Gen Z e lavoro, un binomio non proprio fortunatissimo. Che fatica lavorare, e non lo diciamo noi millennial, seduti sulla scrivania a sognare due misere settimane di vacanza in località marittime sovraffollate. No, a lamentarsi sono ancora una volta loro: gli Zers, i membri della Generazione Z.
I giovani impiegati trovano la giornata lavorativa molto più stressante e faticosa rispetto ai loro genitori, accusando di sentirsi “vuoti e senza energia” alla fine dei turni (benvenuti nell’età adulta, ed è solo l’inizio). Ma quanto si lamentano esattamente?
I Gen Z sono una generazione di esauriti
Una ricerca pubblicata sul Daily Mail afferma che il 46% dei lavoratori della Generazione Z – ossia i giovani di età compresa tra i 18 e i 25 anni – si sentono “affaticati” dopo una giornata trascorsa in ufficio, in fabbrica o a lavorare in un negozio di vendita al dettaglio. I ragazzi si lamentano del carico lavorativo, combinato con stress e la tensione di mantenere le aspettative sempre alte, tutti elementi che li lasciano “sfiancati”.
“I risultati mostrano che i giovani sono sottoposti a uno stress schiacciante sul lavoro, con quasi la metà degli intervistata che dichiara di sentirsi affaticato, a causata dalle pressioni e dalle richieste spesso insostenibili”, ha dichiarato al quotidiano Claire Trachet, portavoce della società di consulenza aziendale Trachet.
Lo studio, condotto dal British Polling Council per conto di Trachet, ha anche rilevato che il 28% dei lavoratori Zers non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva trascorso “tempo di qualità” con le proprie famiglie, a causa di tutti gli impegni lavorativi urgenti da sbrigare. Quasi tre quarti dei lavoratori in quella fascia di età ha dichiarato di voler trovare un nuovo lavoro che li lasci meno stanchi, mentre il 65% valuterebbe la possibilità di avviare un’attività in proprio per migliorare l’equilibrio tra lavoro e vita privata.
Il Burnout per i Gen Z è reale
Non si tratta però solo di vane lamentele, i membri della Gen Z hanno un modo di percepire il lavoro molto diverso rispetto alle generazioni più anziane, e non sempre deve essere visto come un aspetto negativo. Anzitutto sono la generazione più istruita della storia, hanno quasi tutti una laurea (spesso anche un master), sono più informati e politicizzati, sono infatti molto consapevoli dei loro diritti
Gli Zers sono cresciuti nel mondo digitale, vengono continuamente bombardati da stimoli, hanno accesso a risorse che sembravano impossibili da immaginare anche solo una ventina di anni fa, per questo motivo compiti ripetitivi impartiti dall’alto senza alcuna spiegazione portano a frustrazione e conseguente stanchezza. I membri della generazione Z sono abituatati a reinventarsi e reinventare, “incatenarli” a una scrivania significherebbe fare un torto alle loro abilità. Non dimentichiamoci che sono passati attraverso una pandemia, durante gli anni cruciali del loro sviluppo la sola cosa che potevano fare era stare a casa. E l’hanno fatto, hanno seguito le regole anche meglio di altri (vedi Boomer).
Quello che gli Zers chiamano “fatica da lavoro” è in realtà solo un altro modo per dire Burnout, un problema serio con cui le nuove generazioni combattono da tempo (sì, anche i millennial), non è forse tempo di iniziare ad ascoltarli e prenderli sul serio?