La figura di John Lennon, icona dei Beatles e simbolo di pace e ribellione, scatena dibattiti tra cinefili e attivisti alla mostra del cinema Venezia 81, anche tra le nuove generazioni.
A giudicare dai gruppi di ragazzi che affrontano la calura per seguire la Mostra del Cinema di Venezia quest’anno, personaggi mitologici degli anni Sessanta possono colpire in pieno anche le nuove generazioni. La domanda è: «cosa ne pensa realmente la Gen Z di questo mito così sfrontatamente boomer?
Un documentario, One to One: John and Yoko, presentato all’81esima Mostra del Cinema di Venezia, offre spunti interessanti per esplorare i motivi di un’affezione dei giovani a star che più dei loro genitori riguardano i loro nonni.
Il film, diretto da Kevin MacDonald e Sam Rice-Edwards, si concentra su un periodo cruciale della vita di Lennon e Yoko Ono, mettendo in luce la loro dedizione alla pace in un’epoca segnata da conflitti e disordini sociali. Attraverso materiali inediti e filmati restaurati, il documentario racconta la storia di un artista che ha cercato di utilizzare la sua fama per promuovere valori di non violenza e giustizia sociale.
Per la Gen Z, con la sua fissazione per crisi climatica, disuguaglianze sociali e tensioni politiche, la figura di Lennon può effetivamente apparire sia ispiratrice che distante. Molti giovani vedono in lui un pioniere della lotta per la pace, un messaggero di ideali che risuonano ancora oggi. Secondo querllo che si legge sui social Lennon rappresenta per i ventenni di oggi un’epoca in cui la musica era un veicolo di cambiamento. Scrive Sofia, classe 2005 nel copy del suo ultimo post: «La sua musica e il suo attivismo mi fanno pensare a come possiamo usare le nostre piattaforme per fare la differenza».
Ma la Generazione Zeta, come sappiamo, ama molto anche mettere alla berlina i miti boomer. E ci sono anche (e non sono pochi) quelli che si interrogano sulla reale efficacia del messaggio di Lennon. «È facile cantare per la pace, ma cosa ha fatto lui concretamente?», si chiede Marco studente di Scienze Politiche su X. «Prima di osannarlo dobbiamo chiederci se le sue azioni e i suoi messaggi abbiano avuto un impatto duraturo o se siano rimaste solo parole. Ecco io credo che siano rimaste parole».
Il documentario, con il suo focus sui concerti di beneficenza e sull’impegno sociale di Lennon, offre comunque una prospettiva su un artista che ha cercato di unire la musica e l’attivismo. Sean Ono Lennon, figlio della coppia, che però è nato nel 1975, quindi se vogliamo parecchio fuori dal target Zeta, sottolinea l’importanza di questo docu: «Mostra l’incrollabile dedizione dei miei genitori alla promozione della pace durante un’era turbolenta». Questo richiamo alla responsabilità sociale è di certo allineato ai valori della Gen Z, non di tutta, ma sicuro di quella che ambisce ad avere visibilità e influenza nelle sfide globali.
Insomma anche in questo caso la Gen Z scivola via dalle possibili interpretazioni ed è complesso stabilire quale sia il suo vero rapporto con alcune figure iconiche. L’epoca della cancel culture è l’equivalente del crepuscolo degli dei per le vecchie star del secolo scorso e non solo.
Ci si accontenti se da un lato c’è ammirazione per il suo impegno e la sua musica; e si valuti una critica costruttiva che invita a riflettere sull’efficacia del suo messaggio e suelle sue scelte di vita. Vedere il documentario serve a capire se dobbiamo tenerci John Lennon come musicista o se dobbiamo metterlo sul piedistallo dell’attivismo che la Gen Z riserva ai suoi grandi ispiratori.
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