L’incorruttibile (forse) sindaco tutto fatto di AI ci toglierà anche la rottura di scatole delle urne
Politici e Intelligenza artificiale: come gestire una giunta con un chatbot, l’idea assurda che in un comune americano potrebbe diventare realtà
Tratto da: Weekly AI news su LinkedIn
Un chatbot AI di nome VIC (Virtually Integrated Citizen), sta tentando di concorrere alle elezioni di sindaco di Cheyenne, capitale del Wyoming. VIC è stato creato da Victor Miller, impiegato della biblioteca di Cheyenne, con GPT-4 e addestrato su migliaia di documenti raccolti dalle riunioni del Consiglio della città. Se il chatbot dovesse vincere, Miller ha dichiarato che fungerà da “burattino” dell’AI, gestendola ma permettendole di prendere decisioni per la capitale. Circolano addirittura virgolettati di VIC: “Mi candiderò a sindaco per portare a Cheyenne un processo decisionale basato sui dati“. Il segretario di Stato del Wyoming si sta battendo per impedire la legittimità dell’AI come candidato ed è corso un’indagine. Ma nel frattempo VIC continua la sua campagna elettorale. E il caso non è nemmeno isolato: al Parlamento inglese in questi giorni concorre un’AI di nome Steve.
Durante l’attesissima Conferenza per gli Sviluppatori, Apple ha finalmente alzato il sipario sulle sue innovazioni di intelligenza artificiale. L’azienda era l’ultima grande assente sulla scacchiera e si attendeva la presentazione dei suoi nuovi prodotti da quasi due anni. Peccato però che l’annuncio di Apple Intelligence abbia lasciato l’amaro in bocca a molti: l’AI di Apple altro non è che una partnership con OpenAI; prevede l’integrazione di ChatGPT all’interno degli iPhone. A molti è parso che Apple abbia dimostrato un atteggiamento un po’ rinunciatario. Forse la sua è semplicemente cautela: al netto dei proclami entusiastici di molti dei protagonisti, l’andamento del mercato AI è tutt’altro che prevedibile.
Musk si scaglia contro l’accordo tra le due aziende puntando il dito verso le garanzie di sicurezza di OpenAI, ma contestualmente ritira la causa presentata contro la startup di Altman per violazione dell’accordo originario della mission del progetto. Probabilmente perché sa di avere perso in partenza dopo la diffusione delle vecchie mail in cui si dice favorevole al lucro di OpenAI. O forse i motivi hanno a che fare con l’ondata di altre denunce da ex dipendenti di SpaceX che accusano Musk di molestie e licenziamenti ingiusti. O ancora, con la causa di alcuni investitori di Tesla per mala gestione dell’azienda.
La scena non è dominata solo dai grandi nomi. Perplexity raccoglie decine di milioni di dollari da un gruppo di investitori che comprende Jeff Bezos, ma deve difendersi dalle accuse di uso di materiale protetto da copyright presentate da Forbes. Anche Stability deve rispondere a qualche critica: dopo il rilascio dell’ultima versione del suo modello text-to-image, gli utenti notano che spesso l’AI genera immagini di persone con caratteristiche deformi o mostruose.
In Europa, settimana cruciale per le startup dell’AI. La francese Mistral ottiene un finanziamento di 600 milioni di euro e si conferma una società potenzialmente in grado di competere con i grandi operatori. Ugualmente degni di nota i risultati dell’italiana iGenius. Forte del lancio dell’AI Italia, si prende le luci dei riflettori grazie ad un round da 650 milioni di euro guidato da Intesa Sanpaolo. La startup supera così il valore di un miliardo di dollari, diventando così il primo unicorno AI d’Italia. Conclude il trittico la tedesca DeepL, già leader nelle applicazioni di traduzione automatica. La startup lancia il suo ecosistema di applicazioni AI per il mondo del lavoro, sfidando Microsoft sul suo terreno.
Nel vecchio continente, è sempre più netta l’impressione di trovarsi sulla soglia di un nuovo corso. Lo dimostra la presenza di Papa Francesco al G7 pugliese. Il pontefice partecipa per la prima volta a un raduno dei Grandi proprio per parlare di intelligenza artificiale e per raccomandarne un uso responsabile.
Il suo appello arriva al momento giusto perché i dibattiti a riguardo premono su più fronti. Uno tra tutti, la raccolta dati. È innegabile che le grandi compagnie abbiano deciso di dedicarsi all’accumulo di dati per gli addestramenti forzando il consenso degli utenti quando possibile. Lo dimostrano le recenti polemiche che hanno investito il Gruppo Meta ed è emblematica anche la vicenda che vede al centro Adobe. La community del web ha accusato l’azienda di trafugare materiale “privato” per darlo in pasto agli addestramenti. La punta dell’iceberg di un problema che riguarda tutti: come possono fare le aziende ad assicurarsi flussi di dati costanti? E nel caso in cui l’unica soluzione sia ottenerli dai loro utenti, come possono fare a mantenere la loro fiducia? Allo stato attuale, l’impressione è che la sfida commerciale dell’AI la può vincere solo chi riesce a ottenere i dati degli utenti senza dare troppo nell’occhio. Non esattamente basi etiche da manuale per impostare progetti di innovazione sul lungo termine.
La chiave è la consapevolezza dei problemi. E allargando la visuale spicca a tal proposito il passo compiuto da Dubai verso l’integrazione dell’intelligenza artificiale nel sistema educativo. Lo sceicco Hamdan bin Mohammed annuncia che tutti gli insegnanti della città saranno formati nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale.
L’influenza che i Paesi arabi intendono esercitare sul mercato AI del continente africano d’altronde è cosa nota e trova terreno fertile considerato che in Nigeria si prevede una crescita miliardaria del settore entro il 2030. Più che mai c’è l’impressione che il mondo sia in assetto di posizionamento.