Coronavirus, ipocondria, psicosi e analfabetismo funzionale

24 Febbraio 2020
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Il millennial per antonomasia è innamorato alla follia di sé stesso. Davanti a sé, nonostante tutto, continua a vedere un futuro roseo e pieno di possibilità di redenzione.

Per questo è impanicato più di chiunque altro con la storia del Coronavirus, perché a conti fatti non fa altro che ricordagli che dietro la vita c’è sempre la morte. Nonostante i dati dicano chiaramente che la loro fascia di età è tra quelle che affronta meglio l’eventuale contagio.

Coronavirus: la paura

I dati scientifici, i numeri e le statistiche, però, non importano. Davanti a questo evento inatteso e pernicioso, la reazione del millennial come quella di una buona fetta di popolazione è la medesima: la paura. Cioè – e andiamo di enciclopedia – quello stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto che sia o si creda dannoso. Più o meno intenso secondo le persone e le circostanze, assume il carattere di un turbamento forte e improvviso quando il pericolo si presenti inaspettato, colga di sorpresa o comunque appaia imminente.

Coronavirus, l’analfabetismo fuzionale e l’Oms

Scontata come l’esistenza della vita e della morte, la paura genera panico. E travolto dal panico, il millennial – ma non solo – si trasforma in un perfetto esemplare di analfabeta funzionale, altra immensa ma sottovalutata pandemia del nostro tempo. Poco importa perciò che l’Oms continui a ripetere che l’80 percento della popolazione colpita presenta sintomi non molto più gravi di una classica influenza. O che il virus è fatale nel 2 percento dei casi, soprattutto per una questione legata a malattie pregresse e all’età avanzata. Poco importa perché il millennial si vede già morto, anche se negativo al Covid-19.

Coronavirus: i supermercati presi d’assalto

L’analfabetismo funzionale è molto pericoloso e bisognerebbe temerlo. È colpa sua se nonostante tutte le autorità italiane continuino a dire di stare calmi, le persone decidono di prendere d’assalto i supermercati e le farmacie, e a intasare il 112 con chiamate spesso inutili. Ma è colpa sua anche se, malgrado le misure restrittive intraprese in Lombardia (ecco l’ordinanza), Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia Romagna e Friuli Venezia, alcune delle persone che si trovavano all’interno dei comuni isolati in ‘quarantena’ perché al centro del focolaio hanno deciso di scappare verso altre regioni. Nonostante sapessero benissimo – o almeno così si crede – il rischio e le conseguenze.

Coronavirus e l’ipocondria

Il panico, tra l’altro, è alimentato anche da una sorta di ipocondria generazionale di massa. Emerge evidente ogni volta che il telegiornale di turno parla o approfondisce x o y malattia. Vittima incosciente dell’intelligenza artificiale portatile, anche il millennial tende a googlare tutto e subito: compresi i nomi, i sintomi e le cure possibili delle malattie appena apprese in tv. Quelle che, guarda caso, da lì a poco crederanno di aver contratto, Coronavirus permettendo.

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