Regali di Natale riciclati, l’idea di Baz e RDS per strappare un sorriso a questo 2020. L’intervista

17 Dicembre 2020
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Riuscire a far ridere, oggi come oggi, non è assolutamente banale, ma c’è chi riesce a farlo mixando musica e ironia.

Marco Baz Bazzoni assieme alla RDS Christmas Band lo fanno parlando di questo natale 2020 così surreale attraverso un pezzo dove viene presa in giro quella modalità di far regali inutili così, tanto per fare.

Ma chi è veramente Baz? Andiamo a conoscerlo per capire come questo tormentone voglia diventare non solo un motivo per sorridere, ma anche un qualcosa che possa portare un sorriso in più a chi sta veramente accusando il colpo di questa emergenza sanitaria.

 

Marco, tra personaggi di Colorado et similia e la veste di cantante, sei sulla scena da davvero tanto tempo, quando è arrivata la certezza di voler fare questo tipo di professione?

Ti dirò, da sempre… Sin dalla fine della scuola superiore sentivo questa necessità di stare su un palco e, nonostante i miei genitori mi raccomandassero ben altro, appena ho potuto ho preso armi e bagagli per trasferirmi a Milano per provarci.

 

Ed è stato duro l’approccio con la metropoli per te?

Guarda, per quanto mi riguarda posso dire assolutamente di no. In quegli anni lì c’era un gran fermento, soprattutto per il discorso “cabarè”. Quindi tra serate nei localini, prove e quant’altro mi sono ritrovato in una realtà dove proprio tra colleghi ci si scambiavano favori e, molte volte, in cambio di un piacere, di un passaggio, ci si offriva una pizza e via dicendo.

 

Nella tua carriera nel mondo dello spettacolo hai sempre avuto un occhio di riguardo anche per la musica vero?

Beh, sì! Ho sempre sognato di potermi cimentare anche in questo ambito, però poi il lato cabarettistico ha preso il sopravvento.

 

Possiamo dire che non è molto vero? Nella tua storia artistica hai anche investito parecchio proprio sulla tua voce e sul tuo profilo di cantante, tipo spostarti oltreoceano, dove hai preso lezioni da personaggi importanti.

Eh, non si può nascondere proprio nulla qui… (ride, ndr). Sì, mi sono trasferito anche a Los Angeles dove ho avuto la fortuna di poter studiare con Seth Riggs che è stato vocal coach di un certo Michael Jackson. Diciamo che, scherzi a parte, ho sempre cercato di poter crescere professionalmente a tutti i livelli.

 

Veniamo alla tua ultima fatica, “Il regalo che vuoi“, possiamo dire che hai avuto anche un certo coraggio ad affrontare un argomento oggi così spinoso come il Natale 2020?

Dici? Boh, io credo che ci sia anche bisogno di qualche sorriso e di un po’ di leggerezza quindi con il team che mi affianca in queste produzioni abbiamo pensato a un’idea che portasse un po’ di leggerezza e, forse, un sorriso in più oggi è davvero un qualcosa di cui si sente tanto il bisogno.

 

Dietro a questa canzone c’è anche un’iniziativa benefica in collaborazione con “Save the Children”, ce ne vuoi parlare?

Beh, proprio perché questo periodo così difficile sta creando problemi un po’ a tutti. Abbiamo pensato di creare quest’iniziativa per provare a dare una mano ai bambini italiani che hanno le famiglie in difficoltà a causa dell’emergenza sanitaria. E visto come sono andati i singoli precedenti usciti nei mesi passati ci abbiamo provato con questo progetto che speriamo diventi un po’ un tormentone per poi poter portare davvero un sorriso nelle case.

Debbo anche dire che lavorando per un’azienda come RDS diventa più semplice dare forma a idee come queste perché, e non è piaggeria credimi, qui c’è davvero tanta attenzione verso le criticità che ci circondano quindi.

 

A proposito dell’emergenza covid, come stai vivendo questi mesi così surreali?

Non è semplice, davvero non è semplice. In primis dover tenere in piedi un format che vuole esser leggero e spensierato non è proprio banale, visto il periodo, in seconda battuta proprio quest’emergenza ha messo a nudo la fragilità della categoria di cui faccio parte.

 

In che senso?

La pandemia sta mettendo in ginocchio tutto il comparto dell’arte e dell’intrattenimento e, secondo me, sarebbe proprio in questi momenti che un po’ di spensieratezza potrebbe aiutare la gente. E invece siamo tutti praticamente fermi con il risultato che non solo noi artisti dobbiamo affrontare situazioni economiche non proprio banali, ma proprio tutto l’indotto che ci gira attorno è letteralmente a terra e le persone che ci lavorano dentro stanno tirando il fiato con i denti e sono più che al lumicino.

È una situazione drammatica della quale, poi, si parla sempre troppo poco dando alle persone non dell’ambiente una percezione poco reale dell’inferno in cui si vive se campi d’arte.

 

Di solito quando si conclude un’intervista si fanno domande sui progetti futuri, in questo momento è una domanda che possiamo farti?

Beh, certo che sì! Poi quello che diventa difficile è cosa rispondere (sogghigna, ndr).
Io non vedo l’ora di poter tornare su un palcoscenico e non è soltanto per un discorso di sbarcare il lunario, ma è l’esigenza di avere di fronte le persone che mi manca da morire.
Per chi fa questo mestiere non poter interagire live con la propria gente è come morire dentro e quest’esigenza di scambio di energie sta diventando ogni giorno di più impellente come non mai.

 

A questo punto, allora, speriamo di poterci vedere per ridere assieme dal vivo, no?

Assolutamente sì, è fondamentale per tutti, credetemi.

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