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Tre notizie di aprile dal mondo digitale

24 Aprile 2023
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Mentre il mese di aprile volge al termine, l’argomento da trattare non poteva che essere quello del momento, ovvero le AI. Finiti i tempi del buon Zuckerberg o quelli del Metaverso? Le cose girano sempre, quindi è meglio non dare nulla per scontato, ma intanto il piatto forte è questo. E noi ve lo serviamo con le tre notizie di aprile dal mondo digitale.

MENTRE IL GARANTE SI BARCAMENA CON CHATGPT, GLI ITALIANI LO FANNO CON PIZZAGPT

La prima delle tre notizie deriva, guarda caso, dall’ormai celebre questione riguardante ChatGPT. Il suo blocco ad opera del Garante della Privacy italiano non poteva restare senza conseguenze. Anche in questo caso, le immense potenzialità della rete, unite ad un pizzico di ingegno in salsa nostrana, hanno permesso di aggirare parzialmente il problema. Naturalmente stiamo parlando di un “cervello in fuga”, perché l’iniziativa viene da Lorenzo Cella, software engineer italiano che lavora in Svizzera.

Cos’ha fatto? Semplice: ha creato PizzaGPT, una versione di ChatGPT in grado di “aggirare” il blocco imposto dal Garante. La soluzione è stata semplice, ma geniale: eliminare le parti relative al trattamento dei dati personali (utilizzati da OpenAI per addestrare la sua intelligenza artificiale) e tenere tutte le restanti potenzialità dell’AI. In poche parole, utilizzare ChatGPT e le sue risorse informatiche senza ulteriori “addestramenti” dell’algoritmo.

Ma come è possibile che OpenAI abbia concesso l’utilizzo della sua creatura? Semplice, come lo concede a tutti, ovvero a pagamento. Per ogni richiesta che viene immessa dentro PizzaGPT, qualche centesimo viene elargito a OpenAI. Se pensate al numero delle richieste che possono essere fatte, si può arrivare a cifre veramente importanti. Infatti, il creatore sollecita donazioni “al prezzo simbolico di una pizza” per continuare a far vivere la sua creatura. 

Tecnicamente, PizzaGPT potrebbe utilizzare anche il modello più avanzato di OpenAI, ovvero GPT 4, ma i costi, al momento, risultano troppo elevati. Da qui la decisione di usare la “vecchia versione” dell’API, la 3.5.

Il lavoro di implementazione di questo clone in salsa nostrana, a detta del suo sviluppatore, ha impiegato solamente un paio di ore di codifica, ma è chiaro che si tratta di una soluzione imperfetta e non esente da bug. La raccomandazione è sempre la stessa: non fidarsi ciecamente delle capacità delle AI e verificare sempre i dati, per evitare di incappare in qualche patacca difficilmente correggibile (soprattutto in ambito aziendale). Intanto il Garante sonnecchia sul suo divano e aspetta un passo falso. Un piccolo passo falso.

GOOGLE SI MUOVE E, DOPO I PRIMI DISASTRI DI BARD, ANNUNCIA DEEPMIND

Tutti conosciamo le vicissitudini (già trattate in altre “tre notizie”) che hanno accompagnato il lancio stentato del progetto Bard di Google. Dopo un inizio decisamente tentennante e il timore che il colosso di Mountain View venisse surclassato dall’avvento delle AI (e dai competitor che le usano), ora c’è una novità. La holding di Google, Alphabet, ha infatti annunciato ufficialmente la creazione di Google Deep Mind. È stato lo stesso CEO di Google (e Alphabet) Sundar Pichai a scriverlo sul blog ufficiale, annunciando la fusione di due team di sviluppo: il team Brain di Google Research e il gruppo di ricerca DeepMind. Visto che, evidentemente, “Brain Research Google Deep Mind” sembrava troppo delirante, il nuovo nome del superteam ha raccolto semplicemente gli ultimi tre termini.

Lo scopo? Lanciare l’ennesima sfida a OpenAI e guadagnare sul tempo perduto nello sviluppo delle intelligenze artificiali. Non si conoscono grossi dettagli oltre all’annuncio stesso, che peraltro si limita a indicare i vari ruoli principali del team di sviluppo. Quel che è certo è che Google stia tentando il tutto per tutto per non perdere il treno e sviluppare qualcosa di veramente competitivo sul piano delle AI, in una corsa che assomiglia sempre di più a una maratona.

CHATSONIC: UN’ALTERNATIVA BOOST A CHATGPT

Di strumenti per usufruire delle potenzialità delle intelligenze artificiali ce ne sono a bizzeffe. Oltre al famoso ChatGPT, molti altri attori si stanno affacciando sulla scena, specialmente nel nostro Paese. Uno di questi è Chatsonic, AI conversazionale del gruppo Writesonic, famoso per essere utilizzato da scrittori in crisi di vocazione e giornalisti a corto di regole grammaticali. Con Chatsonic si può già sfruttare il potente GPT 4, ma avere anche accesso a funzioni che con ChatGPT non sono al momento attuale disponibili (se fosse utilizzabile in Italia, ovviamente).

Il primo fra tutti? L’utilizzo del sistema di elaborazione del linguaggio naturale (NLP), che le permette di rispondere decisamente meglio dell’italiano medio alle richieste dell’utente e inoltre di capire con più prontezza eventuali richieste elaborate. Altra particolarità? Chatsonic è in grado di creare ed elaborare immagini, cosa che alla rivale non è al momento possibile fare nativamente. Inoltre, l’AI è in grado di recepire anche i messaggi vocali, quindi le richieste possono essere effettuate direttamente a voce. Infine, ChatGPT è addestrato con dati fino al 2021, mentre con Chatsonic è possibile integrare le ultime informazioni provenienti da Google con un’apposita opzione. 

Il prezzo da pagare? Chatsonic non è gratuita. O meglio, esiste una versione di prova gratuita, che contiene però un limite importante: 2500 parole al mese. Questo è decisamente limitante per chiunque chieda di più della ricetta per i cupcakes (e anche lì si deve probabilmente saltare la parte delle dosi), inoltre la qualità massima dei contenuti prodotti è garantita solo per le versioni a pagamento. È quindi un’AI orientata più al lato business e le opzioni a pagamento sono molteplici, essendo suddivise sia per tre livelli di qualità di quanto prodotto, sia per il numero di parole (sulla scia della stessa Writesonic).

Ci sono comunque anche dei lati negativi. La generazione delle immagini non è ottimale e decisamente inferiore a rivali più specifiche nel campo (come Midjourney o DALL-E) e “costa” all’utente l’equivalente di 200 parole del suo plafond. Dato che però Chatsonic ne genera minimo due, il costo sarà in realtà di 400 parole a richiesta. In più, come già accennato, è possibile usufruire delle ultime informazioni tratte da Google, ma l’opzione prevede un pagamento extra per ogni parola.

Insomma, una soluzione non alla portata di tutti i portafogli, ma sicuramente un’alternativa “di lusso” per chi non ha tempo da perdere e molte richieste da fare.

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