Chi non vorrebbe avere i servizi sotto casa? E se si trattasse di un social? Oggi parliamo di una piattaforma molto particolare e del tutto made in Italy: Sblind. Il progetto è nato nel 2018, ma è dall’aprile di quest’anno che la prima beta è stata lanciata nei territori di Bergamo, Brescia e poi Milano, cominciando a macinare numeri interessanti.
Attualmente il social Sblind è invece fruibile su tutto il territorio nazionale. Perché ho dato queste informazioni apparentemente poco rilevanti? Perché la (geo)localizzazione è il fattore determinante dell’ossatura di questo social.
Passiamo ai dettagli. Sblind si definisce un social a KM zero o proximity social. Tutti i contenuti postati dagli utenti sono geolocalizzati e quindi fruibili da coloro che avranno impostato la stessa area geografica di riferimento. L’idea innovativa sta nel proporre, appunto, contenuti a KM Zero e quindi più interessanti e pertinenti grazie alla vicinanza con gli utenti che li leggono. Il sistema di per sé sembra abbastanza semplice, ma utilizzare questo come criterio base per un’intera piattaforma social è sicuramente avveniristico, perché permette un margine di espansione che esula da quello dei tradizionali social. E non è un punto di forza da poco, vista la galassia social dominata dalle superpotenze del gruppo Meta, Twitter e TikTok. Ma gli italiani, come sempre, guardano avanti!
Altro? Decisamente sì. Sblind non propone solo la ricetta KM zero. L’intento dichiarato è quello della massima trasparenza nei confronti dell’utente, con l’eliminazione di funzionalità cardini dei social tradizionali. Prima però è opportuno fare un passo indietro.
I tre pilastri di Sblind
Nel white paper di Sblind la riflessione parte dall’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, redatta il 25 settembre 2015 dai 193 Paesi membri delle Nazioni Unite. Un’agenda che, nei 17 goals dichiarati, non vede mai la presenza della parola “digital”. Citando direttamente dal white paper: “non esiste un chiaro e netto riferimento ad un tema che è parte integrante non solo della nostra vita ma delle relazioni umane, sociali e professionali. Riteniamo che sia una “svista” non tollerabile e che la sensibilità degli individui e l’attenzione al futuro del pianeta e dei suoi abitanti non possa e non potrà prescindere da questo”.
Questa dichiarazione di intenti si unisce a un’altra riflessione, ovvero quella dello strapotere degli algoritmi nella vita digitale degli individui e l’importanza di una corretta tutela della digital identity di ognuno di noi. Sblind quindi si articola su tre pilastri fondamentali. Un decalogo di norme e regolamenti nei confronti dei propri utenti. La valorizzazione delle relazioni e dei territori con un approccio a KM zero. La scelta responsabile di un social time.
Approfondendo brevemente questi tre pilastri, si scopre come il decalogo comprenda dichiarazioni di intenti precise nei confronti degli utenti. Un esempio? I dati vengono trattati esclusivamente da Blind e non da terzi. Non sono presenti algoritmi, non vengono inseriti cookies di terze parti o pubblicitari. Tutti i contenuti vengono validati singolarmente dalla piattaforma e non vengono mappati like o comportamenti in app.
Sembra un ritorno al passato dei primi social, con la differenza che le piattaforme tradizionali hanno sempre avuto come modello di business quello che ora fanno finta di rifuggire, mentre questa no.
Per quanto riguarda il sistema a KM zero, la dichiarazioni di intenti illustra come sia frutto della decisione di non condividere in maniera generalizzata contenuti, al solo scopo di accumulare visual o followers. L’intento è proprio quello di creare “innumerevoli social diversi” per contribuire alla sostenibilità e alla crescita delle comunità nelle quali ci relazioniamo.
L’ultimo pilastro, quello del social time, introduce di default un elemento già presente in altri social, ma chiaramente introdotto da questi ultimi a causa dell’elevato uso delle piattaforme da parte dei più giovani. Una volta finito il tempo di navigazione giornaliero, pari a 90 minuti, Slind non sarà più utilizzabile fino al giorno successivo.
Come funziona Sblind
Ma nella pratica? Un utente si iscrive alla piattaforma, decide come geolocalizzarsi per area (sono presenti tutte le province italiane) e i suoi contenuti appariranno agli utenti che hanno fatto la medesima scelta. La cosa si fa ancora più interessante perché, riflettendo bene, si nota come sia l’utente stesso a decidere dove geolocalizzarsi e non sia la piattaforma a farlo, nemmeno su richiesta. Questo piccolo ma fondamentale dettaglio dimostra come la dichiarazioni di intenti sul rispetto della digital identity sia presa alla lettera e questo fa ben sperare. Inoltre, a garantire la “freschezza” dei contenuti pubblicati, la scadenza è fissata a 30 giorni.
Alcuni dati? Dal lancio della versione beta ad aprile 2021, ci sono state quasi 1.250.000 visualizzazioni singole e 27.500 contenuti caricati.
I rischi? Mancando tutto il sistema di introiti derivanti dalle sponsorizzazioni, è difficile stabilire il margine di sostenibilità sul lungo periodo e con grandi numeri (vi ricordate BeReal?). Il modello di sviluppo è però molto interessante e sono sicuro che ne vedremo delle belle nei prossimi mesi.
Una cosa è certa: il social tradizionale vacilla sempre di più e nuove proposte nascono di continuo. Non resta che vedere quale sarà quella vincente.
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