Wham! Fu vera gloria
È disponibile su Netflix il documentario dedicato agli Wham!, il duo inglese che in cinque anni seppe mettersi con pieno merito al centro della scena musicale mondiale
Due idioti?
“How can the country be in love with these two idiots?” questa la domanda che molti critici musicali si fecero quando George Michael e Andrew Ridgeley diedero vita al duo Wham! e inanellarono nel giro di cinque anni una hit mondiale dietro l’altra. È tipico di molti addetti ai lavori – in particolare in ambito musicale – non capire quello che succede anche dopo che sia accaduto, tutti o quasi in modalità embedded, in grado quasi unicamente di fare il copia-e-incolla dei comunicati stampa e seguire le precise direttive delle case discografiche, altrimenti si entra nelle liste di proscrizione e addio accrediti ai concerti, press trip e tanti altri benefit. In Italia più che altrove, con e per artisti nel 99% conosciuti giusto fino ai confini nazionali, ma non divaghiamo, così fan (quasi) tutti. Era in effetti più difficile negli anni ottanta capire che gli Wham! avrebbero davvero rappresentato un cambio radicale nell’ambito del pop britannico, in un contesto sociale dove si usciva dagli anni settanta brutti, sporchi e cattivi e quindi sarebbero serviti leggerezza, spensieratezza, voglia di ballare e divertirsi, senza troppi retropensieri. E gli Wham! furono i migliori interpreti ed ambasciatori di questo nuovo trend.
Una hit dietro l’altra
Il documentario disponibile su Netflix ricorda e racconta tutto questo senza fronzoli, lasciando spazio quasi completamente al materiale originale dell’epoca: la storia di due ragazzi e due amici per la pelle, che nella vita volevano soltanto fare musica, senza magari nemmeno sognare di inanellare una hit dietro l’altra: “Club Tropicana”, “Wake Me Up Before You Go Go”, “Freedom”, “I’m Your Man” e naturalmente “Last Christmas”: successi planetari che poi li portano a suonare in tutto il mondo, quasi antesignani nell’esibirsi in Cina prima di chiunque altro. Si era appunto negli anni ottanta, i carri armati in Piazza Tienanmen e la caduta del Muro di Berlino erano ancora lontani, suonare in Cina per un gruppo proveniente dall’universo imperialista era qualcosa di abbastanza impossibile. Il documentario di Netflix non omette niente, in particolare in merito all’omosessualità di George Michael ed i suoi turbamenti da star perennemente insicura ed insoddisfatta: niente di inedito e niente di nuovo. Gli artisti sono anime sensibili, se ricevono 100mila commenti sui social si soffermeranno su quelli negativi anche se in netta minoranza.
Da Band Aid a Wembley
Due sono i momenti del documentario di Netlix sui quali vale la pena soffermarsi: il primo quando gli Wham! si unirono a tutta una serie di artisti fenomenali per l’operazione Band Baid, progetto creato per raccogliere fondi per combattere la piaga della fame in Etiopia con il disco “Do they Know It’s Christmas” del 1984 ed il concerto a Wembley del 1985. Un all star team assolutamente pazzesco, quello allestito dai fondatori Bob Geldof e Midge Ure: insieme agli Wham! parteciparono tra gli altri Bono Vox, Boy George, David Bowie, Paul Weller e Sting. Altro momento clou del documentario? Sempre a Wembley nel 1986, quando si svolse il concerto d’addio degli Wham! con George Michael ormai avviato ad una carriera da solita che lo avrebbe portato a vendere più di 150 milioni di dischi ma non a sconfiggere i suoi demoni interiori, che lo avrebbero condotto alla morte nel 2016, morte prematura come è avvenuta per tantissimi fuoriclasse della musica.
Non sta a noi giudicare nessuno, tantomeno la qualità musicale di allora rispetto a quella attuale. Sempre ragionando su scala mondiale, sia chiaro, non avrebbe senso riferirsi ad una provincia sempre più ai confini dell’impero come quella italiana. Anche perché resta sempre il dubbio che la nostalgia non sia per le canzoni di quaranta, trenta, venti, dieci anni addietro: più facile si rimpianga il fatto che allora avessimo quaranta, trenta, venti, dieci anni di meno. Nel caso degli Wham!, si comunque fu vera gloria.