Arte e teatro di strada, giocoleria e ripartenza. Intervista a Riccardo Strano

19 Giugno 2021
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Lo spettacolo più autentico.

L’arte di strada è la magia di una persona che sputa fuoco in mezzo a una piazza, attorno alla quale si radunano bambini e adulti con gli occhi pieni di incanto e la bocca spalancata per lo stupore. L’artista di strada brilla tra i passanti che vanno e vengono, come una lucciola nel buio di un bosco attira l’attenzione di tutti gli altri su di sé. Nella Giornata internazionale della giocoleria abbiamo intervistato il millennial Riccardo Strano per parlare dell’arte di brillare tra i passanti.

 

Ciao Riccardo, raccontaci il tuo lavoro con un aneddoto?

Forse era appena iniziato il nuovo millennio e mi trovato in una piccola città. Appena arrivato all’ingresso del paese la polizia mi ha fermato e non capiva cosa fossero tutte quelle valigie strane nel bagagliaio della mia auto ma soprattutto non capiva cosa ci facessi con un enorme bidone, anche se cercavo di spiegare che era tutto materiale per il mio spettacolo non erano convinti e continuavano a rovistare dentro le mie valigie e tra le miriadi di oggetti che c’erano dentro. Il giorno dopo, in piazza, i poliziotti erano tutti lì con i loro figli a guardare lo spettacolo e rimasero folgorati non tanto dallo spettacolo ma quanto dal fatto che mi avevano conosciuto prima e avevano potuto ‘studiare’ tutto ciò che usavo per lo spettacolo.

 

E quindi, stavolta didascalico, che lavoro fai?

Il lavoro che per farlo ogni volta devi sempre imparare. Sempre qualcosa di nuovo: l’artista.

 

Come si diventa quello che sei professionalmente? Basta la sola passione?

La passione ti dà la costanza e la tenacia per andare sempre avanti, ma devi formarti in scuole specializzate e seguire professionisti che possano darti quello che cerchi. È un lavoro dove devi imparare a fare tante cose. Non bastano le sole acrobazie ma devi saper scrivere un progetto, amministrare te stesso e il tuo lavoro. Devi sempre accettare che non dovrai smettere di imparare qualcosa ed essere in una sorta di formazione permanente.

 

Oggi è la Giornata mondiale della giocoleria, spiegaci il senso?

La ricorrenza è stata creata per ricordare l’anniversario della fondazione dell’International Jugglers Association, l’organizzazione di circo no profit più antica e più grande del mondo. Il senso della giornata, in fondo è uno, avvicinare le persone a questo mondo meraviglioso e promuovere il nostro lavoro.

 

Quanto il lavoro del circense e delle arti di strada è valorizzato in Italia?

Potrebbe essere valorizzato di più perché il patrimonio architettonico dell’Italia è unico in tutto il mondo e l’arte di strada riesce a spettacolarizzare ogni piazza e luogo del nostro Paese ma soprattutto ha la forza di ridarci quella socialità ormai persa. Negli ultimi 20 anni sono stati fatti enormi passi avanti. Il circo contemporaneo e il teatro di strada fanno sempre più parte della nostra cultura e anche se ancora non è pienamente riconosciuta al pari delle altre arti abbiamo intrapreso quella strada, ricevendo sempre più attenzione.

 

Raccontaci della tua carriera? 

Ho studiato teatro, danza classica e contemporanea con personalità di spicco italiane e francesi. Mi sono formato presso la FLIC Scuola di Arti Circensi di Torino. Prima di frequentare la scuola torinese ho approfondito lo studio delle arti sceniche sui libri universitari. Mi sono laureato nella facoltà di Lettere e Filosofia al Dipartimento Spettacolo, all’Università di Catania. E poi diplomato in drammaturgia del circo contemporaneo presso CNAC, Centre National des Arts du Cirque Châlons-en-Champagne, Francia e presso ESAC, Ecole Superieure des Arts du Cirque di Bruxelles, Belgio. Sono stato consigliere della Federazione Nazionale Arte di Strada in rappresentanza degli artisti di strada italiani presso le istituzioni e vicepresidente dell’Associazione Italiana Circo Contemporaneo in rappresentanza degli artisti di circo.

 

E i tuoi spettacoli?

Ho lavorato nei più importanti festival italiani di circo contemporaneo e arte di strada. “Qualcosa di Strano”, un mio spettacolo, è arrivato a 500 repliche. Attualmente sono direttore artistico della compagnia OnArts e di svariati festival e eventi come “Etna Buskers”, “Notte Bianca di Messina”, “OltreNoto” (svolto nella cittadina barocca patrimonio dell’Unesco) e “Muja Buskers Festival”.

 

Siete tra i più penalizzati dalla pandemia. Come hai vissuto e come sei sopravvissuto a questo periodo? C’è stato un qualche sostegno economico statale?

Sì, con mio stupore lo Stato ha sostenuto tutti gli artisti indiscriminatamente dalla loro disciplina e gli aiuti ci sono stati e continuano a esserci. L’ho vissuta bene sia perché mi è nata una figlia in questo periodo di lockdown e chiusure sia perché ho trovato tantissimo tempo per studiare e imparare a fare cose nuove – di qualsiasi tipo – che per creare gli spettacoli sono competenze necessarie.

 

Ora finalmente le cose sembrano poter cambiare. I festival stanno ripartendo? Come vi state organizzando voi busker?

I festival stanno ripartendo con nuove formule di svolgimento. Si stanno dilungando nel tempo più che concentrarsi in pochi giorni. Noi ci stiamo adeguando a tutte le normative sulla sicurezza e siamo più attenti al pubblico che incontreremo perché adesso abbiamo tutti una narrazione comune che ci unisce e per questo cerchiamo di essere più sensibili all’altro.

 

Hai fiducia nel futuro?

Sì, ho molta fiducia perché la pandemia ha fatto notare sempre di più tutte le problematiche connesse al nostro lavoro e sembra che così le cose stanno cambiando. Finalmente si iniziano a risolvere problematiche irrisolte da oltre 15 anni.

 

Per esempio?

Per esempio, la necessità che a livello normativo ci sia un adeguamento maggiore alle tempistiche e dinamiche del nostro lavoro. Il sistema pensionistico, la saltuarietà, la dinamicità e la diversità per tempi e modi della nostra occupazione. Adesso vengono più ascoltati e soprattutto capiti.

 

Quanto consiglieresti ai giovani giocolieri di continuare su questa strada e quanto no?

Lo consiglierei nella misura in cui si ha la consapevolezza che bisogna per forza guardare all’Europa come mercato di lavoro. Ed essere ben coscienti che la competizione è sempre più globale e quindi spietata e inarrestabile. Oggi bisogna avere tanta forza di volontà e rimanere sempre aggiornati sulle evoluzioni artistiche e culturali.

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