Super Vacanze di Natale, flop o canto del cigno di un’Italia felice?

Scatologia o escatologia?

28 Dicembre 2017
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Super Vacanze di Natale sta avendo incassi relativamente mediocri. Cosa abbastanza prevedibile dal momento che è un collage di film precedenti. Ma se il suo senso fosse molto più profondo di un conto al botteghino?

Visti i bassi costi si tratta, comunque, di un’operazione economicamente positiva. Probabilmente la produzione di Super Vacanze di Natale aspirava a risultati migliori ma era una visione eccessivamente ottimistica, da non-millennial: oggi come oggi gli spezzoni più “epici” sono ampiamente disponibili online. Alcune scene del mitico primo Vacanze di Natale sono recitate a memoria, la sua colonna sonora è quella ufficiale delle Festività, rimpiazza abbondantemente Tu scendi dalle stelle ed Adeste Fideles, ormai politicamente scorretti.

Idolo di tante donne per i suoi magnetici occhi azzurri, il “curatore” del film, Paolo Ruffini è, soprattutto, una persona intelligente e acuta. Qualità che sono l’essenza stessa della comicità.

Ruffini è un quasi-millennial ( il 1978 di nascita è un anno limite… ), come tale è cresciuto a cinepanettoni. Da piccolo è rimasto probabilmente incantato da Vacanze di Natale. Come tanti figli degli anni ’70 non avrà capito tutte le battute ma il suo inconscio avrà assorbito le istanze e gli umori rappresentati magistralmente dai fratelli Vanzina.

Carlo ed Enrico Vanzina sono stati gli aedi dell’Italia degli anni ’80. Omero ha cantato della società greca antica nell’Iliade e nell’Odissea: dei suoi valori, dei suoi schematismi e delle sue paure. Similmente i Vanzina hanno rappresentato un’Italia in boom che aveva superato gli anni – bui – di piombo. Un’Italia ricca, ottimista, a tratti perversa, “stra-italiana”: l’Italia degli “Yuppies” insomma. Non a caso anche i film Yuppies e Yuppies 2 sono presenti nell’odierna antologia ruffiniana.

Gli aedi Vanzina sono stati molto criticati, sia allora che oggi. I loro personaggi sono stati considerati delle macchiette. I due fratelli erano spesso trattati come Berlusconi della cinematografia. Del resto, i critici erano più o meno gli stessi.

L’affinità col berlusconismo non è politica ma etica: il comune essere di massa. Specchio di un’ethos, appunto.

Nel ’91 gli “orridi” politici della prima repubblica portarono l’Italia ad essere la quarta potenza economica del mondo. Sono stati abbattuti, la cosa era evidentemente inaccettabile. Sulle loro macerie è emerso il berlusconismo e con questo sono continuati i cinepanettoni: in Christmas in love (di Neri Parenti) gli italiani sono ancora così ricchi da poter andare in vacanza a Gstaad.

Tutto ciò è finito nel 2011. Non a caso l’ultimo vero cinepanettone è di quell’anno. Nell’antologia di Ruffini, Super Vacanze di Natale, abbiamo ancora Colpi di fulmine 2012 e Colpi di fortuna del 2013 ma sono, appunto, dei “colpi” spiccatamente disomogenei rispetto ai 23 precedenti,

Il 2011 è stato l’anno del “Colpo di Stato di Velluto”, come viene ormai definito da molti, le repentine dimissioni di Berlusconi, richieste dall’Europa, e la successiva ascesa di Monti.

L’Italia, con Tremonti ministro, aveva attutito le conseguenze della crisi finanziaria del 2008, il paese non ha però retto le seguenti riforme imposte dall’Europa merkeliana dal 2011.

Si diceva che il nostro debito pubblico stava esplodendo e che la “cura Monti” fosse necessaria. Con tale cura il debito è aumentato e l’economia è crollata, però altri risultati sono stati certamente raggiunti. E’ infatti finita l’epoca di una certa Italia, dell’ethos berlusconiano-vanziniano. E’ iniziata l’epoca dei “sacrifici”, del pianto della Fornero, la crisi della classe media, la caduta della produzione industriale, l’esodo dei giovani italiani in cerca di lavoro, l’aumento della disoccupazione. Si parla oggi di generazioni distrutte. Non c’è più da ridere, c’è austerità: è la legge dell’altare.

L’ethos yuppie era stato già attaccato frontalmente, fin dal suo nascere, da una certa élite.

In ambito culturale aveva irriso ed attaccato il relativo filone cinematografico. Gli intellettuali impegnati trovano estremamente volgare che una produzione possa incassare 17 milioni di euro: i film veri, quelli “impegnati”, li finanzia lo Stato. La massa, infatti, non può capirli (è superfluo dire che non andrà a vederli). E’ quindi probabile che un film in perdita, totalmente coperto da finanziamenti pubblici, sia una Grande Opera.

Lo stra-italiano Paolo Villaggio dette una risposta lapidaria tramite il suo alter ego, rag. Ugo Fantozzi: “La Corazzata Potemkin è una cagata pazzesca”. Frase degna solo di chi non sa né leggere né scrivere…

Siamo nel ’17, sono passati 6 anni dal fatidico ’11. Si è sciolto un nodo. Berlusconi, da reietto, è stato riabilitato addirittura da Scalfari, l’arcinemico, che gli ha attribuito quasi un aspetto messianico nel caos politico odierno. Chi l’avrebbe detto… una nemesi.

In questi mesi di “ricapitolazione” del passato recente Paolo Ruffini ha “fatto” un film, Super Vacanze di Natale, considerato mediocre dai più.

Come mai un quasi-millennial, come lui, per di più brillante, non ha previsto l’insuccesso di quest’ultimo cinepanettone?

Super Vacanze di Natale è certamente un flop come incassi e non racconta nulla di nuovo, è però un successo come progetto culturale. E’ un’eccezionale antologia di un percorso cinematografico che è stato specchio di una società ormai sparita. Se i Vanzina sono gli Omero dell’Italia degli ultimi 40 anni allora Ruffini ne è il Boezio. La summa della filosofia classica di quest’ultimo è stata base del pensiero medievale. Parimenti Super Vacanze è un’antologia chiara, semplice e divertente di un’Italia che è stata e che ha perso una guerra politica e culturale. Guerra che non ha però avuto vincitori.

Il regista di Super Vacanze di Natale ha davvero voluto fare una ricapitolazione del suo vissuto e di un certo ethos?

La questione è comunque irrilevante dal punto di vista culturale. Infatti, anche se oggi al botteghino il film è un flop, in futuro potrebbe diventare quello più visto dei 25 precedenti, come, appunto, il De Consolatione philosophiae di Boezio.

 

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