In Sirene Levante racconta un’estate di disillusione, di programmi andati in fumo. Così continua l’elaborazione psicologica della Grande Epidemia.
Intenso, malinconico e attuale. Sirene è il nuovo singolo di Levante che si dimostra songwriter di razza e interprete di valore.
Tempo fa su queste pagine recensivo Sbadiglio definendo davvero intrigante e molto promettente la carriera di Levante. E non mi sono sbagliato poi di tanto.
Una linea ritmica morbida, ma al contempo molto avvolgente, rappresenta il giusto timing per l’arrangiamento, con un bel giro di basso che ricama arabeschi gustosi.
Tappeti di tastiere un po’ eterei dipingono immagini quasi surreali, a livello armonico, con una semplice ed efficace ritmica di pianoforte a schiarire le tonalità nei ritornelli.
Levante si cala interamente nel mood della canzone con il suo stile e il suo modo raccontare storie ed emozioni, ovvero con passione e cuore.
Da gustare a occhi chiusi con un moscow mule a portata di mano.
La storia
Sirene è il racconto intimo di un’estate “sospesa”. È un brano dolce e insieme crudele: attraverso la metafora di una conversazione tra Levante e i suoi fan, il testo rappresenta il sogno e la sua fine.
Il mare, con le sue sirene, è la promessa disattesa di un appuntamento e di un luogo d’incontro, perché questo non è tempo di castelli: bisogna rimandare il viaggio verso quell’estate che siamo abituati a sognare.
Il video, firmato da Giacomo Triglia e la produzione di Borotalco.tv, rappresenta, secondo le parole dell’artista, «cinque sirene in cinque scenari alieni, cinque volte Ulisse senza mare, con le mani libere e il cuore legato. Sentire il profumo dell’estate e non avere nessun contatto con l’estate».
«Un canto slegato, una musica morbida su cui appoggiare la testa e il petto mentre il mondo si ostina a nascondere lo strappo, la scucitura. Il linguaggio visivo delle sirene non conosce nessuna stagione. Il tempo è sospeso in uno spazio in cui il contatto assomiglia a un peccato».
Così Levante descrive la nascita di Sirene: «L’8 giugno 2020 ho annunciato ai miei fan l’annullamento del tour estivo causa Covid19. Non è facile per nessuno dire “questa estate non lavoriamo”, non lo è stato nemmeno per me che sono un animale da palco e al momento, lontana dal live, sono in cattività.
È stato un attimo, ho preso la chitarra e ho scritto Sirene. Ed è stato proprio come per Alfonso, stavo raccontando una cosa triste su una musica leggera e onestamente non mi sembrava vero, visti i tentativi di scrittura fallimentari durante la quarantena.
Sapevo che sarebbe arrivato questo brano, ma non sapevo come e non sapevo perché. Il perché è la delusione del sogno, una conversazione immaginaria tra me e i fan in cui, dopo l’entusiasmo per il desiderio di ricongiungimento nel ritornello intervengo con la cattiva notizia di una pausa.
Chiusi gli ombrelloni, stesi i desideri, sgonfiati i braccioli… non ci resta che accontentarci di quello che rimane oggi, la pioggia (perché sì, quello dell’8 giugno era un giorno di pioggia).
Sirene, la delusione del sogno, è anche l’illusione del sogno, perché la parola inevitabilmente ti lascia pensare al mare, ma le uniche sirene che sentiamo sono quelle delle nostre città, l’allarme, lo stop.
Ho sentito il bisogno di raccontare, come sempre, la realtà, il contesto… e non di fingere che, dal 21 giugno, quando è esplosa l’estate, siamo tornati o a fare quello che facevamo la scorsa o che faremo nella prossima. Questa è un’estate diversa e io sono qui a raccontarla».
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