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Tre notizie di gennaio dal mondo digitale

24 Gennaio 2023
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Un nuovo anno è iniziato, ma è già tempo di fare qualche bilancio su questo primo mese. Ecco allora tre notizie di gennaio dal mondo digitale (spoiler: anch’io parlerò di ChatGPT).

1. ELON MUSK VENDE RELIQUIE DI TWITTER PER RISANARE I CONTI

Ebbene sì, siamo in un momento economico difficile e anche il buon Elon Musk non fa eccezione. Dopo la difficoltosa acquisizione di Twitter e il tentativo di “muskizzazione” della piattaforma con alterni successi, ora è venuto il momento di fare un po’ di conti. Sì, perché con il crollo delle entrate pubblicitarie, la fuga di utenti verso altre piattaforme come Mastodon e la situazione economica internazionale, anche Twitter rischia di diventare un peso notevole. E cosa si inventa il nostro Elon? Mettiamo all’asta i cimeli dell’azienda, così magari facciamo un po’ di cassa.

Dopo l’annuncio della messa in vendita a dicembre, l’asta è iniziata il 17 gennaio, per concludersi 24 ore dopo. Inutile dire che i cimeli hanno riguardato le cose più strambe, come si possono trovare solo in aziende di piattaforme digitali con (ben) 27 anni di storia. Si passa dall’iconica statuetta con l’uccellino fino a cose più impegnative, come un’enorme @ di due metri. Naturalmente, i più poveri potranno puntare su computer usati, seggiole ecc. Praticamente qualunque cosa venisse utilizzata all’interno di Twitter prima dell’arrivo di Musk (che, come sappiamo, ci ha portato solo un lavandino).

Non si conosce ancora l’ammontare dei guadagni derivati dall’operazione, ma come ha dichiarato un rappresentante di Heritage Global Partners, la società che ha gestito l’asta: “Se qualcuno pensa davvero che le entrate derivanti dalla vendita di un paio di computer e sedie ripagheranno quella montagna, […] allora è un idiota”. La montagna è ovviamente un casuale riferimento ai 44 miliardi di dollari spesi da Musk per comprare Twitter, mentre gli idioti sono quelli che si scannano per avere un pezzetto dell’azienda che fu. Oppure si riferiva a qualcun altro?

2. METAVERSO: QUALCUNO COMINCIA A TIRARE IL FRENO A MANO

Nonostante l’entusiasmo economico che gira attorno al Metaverso, i problemi concreti si fanno sempre più evidenti. È notizia di pochi giorni fa che Microsoft ha annunciato la chiusura di AltspaceVR, la piattaforma di VR acquisita nel 2017. Nonostante le premesse, il progetto vedrà la sua scadenza il 10 marzo 2023 e l’azienda concentrerà i suoi sforzi su Mesh, la sua piattaforma di realtà mista annunciata nel 2021, che strizza l’occhio al mondo del business e solo a quello. Sarà, intanto Microsoft licenzierà l’intero team di AltspaceVR, nell’ottica dei 10.000 esuberi che l’azienda ha annunciato all’inizio dell’anno. Insomma, un vero passo indietro rispetto a previsioni forse fin troppo ottimistiche sul Metaverso “Zuckerberg oriented”.

Ad aggiungere benzina sul fuoco, il fatto che l’azienda abbia deciso di ridurre l’organico del team dedicato allo sviluppo di HoloLens, il dispositivo olografico senza cavi destinato a settori come l’istruzione, l’ingegneria e l’assistenza sanitaria. Insomma, niente di compromettente, ma di sicuro l’azienda sta cercando altre vie rispetto all’investimento diretto nel mondo del Metaverso. Intanto arrivano importanti dati sul settore da un interessante studio del Politecnico di Milano, ma a questo dedicherò un approfondimento nelle prossime settimane.

3. È CHATGPT MANIA: PECCATO CHE CI SI DIMENTICHI DI USARE IL CERVELLO

Di ChatGPT è stato scritto qui (non da ChatGPT). Però è sempre divertente vedere come una nuova tecnologia, che spesso causa comportamenti del tutto assimilabili a quelli di una nuova moda, porti a storpiature veramente divertenti. È il caso di CNET, sito di news tecnologiche finito nella bufera per l’uso spasmodico dell’intelligenza artificiale nella redazione dei suoi articoli. Cos’è successo? Semplice: un altro sito, Futurism, ha notato che qualcosa non andava nei 70 articoli della piattaforma rivale redatti negli ultimi due mesi.

In poche parole, i pezzi contenevano una solfa infinita di frasi fatte e finite, molto SEO friendly, ma poco utili a fini informativi. Insomma, un modo come un altro per salire in alto nella SERP di Google, cercando nel frattempo di turlupinare gli utenti con un’offerta di notizie apparentemente sempre aggiornata e completa. Vero è che, sotto agli articoli incriminati, appariva la dicitura “scritto da CNET Money Staff” e cliccando sopra appariva la scritta “tecnologia automatizzata”, ma è palesemente sospetto il nascondere sotto questa criptica definizione l’utilizzo intensivo di un AI negli ultimi due mesi.

Scoperta, l’azienda non ha trovato niente di meglio da utilizzare se non una scusa degna delle dichiarazioni della Corea del Nord all’ONU sui test atomici. La direttrice ha dichiarato che si trattava di un esperimento volto a “vedere se la tecnologia può aiutare il nostro staff di giornalisti nel lavoro, per coprire gli argomenti a 360 gradi”. Sicuramente i giornalisti hanno ricevuto parecchio aiuto, dal momento che non hanno dovuto più scrivere nulla. Da qui però è nato il paradosso. Se gli articoli generati fossero stati oggetto di un editing pesante, avrebbero aumentato il loro grado di “umanizzazione”. Questo però avrebbe fatto perdere la perfetta architettura da posizionamento SEO che li distingueva.

L’azienda ha cercato di mettere una pezza alla questione modificando la dicitura sotto ognuno degli articoli incriminati. Ora è segnalato l’uso di un AI per la scrittura dell’articolo, assieme al redattore che ne ha curato la correzione e la revisione. Sì, perché adesso l’azienda dovrà rivedere e correggere tutti gli articoli che ha creato con la chat, utilizzando però “intelligenze umane” che, come tali, andranno sicuramente pagate ben più di un eventuale abbonamento. Uno scambio equo? A voi l’ardua sentenza.

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