1994 – La serie: Stefano Accorsi fa Stefano Accorsi da un’idea di Stefano Accorsi

9 Ottobre 2019
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Ci voleva impegno ma forse ci sono riusciti: hanno distrutto 1994 – La Serie. Per due stagioni la banda di Accorsi aveva conquistato più o meno tutti percorrendo il difficilissimo binario della ricostruzione storica, senza lasciarsi prendere dal piglio revisionista.

Diamo voce ai cattivi, facciamo vedere le origini paesane della Lega, sdebitiamoci con un passato che ancora ci sta addosso e ci racconta cercando di comprenderlo. Con questi criteri gli autori avevano ricostruito il periodo pre Forza Italia e pre Tangentopoli. E c’erano riusciti. Si erano sprecati paroloni e grandi critiche, per aver tentato di compiere quell’operazione stile Ellroy, in cui gli italiani non si erano mai cimentati. Abbiamo il passato politico più torbido d’Europa, perché non ci facciamo un po’ di cinema? Le prime due stagioni sono filate lisce, con tanti ascolti e consensi. Pure Tea Falco ne è uscita alla grande. Merito di un gran lavoro degli autori e di attori finalmente all’altezza della situazione. Il Bosco interpretato da Guido Caprino resta uno dei personaggi più belli degli ultimi anni e forse ancora l’unico motivo per portare a termine la serie. Tolto lui, ormai rimane niente.

 

Ho saputo che alla proiezione per la stampa di questa stagione hanno proiettato il quinto e sesto episodio al posto dei primi due. Il motivo sulla carta sarebbe che per il quinto hanno sfornato una puntata atipica, girata con uno stile diverso, tutta nuova come fanno per le serie tv americane. In realtà dopo aver visto i primi due ho capito perché. Si tratta di una delle cose più noiose e imbarazzanti a cui mi sono sottoposto ultimamente. Un grosso colpo alla mia passione è stato dato da Miriam Leone, che ha monopolizzato tutta la seconda puntata. Tolta dal ruolo semi marginale che aveva, adesso ormai ha blocchi di copione da protagonista. Ottimo per lei, meno per noi. Recitazione debole, sceneggiatura annacquata, lei priva d’espressione. 

Forse il vero problema è la sceneggiatura. Tutto il secondo episodio è imperniato sul gruppo di parlamentari che cerca di far passare una legge sulla violenza sulle donne. Sembra di vedere una puntata di un Posto al Sole, ma girato con le RED. Dialoghi improbabili, risatine, momenti con musiche in sottofondo che sembrano spot televisivi.

E dopo Miriam Leone c’è Laura Chiatti, con la sua monoespressione corrucciata. Miriam Leone mi pare venga da Miss Italia e di Laura Chiatti il mondo ha conosciuto l’esistenza dopo una rima sporca di Fibra. Non è che si diventa attori perché si è belle, bisogna saper recitare.

Non c’è niente di più imbarazzante che vedere un attore che non ti prende. Vederlo recitare e sentire che recita. Carmelo Bene diceva che odiava il cinema per questo, perché non “succede un cazzo”. Sosteneva che col cinema uno osserva un rettangolo bidimensionale proiettato sul muro, su una superficie piatta, sosteneva insomma che il cinema è la noia totale se contrapposto al palcoscenico dove materialmente si crea e respira la scena. Ma siamo pieni di attori cani, mi viene in mente la celebre battuta del regista di Boris.

Chiatti e Leone. Si tratta di due attrici che quando parlano non rendono mai credibili i loro personaggi. Sai quello che diranno ancora prima che lo dicano e quando lo dicono lo fanno peggio di come ti eri immaginato. È terribile, triste da vedere, diciamo che in un certo senso il vuoto che lasciano inghiotte anche gli altri personaggi. Stefano Accorsi ha perso terreno e si ritrova nel cliché di se stesso. È l’ennesima interpretazione di Stefano Accorsi che fa Stefano Accorsi. Sorrisoni, pause, scene di panico e rabbia. Poi riavvolgi il nastro e lo fai ricominciare. Il Notte turbato e amletico del primo anno è sparito.

L’altro boccone d’oro era il personaggio di Silvio, reso del tutto sterile. Nei due anni precedenti Berlusconi era stato introdotto poco a poco, in modo indefinito, quasi solenne. Così come Bossi, Dell’Utri, Di Pietro e i politici veri. Adesso Silvio pare lo stereotipo della sinistra di quegli anni: straparla, dice solo scemenze, è piatto. Pare un uomo privo di talento se non quello di abbindolare la gente. Che è ciò che è stato, ma senza quella radice tragicomica che gli ha dato Sorrentino.

Mentre lo guardavo a un certo punto ho pensato che mi sono fatto anni di serie tv e film americani, spesso in lingua originale ed è come se mi fossi abituato troppo bene. Ma non è vero perché in Italia abbiamo sfornato Gomorra e Suburra, due capolavori che ci fanno fare un figurone in tutto il mondo. Quindi niente, c’è poco da dire. Ce la siamo proprio giocata male.

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