in modo asettico. Annunciare per esempio nuove nomine e sostituzioni è sempre complicato e non c’è niente di male a far sapere che può essere complicato anche emotivamente. Quando scriviamo frasi fatte del tipo «Ringrazio TalDeiTali per il lavoro svolto in questi anni» sappiamo perfettamente che stiamo scegliendo la non autenticità delle relazioni e l’effetto su chi legge o ascolta è di sostanziale disinteresse.

Seguire un #manager su #LinkedIn è qualcosa che impone di sfuggire agli schemi della comunicazione tradizionale. E per farlo serve un’alleanza simile a quella che si crea con un coach, con un amico storico o con uno psicoterapeuta (esagerando). Come in ognuna di queste situazioni infatti il rapporto avrà successo soltanto se non prevarranno narcisismo e vanità.

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