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Domanda: Internet potrebbe essere meglio di così?

20 Maggio 2022
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All’inizio sembrava davvero una buona idea. Le prime pagine web, apparse ormai nel lontano 1991, erano circondate da un’alone di utopia. All’epoca, Internet veniva visto come un luogo onirico, uno spazio di condivisione dove estendere il sapere all’infinito. Poco meno di 7 anni dopo, Tim Berners-Lee concepiva per la prima volta il World Wide Web, descritto dal pioniere di Internet John Perry Barlow come: “Una dichiarazione per l’indipendenza del cyberspazio“. Un mondo: “senza privilegi o pregiudizi accordati da razza, potere economico, forza militare o condizione di nascita”.

All’inizio sembrava davvero una buona idea, intendiamoci, non che oggi non la sia più. Ma sicuramente le cose non sono andate proprio come previsto. Internet ci ha uniti, o meglio, ci ha fatto realizzare una cosa molto importate: che senza regole, immersi in uno spazio bianco, diamo il peggio di noi. Ci trasformiamo nella nostra versione peggiore. Tutti. Senza distinzioni. Per anni il World Wide Web è stato plasmato dal capitalismo tecnologico Californiano, che ha cullato e cresciuto Internet fino ad oggi. Immaginare un mondo digitale migliore è possibile, la questione resta: come ci arriviamo? 

Soluzione Web3?

Recentemente è stata paventata l’idea che il Web3 potrebbe essere la soluzione per migliorare Internet, e ripulirlo da tutte le schifezze che ci abbiamo buttato negli anni. Per Web3 si intende quella nuova dimensione nata con l’avvento della blockchain: “Gli esperti la stanno sfruttando per creare comunità online libere dai grandi problemi dei nostri giorni”, ha spiegato la giornalista Heloise Hendy in un articolo apparso su The Face, nel quale ha provato a trovare le risposte alla questione: “Internet potrebbe essere meglio di così?”. 

Ma se da una parte c’è una corrente di pensiero che crede che il Web3 sia il degno erede del Web2, e cioè la dimensione online come l’abbiamo conosciuta fino ad oggi (social media, network, e-commerce e sorveglianza), dall’altro c’è chi ancora rimane scettico, e pensa che il cambio di nome sia solo un modo per mascherare i vecchi meccanismi: “Non cancellerà la spinta di mercificazione che ha caratterizzato la rete fino ad oggi“, ha dichiarato James Muldoon, professore di scienze politiche all’Università dell’Exter.

“Liberate Internet”

Scartata l’idea del Web3, cosa resta? Secondo gli esperti, la soluzione migliore per rendere Internet un posto migliore sarebbe quella di “liberarlo”, rendendolo pubblico. “C’è uno slancio sempre maggiore dietro all’idea di deprivatizzare Internet, di trattarlo come un bene pubblico”, scrive Hendy. Nel suo libro (Internet for the People), l’autore Ben Tarnoff sostiene la necessità di cambiare drasticamente la gestione dei media digitali, democratizzando tutto (sì, anche i tubi negli oceani che portano Internet nelle nostre case). Altri attivisti e teorici la pensano in modo simile, uno di questi è James Muldoon, che nel suo testo (Platform Socialism) suggerisce che il controllo vada lasciato a operatori tecnologici e a utenti, strutturati come se fossero una cooperativa

Qualunque sia la soluzione che si deciderà di adottare resta una certezza: la lotta per un Internet democratico resta legata all’idea di mondo migliore. Col tempo abbiamo realizzato che la dimensione reale e quella virtuale non sono poi così separate, e che il nostro benessere dipende dalla qualità di entrambe.

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